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THE POETS – Intervista al chitarrista Matteo Cincopan

THE POETS – Intervista al chitarrista Matteo Cincopan

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In occasione della rimasterizzazione del loro secondo album “GROOVY“, abbiamo intervistato il chitarrista MATTEO CINCOPAN.

Ciao Matteo, oggi sei famoso per la tua presenza ne Gli Avvoltoi, ma in realtà oggi siamo a parlare di un’altra band, The Poets, di cui è uscita la celebrazione del ventennale.
Esatto, io suono nei Gli Avvoltoi da quattro anni, gruppo storico, ma personalmente è un’esperienza abbastanza recente. Ho suonato nell’ultimo album e in un paio di singoli, oltre la presenza live ovviamente. Per quanto riguarda i Poets bisogna invece fare un salto nel passato, esattamente al 1999. L’idea nacque sul solco di band proprio come Gli Avvoltoi. A Bologna non abbiamo mai avuto una scena importante sul genere Sixties come per esempio quella di Torino. All’inizio eravamo degli integralisti del beat poi, in seguito, abbiamo esplorato sonorità diverse. “Groovy!” fu il nostro secondo album e proprio adesso festeggia i 20 anni. Lo registrammo, proprio per essere fedeli alla linea come dicevo, su un registratore a 4 piste.

Quindi è dal 1999 che siete in pista?
Siamo andati veloci: ci siamo formati a fine 1998, dopo un anno abbiamo registrato il primo demo, con 12 canzoni e, nell’estate del 2000, è stata la volta di “Groovy!”.

Fate un genere particolare, il sixties non è che si senta tanto in giro, come nacque questa passione?
Per quanto mi riguarda, all’età di otto anni trovai in cantina un disco dei Beatles: sul lato A c’era “Michelle” e sul lato B “Run for your life”, entrambe estratte da Rubber Soul, un album di metà anni Sessanta. Ne rimasi letteralmente folgorato e decisi che volevo suonare anch’io e la musica che volevo suonare era quella. Poi crescendo è chiaro che ampli i tuoi orizzonti, ma le sonorità seminali ti restano dentro. Il nostro batterista invece era un mio compagno di università, lui era lontano da tutto quello che era la musica degli anni ’60. Quando gli proposi di entrare nei Poets mi chiese di fargli ascoltare qualcosa e io gli diedi “Yeeeeeeh!” dei Primitives. Lui si mise a ridere, poi disse “Ok, ci sto!”. In seguito fu una scoperta continua, oltre i Beatles ci piacevano i Kinks, gli Hollies, gli Who… Suonare la batteria per la musica Sixties implica un approccio molto diverso da quello moderno: di primo acchito sembra facile, ma quando ti ci metti dietro ti rendi conto di quanto studio e preparazione esigesse. Con Lorenzo Mignardi, il bassista, invece siamo praticamente amici dall’asilo, ci passavamo i dischi l’un l’altro, confrontandoci su tutto.

Festeggiate i 20 anni di Groovy, ma in questi due decenni cosa è successo nei The Poets?
Groovy!” fu l’inizio di tutto in realtà: fu un album autoprodotto e venduto praticamente solo ai concerti, ma ci fece conoscere alla Misty Lane di Massimo del Pozzo, che ci propose di andare a Roma a registrare un disco per la sua etichetta. Per la Teen Sound Records (una sottoetichetta della Misty Lane) registrammo e pubblicammo un EP e un album; in più ci fu un ulteriore album che all’epoca non fu pubblicato per via dello scioglimento della band.

Al momento The Poets non sono in attività quindi?
Sì, ora il gruppo non esiste più. Io continuo a suonare, e per il ventennale di “Groovy!” mi stavo organizzando per fare delle serate promozionali. Tutto questo prima del covid, e comunque non con la formazione originale, perché il batterista si è trasferito in Svizzera, il bassista a Firenze… Per cui è impossibile anche solo trovarsi a provare. Il bello è che suonando con Gli Avvoltoi ho scoperto che, malgrado fossimo un gruppo di nicchia, che eravamo noti in questo ambito. E’ successo a volte che al termine di un live della band trovassi persone che mi avvicinavano dicendomi “Ma tu suonavi nei The Poets?”. L’ho raccontato anche agli altri della band e ci siamo fatti delle risate.

L’idea di celebrare questo ventennale come è nata?
Ho ritrovato il master di quell’album mai pubblicato e ho pensato di metterlo su Spotify: ho contattato gli altri per chiedere se erano d’accordo, comunque mi sarei accollato io le poche spese necessarie… E lì ho scoperto che eravamo ascoltati, con dei buoni numeri. Così ho pensato che potesse valere la pena rimasterizzare anche altri nostri lavori a cui i vecchi mix non rendevano giustizia; “Groovy!” era l’album a cui non solo io, ma tutto il gruppo, rimaneva più affezionato… Ed era anche quello che aveva risentito maggiormente dei limiti dell’attrezzatura a nostra disposizione; così, man mano che il suo compleanno si avvicinava, mi sono organizzato per farne remaster nuovo di zecca. Per registrarlo avevamo escogitato una tecnica che, nonostante avessimo a disposizione solo quattro piste, mi ha permesso di recuperare i suoni dei singoli strumenti: passandoli in digitale, ho poi potuto remixare l’album completamente da capo e ho anche potuto fare cose che allora non ci erano permesse, arrivando a una qualità che 20 anni fa, per noi, non era nemmeno pensabile.

Pensate di fare anche un supporto fisico?
Sarebbe molto bello, ma ci sono due problemi fondamentali. Il primo è che nella situazione attuale non puoi andare in giro a promuoverlo, e se manca questo nessuna etichetta te lo stampa. La seconda è che il gruppo non è più componibile come era in origine per i motivi che ti ho detto. Ho fatto i conti di cosa costerebbe autoprodurlo, ma sono proibitivi: rimane la via della coproduzione e, per quella, sono in trattative con un paio di etichette interessate.

Anche portarlo live quindi con una band diversa?
Per forza, anche questo è un fattore. Ma intanto, a parte Spotify, andrò presto a Radio Fujiko a suonare alcuni brani insieme a un batterista e una bassista con cui ho già collaborato, entrambi grandi fan dei The Poets, e questa cosa la possiamo fare. Se questa formula funziona, appena la situazione lo consentirà, qualche live ci sarà di sicuro!

MAURIZIO DONINI 

Band:
Matteo Cincopan: voce, chitarra, piano, organo;
Lorenzo Mingardi: voce, basso;
Matteo Ferretti: voce, batteria, piano

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