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NOTHING BUT THIEVES – Conferenza stampa sul nuovo disco “Moral Panic”

NOTHING BUT THIEVES – Conferenza stampa sul nuovo disco “Moral Panic”

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In occasione della presentazione del nuovo album “Moral Panic”, che esce oggi, venerdì 23 ottobre, ho avuto il piacere di partecipare e fare alcune domande, insieme ad altri colleghi e grazie alla consueta gentilissima disponibilità di Parole & Dintorni, alla videoconferenza stampa dei Nothing But Thieves, in particolare erano presenti il cantante Conor Mason, il chitarrista Joe Langridge-Brown e il bassista Philip Blake.  La band inglese, con oltre 780 mila copie di album vendute, più di 950 milioni di stream e più di 165 milioni di streaming video ad oggi, ha conquistato un pubblico fedele e ampio grazie ad un sound alternative rock di grande impatto, consolidandosi come una delle attuali migliori rock band al mondo.  Hanno venduto 150 mila biglietti durante l’ultimo tour, il loro più grande nel Regno Unito fino ad oggi, che ha anche registrato il sold out per lo show all’Alexandra Palace di Londra. Inoltre, tutte le date del tour mondiale Broken Machine sono andate sold out.

Joe: Buona parte del disco è stata scritta prima della pandemia, è un disco che suona attuale perchè avevamo già visto certe cose che nel corso del tempo sono peggiorate e questo è il risultato. L’album precedente l’avevamo scritto on the road e questa per noi è stata la prima volta che abbiamo passato del tempo a casa, questo è il motivo per cui esso parla meno di noi ma di più di quello che ci circonda.

Ci spiegate il perché del titolo “Moral Panic” e di cosa rappresenta la copertina dell’album?

Joe: È un disco che parla soprattutto delle persone, è più apertamente politico dei precedenti. Abbiamo voluto dar voce alle tensioni e ai dolori che vivono e provano le persone in questa società dove ci sono diversi problemi. Per quanto riguarda la copertina, il lavoro è stato fatto sempre da Steve Stacey, che ha curato anche le copertine precedenti. Gli abbiamo dato carta bianca dicendogli di espandere la palette di colori, infatti volevamo usare colori più sgargianti. Secondo noi la copertina rispecchia molto bene le emozioni che provano le persone, guardando l’immagine non si capisce se le due figure siano amiche, si stiano abbracciando o si stiano facendo del male.

C’è un brano in particolare che preferite?

Conor: Il nostro brano preferito è “Can You Afford To Be An Individual?”, quando scrivi un pezzo vuoi scrivere una bella canzone, con quel brano siamo riusciti a dar vita ad un bel brano con la semplicità di due refrain, a livello emotivo è molto coinvolgente, è forse la prima idea che abbiamo avuto per l’album ma è l’ultima canzone che abbiamo finito. Riassume tutto ciò che mi piace del rock, è molto interessante il testo e mi piace molto il suo crescendo, mi sembra quasi una canzone scritta da altri.

Che rapporto avete con l’Italia?

Philip: L’Italia è un paese in cui veniamo spesso, ci siamo esibiti fin dagli esordi lì, infatti abbiamo aperto il live dei Muse a Roma nel 2015 ed è stato un ottimo punto di partenza. È un paese di cui apprezziamo molto cibi e vini, ci fa sempre piacere tornare da voi e infatti anche oggi siamo qui presenti, anche se virtualmente. Quel concerto fu molto bello, è stato uno degli show più incredibili mai vissuti, vedevamo persone che sentivano la musica, le reazioni molto intense nei volti di chi ci ascoltava e, osservando tutto questo dal palco, ci siamo innamorati del pubblico italiano.

Il vostro modo di fare musica è cambiato nel corso degli anni? È cambiato il vostro approccio alla scrittura dei pezzi?

Philip: Abbiamo già due album alle spalle, di volta in volta ci siamo spinti oltre i confini dei generi musicali e adesso abbiamo più esperienza, la quale ci consente di sperimentare non soltanto a livello di scrittura ma anche di registrazione. Cerchiamo di non pensare troppo alle cose e non abbiamo paura di osare e sperimentare. Il disco precedente era un disco nato più come reazione al primo album, questo è un lavoro che, forte dell’esperienza che abbiamo alle spalle, rappresenta un nuovo capitolo per noi.

A proposito dei live in streaming che farete, che cosa state preparando e come li affronterete considerato che siete una band la cui essenza è fondamentalmente live, cosa ne pensate dei social e della tecnologia che nei mesi di lockdown ha sostituito la vicinanza sociale, è stata più utile o dannosa?

Joe: Per quanto riguarda gli show in streaming, sarà strano non suonare davanti ad un pubblico ma siamo comunque molto entusiasti di fare questi concerti per le persone, anche perché saranno composti da tre scalette diverse con canzoni vecchie, canzoni rimaneggiate, abbiamo voglia di novità, abbiamo parecchio materiale e vogliamo che i fan siano felici di sentire i nostri brani. Questa è anche la scusa per vedere la band in un modo completamente diverso. Per quanto riguarda i social media, sono stati d’aiuto alle persone per non sentirsi sole ma ci sono pro e contro, secondo me andrebbero regolamentati, le televisioni e le radio sono regolamentate, il trattamento dei dati pure, i social non lo sono e possono creare dei problemi.

Ho notato una ricerca dei suoni moderna, è una mossa solo artistica o è stata fatta anche per raggiungere un target di pubblico più ampio?

Conor: Dominic, che non è con noi oggi, è molto attento alle novità a livello sonoro, è un produttore molto prolifico non soltanto a livello di rock, ha le antenne sempre pronte ed è grazie a lui che i nostri suoni sono sempre freschi, ci siamo voluti spingere oltre i limiti del rock, ci piacciono molto i tormenti e le urla del rock anni 70 ma noi viviamo in un’epoca in cui c’è la cultura della playlist, nel nostro caso si può quindi parlare della fluidità a livello di generi musicali, è una cosa che ha a che fare con la nostra musica.

Joe: Se guardiamo il nostro pubblico notiamo che la differenza a livello di fascia d’età e di cultura è molto ampia, è una cosa che mi piace molto, vuol dire che suoniamo freschi, attuali, non siamo partiti con l’intenzione di conquistare un determinato pubblico ma, se questo è il risultato, significa che la nostra proposta musicale è particolarmente ampia e variegata.

Tre anni fa vi siete esibiti agli I-Days a Milano, sognate di diventare headliner un giorno?

Joe: Sì, sicuramente sarebbe bellissimo, siamo stati headliner ad un paio di festival, secondo me, se cominci a capire come funziona la cosa, diventare headliner ad un particolare festival diventa ancora più speciale. Ci sono artisti che lo diventano prima di essere pronti, questa cosa non va bene, per noi, crescere e diventare headliner a certi festival sarebbe fantastico.

Quali sono i vostri punti di forza che hanno contribuito alla realizzazione di questo album?

Joe: Il nostro cantante bravissimo (ride – ndr).

Conor: In realtà noi siamo cinque individui con cinque personalità diverse che confluiscono nella nostra musica. È come un melting pot che riunisce tutte le varie influenze e le varie emozioni. Se, in un gruppo, c’è una persona che fa tutto, poi la cosa può anche diventare noiosa da ascoltare. Ci ascoltiamo, prestiamo attenzione agli input di ognuno di noi e ogni canzone che realizziamo è un pezzo unico.

C’è un brano in particolare che ha un antefatto interessante?

Joe: Dipende dai punti di vista, per noi è stata interessante “Impossible”, mentre scrivevamo questo brano a un certo punto non ne venivamo fuori e pensavamo di scartarla, eravamo chiusi in una stanza e non riuscivamo ad andare avanti, quando continui ad ascoltare i tuoi pezzi poi ti serve un po’ di spazio e distanza, allora Dominic ha preso la canzone, ha cambiato accordi, è tornato da noi il giorno dopo e l’abbiamo percepita in modo diverso. Il disco è molto intenso dal punto di vista dei testi, molto cupo, ed è molto importante che ci sia una boccata d’aria fresca come “Impossible” sia per noi che per chi l’ascolta. Se quella canzone non fosse stata inserita nel disco, risulterebbe inascoltabile.

Con chi avete collaborato e in che modo?

Joe: Anche per questo album abbiamo collaborato con il nostro produttore Mike Crossey, che aveva prodotto il nostro album precedente.

Conor: Il precedente album era stato un po’ una reazione al precedente, Mike ha alzato un po’ l’asticella con noi, è un produttore molto eclettico, ha rifinito “Broken Machine”, ha fatto un lavoro strepitoso e abbiamo pensato a lui anche per “Moral Panic”. Lui ha un ottimo sistema di filtraggio, noi arriviamo con le demo, poi c’è lui che ha la capacità di trovare la giusta misura e riesce a fare in modo che i pezzi funzionino.

C’è qualcuno cui vorreste dedicare l’album?

Joe: È un disco che parla delle persone in generale, trovarne una in particolare è difficile.

I primi due brani del disco parlano del fatto di perdere il controllo, voi come state vivendo questo momento particolare?

Philip: Non voglio mentire, è dura, ci teniamo impegnati con attività promozionali ma mi manca suonare per le persone dal vivo.

Joe: Molti hanno utilizzato questo periodo per staccare e scoprire sé stessi, io sono arrivato oltre, ho già dato e non ne posso più.

Conor: Per i primi sei mesi, rallentare il ritmo può essere anche stato bello, però ora sarei pronto per andare in tour.

Come nascono solitamente i vostri brani, da un riff o da un testo?

Conor: In realtà non abbiamo un sistema predefinito per scrivere i pezzi, possiamo partire dal testo, dalla melodia, da un riff, non ci mettiamo pressione addosso per ottenere un particolare risultato, partiamo dalla sperimentazione e non sappiamo dove essa ci porterà, questo ci aiuta a mantenere alto l’interesse per ciò che facciamo.

Joe: Un filo conduttore che molti brani hanno come germe iniziale è proprio la sperimentazione, del tipo: “Che succede se mettiamo un discorso al centro della canzone?”, “Che succede se velocizziamo il brano?”, questo rende il tutto più interessante.

Nothing But Thieves: Ciao a tutti, torneremo appena sarà possibile!

MARCO PRITONI

Band:

Voce, chitarre: Conor Mason

Chitarre: Joe Langridge-Brown

Chitarre, tastiera: Dominic Craik

Basso: Philip Blake

Batteria: James Price

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