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SGRO’ FEAT. FANFARA STATION – “NON SIAMO AL CENTRO DEL MONDO”

SGRO’ FEAT. FANFARA STATION – “NON SIAMO AL CENTRO DEL MONDO”

Parliamo di Sgrò, cantautore talentuoso dalla voce profondamente espressiva. E’ fresco di uscita (venerdì 15 luglio scorso) il singolo “Non Siamo al Centro del Mondo” feat. Fanfara Station. Questo bellissimo singolo di mescolanza dal tratteggio di condivisione ed emozione, è in collaborazione con il trio cosmopolita Fanfara Station che fonde fiati ed elettronica ai ritmi e canti del Maghreb. Due mondi, due stili, due linguaggi che si uniscono in questo brano. Una canzone che parla di quotidianità, di Occidente, di linguaggi, di unioni, condivisioni, divisioni, del nostro vivere.
“Macedonia” è stato il suo album di debutto, recentissimo, un disco concentrato sulle emozioni più profonde ed intime, che ha toccato tematiche delicate ed importanti.

L’intimità, il segreto più importante e prezioso del cantautore:

Non Siamo al Centro del Mondo” come ci racconta lo stesso cantautore – “è un invito a condividere ma non appartiene soltanto alla nostra epoca, è sempre il contesto storico della paura della contaminazione con l’altro o col diverso. Non è solo di quest’epoca” – e ancora – “E’ un invito ad allontanarsi dalla comodità della propria quotidianità”. Il brano esorta infatti alla scoperta e alla mescolanza con la fusione di due mondi e due linguaggi molto diversi tra loro, quello più cantautorale di Sgrò (il cantautorato colto ed impegnato, tra i ’70 e gli ’80) e quello etnico internazionale, un linguaggio che unisce Africa ed Europa dei Fanfara Station. Il trio infatti fonde la forza di un’orchestra di fiati, l’elettronica e i ritmi e i canti del Maghreb, celebrando ed omaggiando l’epopea delle culture musicali e dei flussi che da sempre uniscono il medio oriente al Maghreb, all’Europa e alle Americhe. Un tratteggio prezioso, una mescolanza di generi, stili e sapori unici. Sperimentazioni in grado davvero di sorprendere.

“Niente è più valido, importante e fertile della difficoltà”:

Nell’intervista che ci ha rilasciato, traspare tutto l’amore e la passione per la musica, il suo mestiere “Tutto il mio mondo ruota intorno alle canzoni, fin dall’adolescenza”.  Un amore che traspare dalla voglia di imparare, di fare esperienza massima attraverso la musica, imparando maggiormente ad ascoltarsi nella pratica preziosa dell’ascolto e del silenzio, raccogliendo tutte le emozioni che l’artista prova, trasformandole in canzoni. Uscire insomma, dalla zona confort e dalle “posture” abituali.

Francesco Sgrò, in arte soltanto Sgrò, è un lucchese trapiantato a Bologna. Lucca, meravigliosa con la sua Torre Guinici e la Piazza dell’Anfiteatro, cuore della città e Bologna (per gli antichi romani “Bononia”, la città ricca e placida), la città di Lucio Dalla e di tanta arte, musica, la città bella e dotta. L’artista è un cantautore intimo, profondo, dotato di grande sensibilità con un linguaggio personale ed un tratteggio importante emozionale, con uno sguardo evocativo sulla quotidianità, un concentrato di emozioni e comprensione profonda, ed allora servono colori, sfumature, suoni ed appunto musica.
Poesia, quando l’emozione ha trovato il suo pensiero, il pensiero di Sgrò.
Lo abbiamo raggiunto e intervistato per Tuttorock:

Parliamo del nuovo singolo “Non Siamo al Centro del Mondo”: come nasce, qual è l’idea narrativa?
La canzone nasce dalla situazione emotiva che viene descritta in tutta la prima strofa: insonnia, impossibilità a esprimere il proprio desiderio, tendenza ad aggrapparsi a mille scuse pur di non cambiare il proprio stato di cose. Ed è in quella stanza grigia, apatica, solitaria che irrompe il ritornello, cioè l’idea narrativa della canzone, ed entra con tutta la forza di un coro di persone che al grido di “Non siamo al centro del mondo” spinge il soggetto a strapparsi dal calcolo sicuro e comodo della propria quotidianità.

Un feat con Fanfara Station, due stili, due linguaggi che si uniscono. La mescolanza è sempre importante e preziosa. Come è nata la collaborazione?
La collaborazione nasce da un’intuizione di Andrea Ciacchini, produttore artistico di “Macedonia”, il mio album d’esordio. Ad Andrea avevo inviato il file audio chitarra e voce della canzone per avere un parere. Qualche giorno dopo mi ha risposto che sarebbe stato curioso coinvolgere i Fanfara Station. Quindi, realizzare anche a livello musicale e di arrangiamento quello che la canzone esprimeva a livello di testo.

Il brano esorta proprio alla contaminazione, alla fusione, alla mescolanza. Assume un significato più profondo, in questo contesto storico?

Diciamo che è sempre il contesto storico della paura della contaminazione con l’altro o col diverso. Non è solo di quest’epoca. Sicuramente questa paura, a volte così necessaria, mi viene da dire anche così primitiva, ha trovato nell’esperienza della pandemia un grossissimo alleato: il distanziamento ha evitato il rischio della contaminazione e dell’invasione dei propri confini. Tuttavia senza la prossimità con l’altro e il diverso la vita perde senso, no? E sappiamo bene, per esperienza, che questa prossimità a volte ci fa vacillare, ci fa diffidare di noi, ma tutto questo è positivo. Decentrarsi è fondamentale. È bellissimo che ogni contatto dell’altro ci sposti, che ogni corpo del mondo con cui interagiamo ci attivi dentro una qualche spinta centrifuga.

Si ha la sensazione che oggi l’Occidente sia a pezzi e stia perdendo colpi a livello politico, sociale, umanitario. Una tua riflessione su questo. E’ una sorta di illusionismo analgesico, l’Occidente? Abbiamo l’ora, come diceva Gandhi, ma non abbiamo mai “il tempo”.
Premessa necessaria è che anche io sono in tutto e per tutto l’Occidente. Ad ogni modo, quando ho scritto “Non Siamo al Centro del Mondo” pensavo a questo grandissimo produttore di immaginario, e perciò di consumi, che è appunto l’Occidente. Un Occidente che noiosamente ci parla addosso e si vende ancora come avanguardia di democrazia, punto di arrivo economico e culturale dell’umanità. In mezzo a tutte queste crisi e catastrofi incombenti è insopportabile sentire ancora i suoi discorsi belli, tondi e ragionevoli. Mi viene in mente quella canzone dei CSI che si intitola “Occidente” e che sul finale dice «Luogo da cui non giunge suono, luogo perduto ormai, ahi ahi ahi ahi».

Qual è la tua esigenza narrativa e che cosa rappresenta la narrazione per te?
Non ho altro dio al di fuori della forma canzone. Senza di lei non saprei mettermi in ascolto né di me né del mondo. Dico davvero.

Progetti prossimi? La musica è ripartita, una delle categorie più colpite dall’emergenza sanitaria
Suonare il più possibile. Imparare a vivermi il palco come fosse casa mia. Vorrei riuscire mentre canto ad accendermi, ed essere una specie di tedoforo, un portatore di luce.

Qual è il cuore del tuo progetto artistico, cosa vuoi far arrivare a chi ti ascolta, quale emozione, linguaggio, quale messaggio vuoi che arrivi a chi ascolta?
Ci pensavo ieri, spero di lasciare scie di desiderio in chi mi ascolta. E poi spero che arrivi l’enorme rispetto che ho per le parole e per la musica.

Ringraziamo Roberto Carretta – Parole & Dintorni 
PH: Vanessa Pinzoi

Alessandra Paparelli