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RHAPSODY OF FIRE – Alex Staropoli parla del nuovo album e di molto altro

RHAPSODY OF FIRE – Alex Staropoli parla del nuovo album e di molto altro

In occasione dell’uscita del nuovo album dei Rhapsody Of Fire, “Glory For Salvation”, ho avuto il piacere di intervistare lo storico fondatore, tastierista e compositore della band, Alex Staropoli.

Ciao Alex, bentornato su Tuttorock, iniziamo subito a parlare di questo vostro nuovo album dei tuoi Rhapsody Of Fire, “Glory for Salvation”, l’ho apprezzato moltissimo, mi sembra un po’ più complesso rispetto a quelli del passato. La pandemia ha influito sulla composizione dei brani? 

Ciao Marco, grazie! Mah, non saprei dirti, alle volte penso siano addirittura troppo semplici rispetto alle cose che abbiamo fatto in passato. Però, secondo me, il nuovo album è una giusta via di mezzo all’interno di ciò che più mi appartiene, non vado in cerca di cose prog o robe troppo tecniche, preferisco stare su cose per così dire, tra virgolette, più commerciali. In genere, dal primo giorno in cui inizio a scrivere qualcosa, fino alla data di rilascio dell’album, passano due anni, è successo lo stesso anche per questo disco. Bisogna anche prendersi il giusto tempo per comporre, avere una visione migliore, un percorso non frenetico ma giusto. Per alcuni mesi c’è stato un lockdown anche qua a Londra, dove vivo da alcuni anni, e non si poteva uscire, anche se si potevano fare delle attività, tipo andare a correre. Questo tempo è stato utilizzato più che altro per lavorare per cui, dal punto di vista lavorativo, è stato un periodo molto positivo.

Riguardo alla scrittura dei pezzi, si tratta del secondo album in cui ti prendi sulle tue spalle tutta la composizione, ho letto nel vostro comunicato stampa che solitamente parti dalle chitarre, poi come procedi?

Dipende dalla tipologia del brano, ad esempio la ballad, il brano celtico, o il primo brano dell’album sono tracce che ho scritto da solo. Non essendo io un chitarrista ho bisogno della presenza di un chitarrista valido come Roby De Micheli, mi piace partire da idee relative a riff di chitarre che sono comunque lo strumento portante per un disco metal. Assieme a Roby ci sediamo subito dopo che lui mi ha mandato una cartella con vari file contenenti varie idee, si fa una selezione e, molto spesso, i riff che mi manda mi stimolano. Posso quindi dirti che il percorso inizia selezionando quelli che possono essere dei riff interessanti.

Che riscontri stai avendo dai primi tre singoli?

Mi hanno scritto belle cose, i brani sono freschi, il mix fatto da Sebastian “Seeb” Levermann aiuta in un modo incredibile. Puoi anche comporre brani bellissimi ma, se il mix non è adeguato, la musica non si esprime al 100%. Con Seeb alle spalle e con tutto il lavoro che come band abbiamo fatto è soddisfacente sentire commenti positivi. Sono anche molto curioso di sentire le reazioni per il nuovo singolo “Terial The Hawk” in cui ho voluto usare strumenti specifici, cornamusa, flauti, arpa celtica. Ho avuto la fortuna di trovare, vicino a casa di Giacomo, dove ci trovavamo per registrare le voci, un suo conoscente che suona la cornamusa. È arrivato, mi ha fatto sentire qualcosa, lui è veramente un ragazzo incredibile. È un brano in cui mi sono divertito tanto e il risultato per me è ottimo.

Chi ha curato i video?

Il primo video è un bellissimo 3D fatto dal mio amico Paul Thureau, con cui lavoriamo insieme da parecchio, ha fatto anche varie grafiche per il book. Ho voluto investire in un video 3D, non ero sicurissimo ma, quando ho visto le prime immagini mi sono ricreduto. Ha rappresentato davvero quello che il brano vuole comunicare. Per gli altri brani abbiamo preferito avere audio video in cui la musica è in rilievo, sono stati curati da un altro amico, Alexandre Charleux. È davvero un bel team. Il weekend scorso abbiamo registrato un video in carne e ossa al quale ne seguirà un altro.

In questa nuova formazione in cui non c’è più Manu Lotter ed è arrivato al suo posto il tuo concittadino Paolo Marchesich possiamo dire che i Rhapsody sono diventati una band totalmente italiana.

Infatti mi sembra ancora totalmente irreale scrivere in italiano sulla chat di gruppo (ride -ndr). Per rispetto di Giacomo non parliamo in dialetto, anche se ormai lui capisce il dialetto triestino. Paolo era uno dei candidati per essere il nuovo batterista già all’epoca, poi, per fattori misteriosi ho scelto Manu Lotter anche se ce n’erano davvero tanti bravi. Manu è un bravissimo batterista ma, a livello personale, non una facilissima persona con cui lavorare, mi è dispiaciuto averlo perso perché avevo puntato molto su di lui. Adesso sono contento con Paolo non solo perché siamo 4 membri di Trieste ma lui, Roby e Alessandro suonavano già insieme in un’altra band quindi a livello ritmico e personale si conoscono e questo crea una grande unità. Alle volte non è facile connettersi con chi vive in un’altra città o addirittura in un altro Paese, adesso sono io che vivo fuori dall’Italia ma sono ben connesso e, quando devo, prendo un volo diretto e scendo.

L’ultima volta che vi ho visti dal vivo, rispetto agli ultimi concerti nella vecchia formazione, ho notato più sintonia e più divertimento sul palco.

Sì, purtroppo è così. Nella vecchia formazione io e Luca Turilli volevamo continuare per l’amore della musica e per il filone e per la saga che avevamo creato, per cui soprassedevamo su varie cose, è durato fin che è durato e, dai primi anni 90 fino al 2011, abbiamo fatto il nostro, poi abbiamo preso due sentieri diversi che si inerpicano per due montagne differenti. In una band hai degli attriti, delle situazioni che, nonostante tutti si impegnino, vanno a rompere l’alchimia. Con questa nuova formazione ci siamo divertiti davvero tanto fin dal primo concerto che abbiamo fatto con Giacomo al Castello di San Giusto a Trieste.

Parlami un po’ di Giacomo, io la prima volta che l’ho visto in tv a The Voice sono rimasto a bocca  aperta, tu quando l’hai notato per la prima volta?

Esattamente come te, ero seduto sul divano, stavo facendo zapping e l’ho visto cantare, ho capito subito che era bravissimo, l’ho cercato subito su Facebook, gli ho scritto perché volevo conoscerlo, in quel momento stavamo per registrare “Into the Legend”, gli ho chiesto se avesse voluto partecipare ai cori e la possibilità di trovare dei coristi bravi, avevo veramente bisogno di qualcuno che mi trovasse dei cantanti. A parte la batteria abbiamo registrato tutto a Trieste e, in quella città, di cantanti veramente bravi non ne conoscevo, a parte uno o due. Ho chiesto quindi a lui, mi ha portato tanti ragazzi coi quali stiamo ancora lavorando e hanno tutti voci differenti, si è creato quindi questo bellissimo coro. Poi, quando Fabio Lione ha deciso di andarsene, non ho esitato, avendo conosciuto le capacità di Giacomo, a farlo diventare il nuovo cantante dei Rhapsody Of Fire. Lo ammiro davvero molto, è molto elastico, memorizza bene, poi fa un grandissimo lavoro, le linee melodiche le scrivo io e lui ci mette sopra i testi in inglese, sono meravigliato dei risultati. Mi ha mandato un demo poi, quando siamo andati a registrare siamo andati via lisci.

Avresti mai pensato, dopo quasi 30 anni, di essere ancora qui a parlare dei Rhapsody Of Fire e a sfornare dischi che vi fanno andare in giro per il mondo?

Non mi sono mai posto il problema. Il tempo, poi, passa così velocemente che non te ne rendi conto del trascorrere degli anni. Tra il 1993 e il 1995 abbiamo fatto il primo demo in cassetta, lavoravamo su delle idee ed eravamo super convinti del valore di quello che stavamo facendo, infatti il nostro lavoro è stato poi apprezzato. Dentro di noi sapevamo che stavamo facendo qualcosa che potesse poi avere un bel riscontro, il bello è che, essere qui oggi, poter parlare e creare musica che piace a noi e ai nostri fan è veramente un grande regalo.

Hai dichiarato di essere migliorato molto come compositore da quando la produzione è totalmente tua. Non ti è mai venuta l’idea di proporti per qualche colonna sonora cinematografica?

L’idea c’è anche se la competizione è alta in quel mondo. Ho avuto l’opportunità di fare una colonna sonora per un mio amico regista, Neil Johnson, che fa molti film del genere sci-fi. Ho fatto esperienza prendendo un paio di premi dalla critica, mi sono divertito molto. Fare musica per film è molto figo, associo già la musica alle immagini per i Rhapsody Of Fire ma nel cinema è una cosa totalmente diversa, vedi le immagini e devi scrivere musica, sono andato via liscio e mi sembrava la cosa più naturale del mondo. Quello che avevo dichiarato precedentemente è che, sicuramente, ho acquisito una consapevolezza maggiore su ciò che voglio con gli ultimi album, quelli senza Luca Turilli. Tutto il processo diventa più bello, più energetico e più fluido perché la produzione è totalmente sulle mie spalle anche se ho ovviamente i ragazzi della band che mi aiutano molto.

Oggi che musica ascolti?

Ascolto poco metal, dipende anche dal periodo, negli ultimi due anni non ho ascoltato praticamente nulla, solo i brani che componevo. Una volta avevo l’auto, avevo un bell’impianto e ascoltavo molta più musica, da quando mi sono spostato a Londra non guido più e gli ascolti sono calati. Mi piacciono molto gli Alter Bridge però tendo molto ad ascoltare cose più vecchie, anche cose completamente differenti tra loro, musica classica, colonne sonore, i primi Van Halen, gli Iron Maiden. Soprattutto i Maiden mi hanno particolarmente colpito quando abbiamo aperto per loro a Trieste, sono veramente incredibili.

A proposito di concerti parlami un po’ del vostro tour.

Il tour che abbiamo annunciato prevede 30 date, faremo le prove nei primi giorni di gennaio poi saremo pronti e apriremo con una settimana in Spagna e una settimana in Francia, suoneremo quasi ogni giorno. Stiamo lavorando per ottenere un po’ più di visibilità ai festival estivi, speriamo che tutto possa andare nel verso giusto.

Ai vostri concerti vedete anche nuovi fan?

C’è una fetta di fan nuovi ed è davvero eccitante vedere che riusciamo ad ottenere nuovi consensi. Dipende sempre dal Paese, in certi posti vengono a vederci al 90% solo i vecchi fan. Ciò che noto è che siamo ben accolti, un esempio è che abbiamo suonato tutto l’album “The Eight Mountain” nell’ultimo tour, è stata una cosa rischiosa ma i fan già cantavano i nuovi brani e la cosa ci ha sorpreso molto.

Farete lo stesso anche con il nuovo album?

Probabilmente sì, magari non da subito.

Grazie mille per il tuo tempo, vuoi aggiungere qualcosa per chiudere l’intervista?

Voglio sottolineare il fatto che siamo contenti del nuovo disco, siamo pronti a tornare in tour e non vediamo l’ora di tornare a viaggiare attraverso l’Europa. Il tour finirà con due date in Italia, il 19 febbraio a San Donà di Piave e il 20 febbraio a Milano, speriamo di vederci!

MARCO PRITONI

Band:
Alex Staropoli – tastiere
Giacomo Voli – voce
Roby De Micheli – chitarre
Paolo Marchesich – batteria
Alessandro Sala – basso

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