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GIUSY FERRERI – IL GUSTO RETRO’ DI “MIELE”, AL FESTIVAL

GIUSY FERRERI – IL GUSTO RETRO’ DI “MIELE”, AL FESTIVAL

Un brano diverso dai brani a cui Giusy Ferreri ci ha abituati negli anni, un Festival in cui vince l’amore nostalgico e il gusto retrò, quasi davvero volessimo andare indietro nel tempo.
Era solo il 2008 quando Giusy Ferreri si classificava seconda alla prima edizione del talent X-Factor, con quella sua voce molto particolare, forte e “mascolina”, intensa, una voce originale e nuova che poi ha dato il via a una bella carriera, consolidata.
Tornata al Festival di Sanremo dopo cinque anni, quasi un nuovo debutto, nella prima serata di Sanremo,  martedì 1 febbraio, ha cantato “Miele”, singolo concepito con l’idea di “un’enoteca francese” dal gusto retrò, per un amore senza tempo, un amore nostalgico.
Una canzone molto diversa dai brani a cui la Ferreri ci ha abituati negli anni,  per esempio con le hit estive: più intimo, raffinato e appunto dal gusto “retrò”. L’artista ha utilizzato, in due momenti dell’esibizione, un megafono vintage per trasformare la sua voce, trasportando il pubblico indietro nel tempo, in un’atmosfera accattivante. Un brano non “ruffiano”, come lei stessa ha riferito in conferenza stampa, alla quale come sempre era presente anche Tuttorock.

La Ferreri è una veterana del palco dell’Ariston, ha partecipato a quattro edizioni del Festival di Sanremo, nel 2011, 2014, 2017 e 2022 rispettivamente con “Il mare immenso”, “Ti porto a cena con me”, “Fa talmente male” e quest’annno con “Miele”, quasi un nuovo debutto.  Inoltre la sua carriera si impreziosisce di ben cinque  Summer Festival, nel 2014 con “Inciso sulla pelle”, nel 2015 con “Roma-Bangkok”, nel 2016 con “Volevo te” e con la cover di Rino Gaetano, “Ma il cielo è sempre più blu”, nel 2017 con “Partiti adesso” e nel 2018, vincendo insieme a Takagi & Ketra con “Amore e capoeira”, un curriculum di tutto rispetto in un consolidato panorama mainstream ma anche con una gavetta, frutto di passione e fare della musica la sua vita, la sua professione, con profonda umiltà e dedizione:
Come nasce il brano e come si è arricchito? Il Maestro Melozzi, rock e soprese:
Il pezzo Miele ha un turbillon francese, un vortice, una dolce sfida. Questa sera grazie al maestro Enrico Melozzi ha avuto una versione leggermente diversa dalla versione radiofonica, con una ritmica più rotolante data dall’orchestra. Melozzi è un direttore d’orchestra molto particolare, esuberante, un artista che stimo moltissimo per come dirige, molto vicino alla musica classica ma anche con una profonda anima rock: il direttore perfetto per me!”

Una Giusy Ferreri con una immagine di altri tempi e con un look elegantissimo e raffinato, tra l’altro una delle poche artiste che già in prova aveva indossato lo splendido abito visto in serata.  “Miele”, scritto da Takagi & Ketra, Federica Abbate e Davide Petrella, si è classificato per ora soltanto al decimo posto (19mo alla fine delle due serate) con un pò di delusione da parte della cantante:
“Miele” è una parentesi musicale romantica dal sapore retrò, diverso dai miei brani storici. Quando lo canto mi sembra di vivere uno spostamento spazio-temporale, come una sorta di dolce e magico viaggio nell’attesa del ritorno di un amore”. Inoltre, l’unione di cinema e musica, un binomio sempre magico e senza tempo.

Come mai la scelta di portare sul palco dell’Ariston un brano così diverso per stile e arrangiamenti?

“E’ stata una scelta artistica pensata e molto mirata. Ho fatto questa scelta pensando attentamente: il brano è stato concepito con sonorità che rimandano al mondo retrò. Il megafono nautico non è amplificato e permette questa sonorità vintage. Inoltre, mi piaceva molto anche stilisticamente, come cornice per ricondurlo al progetto artistico e all’album “Cortometraggi”. E’ il megafono usato dai registi. Nel disco c’è infatti anche un omaggio a Federico Fellini, un pezzo intenso e profondo scritto da Diego Mancino per me. L’ho voluto per creare l’idea di un album pieno di versatilità con tanti piccoli film”.

L’album in uscita “Cortometraggi”, tanti piccolissimi film. Così la cantante:
“Sono molto legata al nuovo album, lo sento in maniera molto forte ed è stato concepito e sviluppato con una ricerca mirata ed una maggiore consapevolezza”

La scelta della cover, nella serata dei duetti di venerdì 4 febbraio è molto particolare con un brano storico di Lucio Battisti “Io vivrò, senza te”, del 1969, un capolavoro minimal senza tempo e la collaborazione con la collaborazione di Andy dei Bluvertigo, polistrumentista e musicista, artista poliedrico e trasversale:
“Avevo desiderio di omaggiare sul palco dell’Ariston un brano italiano: ho scelto quello di Lucio Battisti perché è un brano minimalista, molto intenso ma anche con una vena malinconica differente da quella di “Miele”. I due brani hanno approcci totalmente diversi anche a livello vocale e di sonorità. L’arrangiamento di Io vivrò l’avevo immaginato con un’atmosfera soft rock e la collaborazione con Andy Dei Bluvertigo – al quale mi uniscono amicizia di lunga data e profonda empatia – darà quel suono in più; una magia di suono raffinata e molto ricercata che spero possa arrivare gradita al pubblico”.

Un piccolo sorriso amaro. Soltanto decima nella classifica provvisoria della prima serata (19ma nella seconda, classifica sala stampa, NdR), così commenta l’artista:
“Bisogna dire che quando arriva il momento della classifica è un po’ demolitorio” – E ancora, sorridendo – “C’è sempre quella paura, quando si attende la classifica. Non immaginavo effettivamente decima, ma si accetta, bisogna accettarlo. Per quanto avessi pensato questo bravo in questa formula diversa, forse non è arrivato nell’immediato oppure ci si aspettava qualcos’altro da me. Del resto avevo fatto così anche con “Il mare immenso”, brano portato al Festival nel 2011. Lo accetto, non so se è questione di fare meglio o peggio, sono scelte. A me sembrava la scelta migliore arrivando da un mondo di brani orecchiabili e solari come le hit estive. Poteva essere un aggancio di un brano, a mio parare orecchiabile ma non prettamente ruffiano. Magari ci si sbaglia con le scelte ma alla fine ci sta”.

Hai potuto ascoltare qualche brano dei tuoi colleghi, pur con le limitazioni dei protocolli?
Con il Covid non c’è più l’occasione di condividere tutti insieme l’attesa, purtroppo, e dunque arrivando pochi minuti primi e limitando gli incroci sono riuscita ad ascoltare molto poco, solo una parte dell’esibizione dei Maneskin. Speriamo che il prossimo anno si torni ad una situazione di totale normalità.

Hai potuto ascoltare qualche brano dei tuoi colleghi, pur con le limitazioni dei protocolli?
“Con il Covid non c’è più l’occasione di condividere tutti insieme l’attesa, purtroppo, e dunque arrivando pochi minuti primi e limitando gli incroci sono riuscita ad ascoltare molto poco, solo una parte dell’esibizione dei Maneskin. Speriamo che il prossimo anno si torni ad una situazione di totale normalità”

Per la cantante milanese si tratta del primo festival dopo esser diventata mamma: cinque anni infatti, aveva scoperto di aspettare un bambino, poco prima di esibirsi sul palco dell’Ariston e a settembre del 2017 è nata sua figlia Beatrice.  Una grande emozione allora e – ha riferito in conferenza – una grande emozione ora sapendo che la bambina, così piccola, ha atteso la tarda serata per vedere in tv l’esibizione della mamma”.
E ancora su “Miele”, e le storie d’amore : “Penso che sia abbastanza comune che quando finiscono delle storie importanti d’amore è come se non siano finite del tutto, è come se rimanesse la voglia di riaccendere quelle storie, di riprovare,  ed è questo il significato dell’agrodolce che c’è nel brano”.

Alessandra Paparelli