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THE DOORMEN – Intervista su “Glass factory”

THE DOORMEN – Intervista su “Glass factory”

In occasione dell’uscita del loro nuovo singolo “GLASS FACTORY” ho intervistato la band THE DOORMEN.

Ciao ragazzi, piacere di avervi sulle pagine di Tuttorock. Molto intrigante il nuovo brano, come è nato? Il titolo a cosa si riferisce?
Il brano è nato in piena pandemia da un riff di chitarra suonato con il chorus. Il primo approccio è stato quello di creare quel suono sfasato e liquido per poi adattarlo alla traccia di batteria e basso che avevamo in mente. Una progressione di accordi veloce ma allo stesso tempo lenta, come se il tempo si fermasse d’improvviso per poi ripartire. “Glass Factory” non è altro che una metafora sul rapporto di coppia in cui una delle parti, ad un certo punto, è costretta a prendere una decisione: andare avanti oppure no. Per farlo si trasforma in un topo pur di riuscire ad adattarsi e districarsi in quel labirinto che è la vita di coppia invece di rimanere un elefante che – con le sue movenze e incurante di quello che trova sul suo percorso – rischia di distruggere tutto.

Facendo un passo indietro, volete raccontarci come sono nati i The Doormen e quali sono state le vostre prime influenze musicali?
Il nome The Doormen è stato rubato da una canzone degli Stereophonics una delle band preferite del nostro primo batterista. La formazione è la classica composta da 4 elementi (voce, chitarra, basso e batteria) anche se attualmente il nuovo disco è stato composto e suonato in due. Ci siamo incontrati nei posti dove si poteva fruire della musica, ai concerti, nei club e nelle sale prove. Abbiamo più o meno tutti lo stesso stile e background musicale che nel corso degli anni si è plasmato ed evoluto, durante i quali le esperienze e le vicissitudini sono state numerose, sia dal punto di vista umano che artistico. Lo stare insieme e condividere – ad esempio – lo stesso furgone per andare in tour, suonare le nostre canzoni in giro sia in Italia che all’estero (Francia, UK) ha fatto sì che potessimo fruire di tutto ciò che ci circondava e trasformarlo in esperienza, con il vantaggio di godere della velocità di quando succedevano le cose e allo stesso tempo rimanere fermi per assaporare e godere l’intero processo. Ascoltando le nostre prime produzioni possiamo dire che lo stile riconduce senz’altro al post-punk degli anni ’80 per poi passare al brit pop degli anni ’90 con qualche sfumatura shoegaze in certe canzoni.
 
Avete già vari album all’attivo, come si evoluto il vostro percorso artistico?
Negli anni il nostro suono ha subito diverse trasformazioni, da un suono più abrasivo e diretto dei primi lavori a uno più oscuro ma allo stesso tempo avvolgente come si può ascoltare nel nostro ultimo singolo appena pubblicato. Adattiamo il suono in base ai temi che vogliamo sviluppare: amore e odio, gioia e morte allo stesso tempo, la contrapposizione e la convivenza di questi elementi. Ogni elemento ha un suo suono che realizziamo in ogni disco in base alla situazione personale che stiamo vivendo in quel momento, cerchiamo di dare voce con i nostri strumenti e la nostra sensibilità per provare a toccare le corde giuste per poter emozionare l’ascoltatore.

Avete partecipato a vari concorsi musicali, che ricordi ed impressioni ne riportate?
No non abbiamo mai partecipato a concorsi musicali. Anni fa abbiamo rifiutato anche una partecipazione a un talent come X-Factor. Le gare si fanno in pista e si vincono sfruttando i cordoli sorpassando in curva mentre la musica e l’arte sono una cosa seria e non un prodotto da confezionare e catalogare per poi successivamente scadere. 

Siete stati sul palco per aprire i concerti di grandi artisti, che esperienze sono state? Aneddoti particolari da raccontare?
Negli anni abbiamo aperto i concerti a tanti grandi artisti internazionali come gli Ash, The Vaselines, Blood Red Shoes, Art Brut, Mark Moriss (The Bluetones), The Charlatans e Paul Weller. Il ricordo va senz’altro all’Umbria Rock Festival dove eravamo in apertura a Paul Weller e ogni volta che ci pensiamo abbiamo ancora i brividi. L’episodio si svolge a cena con Weller da una parte e Steve Cradock dall’altra seduti tutti nello stesso tavolo. A un certo punto Steve ci invita a firmare le copie del nostro disco che avevamo appena regalato a loro e il tutto avviene con una spontaneità e umiltà unica con le mogli lì vicino e figli che ci gironzolavano attorno. Un’emozione unica e irrepetibile.

L’ultimo disco è del 2019, ora che è passata la pandemia avete già pronto del materiale, oltre il singolo pubblicato? E’ in previsione un disco?
Durante la pandemia abbiamo registrato e arrangiato tutte le demo del nostro nuovo disco che al momento non ha ancora un titolo. Il prossimo febbraio entreremo in studio per registrare le canzoni e ad aprile è prevista l’uscita del disco.

Progetti futuri? Un tour dal vivo oltre le date già programmate finora sono all’orizzonte?

Oltre alle date già programmate per la presentazione del nostro nuovo singolo “Glass Factory“, ci stiamo già organizzando per un nuovo tour sia in Italia che in Europa come facemmo nel 2019 quando uscì Plastic Breakfast.

MAURIZIO DONINI

Band:
Vincenzo Baruzzi (voce, chitarra, batteria)
Luca Malatesta (chitarra)

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