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SCREAMACHINE – Intervista al bassista e fondatore Francesco Bucci

SCREAMACHINE – Intervista al bassista e fondatore Francesco Bucci

E’ da poco uscito “The Church Of Scream”, il secondo album dell’heavy metal band romana Screamachine. Un cambio alla chitarra, Edoardo Taddei al posto di Alex Mele, ma il sound rimane quello, pura energia. Ne ho parlato con il bassista e fondatore Francesco Bucci. Di seguito l’intervista.

Ciao ragazzi e bentornati su Tuttorock. Dopo due anni tornate in scena con un nuovo album, “The Church Of Scream”. Come sono nati i brani?
Ciao Fabio, ce l’abbiamo messa tutto per riaffacciarci al pubblico nel minor tempo possibile, inframezzando l’attesa anche con EP lo scorso anno, e siamo felici di essere tornati di fronte al tuo microfono per parlarne. Questo è un disco figlio della pandemia, dato che tutto il materiale del debutto era stato scritto ante 2020 mentre gran parte di questi pezzi sono stati concepiti proprio in mezzo al lockdown (dove, forse per contrastare l’opprimente situazione che tutti abbiamo vissuto, ho avuto un vero e proprio boost creativo). Per fortuna la tecnologia non ci è estranea, quindi siamo riusciti lavorare in maniera molto costruttiva nonostante la segregazione di quel periodo, registrando dei demo per conto nostro su una DAW per poi scambiarci le varie canzoni in modo da poter confrontare le idee ed i primi arrangiamenti. Poi il processo di registrazione e mixaggio del disco si è svolto successivamente, alla fine del 2022, quindi c’è stato tutto il tempo per concludere le lavorazioni come ai vecchi tempi, incontrandoci e finalizzando il disco negli studi di Paolo.

Cosa è cambiato rispetto al precedente album?
C’è stato un necessario cambio di attitudine dato da una diversa e più approfondita percezione del gruppo e del nostro rapporto come musicisti. Il nostro debutto è stato concepito in un clima gioiosamente anarchico, senza regole e preconcetti, con il solo obbiettivo di celebrare il nostro amore per un certo tipo di Heavy Metal a prescindere dalla possibile reazione del pubblico o delle etichette. Da qui anche la grande presenza di guest, che sono stati invitati a partecipare a questo grande party di metallo lasciando la loro firma ed impreziosendo ulteriormente un disco che ancora amo molto proprio in virtù della spontaneità che trasuda. Quando è arrivato il momento di lavorare a “Church Of The Scream”, però, le cose erano cambiate ed anche i membri non erano gli stessi, dato che abbiamo avuto un avvicendamento alla chitarra con Edoardo Taddei che è arrivato ad infondere un po’ di magia da guitar hero alla nostra colata di metallo. Nel mentre ci sono state le prime esperienze live per la band accompagnare ad una successiva analisi del disco di debutto, che ci ha permesso di capire quali fossero gli aspetti più interessanti del nostro sound e quelli che invece ritenevamo passibili di miglioramenti. Per fartela breve, su questo disco nuovo disco abbiamo lavorato in maniera più tradizionale, curando maniacalmente gli arrangiamenti, la produzione (che gestiamo in house grazie al grande lavoro del nostro chitarrista Paolo Campitelli, responsabile anche del mix e del master dell’intero prodotto) e, sostanzialmente, settando la barra della qualità più in alto possibile in modo da produrre un disco che potesse portare ScreaMachine ad un livello successivo pur rimanendo fedeli alle nostre radici. Da questo punto di vista mi sento di dire che siamo stati anche più coraggiosi rispetto al passato: nonostante il nostro sound di riferimento sia quel classico heavy metal che ha caratterizzato gli anni ’80, il nostro obiettivo è sempre stato quello di non suonare come una tribute band o di fare una specie di cosplay di Iron Maiden, Metallica o Savatage. Al contrario, questa volta abbiamo deciso di esplorare in maniera più vasta quelle sonorità (anche perché dire heavy metal è come dire rock, si può parlare di tutto e di niente), affacciandoci ora verso sonorità epic come in “Flag of Damnation” o “The Epic of Defeat”, ora sul versante più heavy come nella title track o in “Pest Case Scenario”, ora addirittura lambendo lidi hard rock come in “Night Asylum” ed, ovviamente, non dimenticando la classica Loud Heavy Metal Music di “The Crimson Legacy”, “Revenge Walker” o “Occam’s Failure”. Anche per quanto riguarda i guest abbiamo deciso di evitare una presenza così massiccia come nel debutto, sia per mostrare agli ascoltatori il 100% di ScreaMachine, sia per evitare di essere legati ad una caratteristica che, con il passare del tempo, avrebbe potuto limitarci. In ogni caso io adoro avere degli ospiti sui miei dischi, perché si tratta sempre di artisti che stimo molto e che, con la loro performance, contribuiscono ad arricchire e migliorare i brani in un maniera originale e diversa anche rispetto a quanto noi ci saremmo aspettati. Quindi, per farla breve, si tratta di qualcosa che deve accadere per celebrare un legame artistico o di amicizia, non solo perché è quello che la gente si aspetta da noi visto il disco precedente. Per questo motivo abbiamo preferito avere un unico ospite, Davide “Damna” Moras degli Elvenking, sulla conclusiva “The Epic of Defeat”; si tratta di un pezzo piuttosto lungo che ho interamente scritto al fine di celebrare la mia passione per le sonorità più epiche del metallo, tenendo bene a mente la lezione di band come Bathory, Falkenbach, Manowar, Manilla Road ed anche tutto il filone pagan metal. Io e Davide ci conosciamo da oltre venti anni, abbiamo suonato numerose volte insieme e, nei primi anni del nuovo millennio, ho anche preso parte al suo side project Leprechaun. L’ho sempre considerato come un caro amico ed un musicista unico, senza nulla togliere a tutti gli incredibili artisti con cui ho collaborato nel corso degli anni, e ciò che mi colpì ai tempi dei Leprechaun era la forte sintonia che si venne immediatamente a creare nonostante il poco tempo passato insieme a jammare. Ho sempre seguito con ammirazione il suo lavoro con gli Elvenking e lui ha dimostrato in più occasioni un grande apprezzamento per Stormlord, il mio gruppo precedente, e questo ci ha spesso portato a prometterci che, prima o poi, avremmo fatto qualcosa insieme. Purtroppo la lontananza geografica e gli impegni di entrambi hanno sempre impedito di concretizzare questo proposito. Poi un giorno ho composto “The Epic of Defeat” ed, ascoltando il break centrale di chitarra dal sapore epico e pagano, ho capito che il momento era arrivato. Peraltro è la stessa cosa che gli ho scritto su whatsapp ed a cui ho ricevuto un caloroso riscontro, nonostante Davide abbia limitato moltissimo le sue apparizioni su altri progetti e pur essendo in quei giorni impegnato nelle registrazioni del nuovo, meraviglioso, disco degli Elvenking, da poco pubblicato. Credo che il risultato parli da sé e, personalmente, rappresenta un bel momento di condivisione con un amico.

Parlami dei testi, di cosa trattano questa volta?
Riguardo ai testi, l’obiettivo principale che Valerio (Caricchio, cantante) si è prefissato era di sostenere nel modo migliore possibile tutti i molti aspetti che l’album mostrava dal punto di vista musicale e creare un vestito adeguato e diverso per ogni singola traccia. Non aveva particolari temi in mente prima del processo di scrittura, ma si è semplicemente tuffato nelle canzoni e ha lasciato che la musica parlasse. Infatti voleva arricchire i brani con i suoni giusti pronunciati dalla sua bocca, con le parole giuste e con le atmosfere evocate per descriverle. Così, seguendo l’onda di un sound diventato in parte più pesante ed oscuro rispetto al primo album, i testi hanno assunto diverse sfumature trattando temi come la guerra, la religione, la filosofia, le lotte interiori dell’essere umano, senza dimenticare qualche momento più leggero per dare un po’ di respiro, dato che nessuno qui sta salvando il mondo. In ogni caso, Valerio ama usare le parole in modo un po’ criptico per descrivere le cose senza spiegarle chiaramente e o in maniera univoca, e questo contribuisce parecchio alla profondità ed al mistero dell’intera proposta lirica.

Il titolo mi incuriosisce, “The Church Of Scream”, ma in chiesa non si può urlare!!!
Ma noi siamo dei ragazzacci ed urliamo a pieni polmoni! Il titolo mi è venuto di getto, senza particolari significati nascosti e basandomi sull’assonanza al nome della band. Successivamente, quando ho concepito l’idea per l’artwork, poi sviluppata in maniera eccellente da Stan W Decker, i vari mattoncini si sono incastrati ed il titolo si è dimostrato perfetto per il disco.  Come facciamo sin dall’inizio, amiamo giocare con i cliché del metal, stando sempre attenti a sorridere senza sconfinare nel grottesco o nel fortemente parodistico, dato che non sarebbero queste le nostre intenzioni. Quindi questa volta ho immaginato il nostro metal monster, già apparso sulla copertina del debutto omonimo, salire di livello, prendere i voti e diventare un implacabile prete del metallo che, da un altare fatto di casse di chitarra, arringa i fedeli istruendoli al culto del metallo. E dove poteva svolgersi questo rito dionisiaco, se non nella chiesa dell’urlo, laddove gli “urlatori” dai tempi di Celentano, Morandi, dei Beatles e degli Who, hanno sempre rappresentato il terrore del sistema costituito e la gioia di ogni ribelle?

Il nuovo chitarrista Edoardo Taddei ha portato qualche nuova idea nelle composizioni visto che è un  chitarrista di stampo neoclassico?
Edoardo è oramai uno dei guitar hero più esposti non solo a livello italiano, ma anche europeo. Per dirne una, il suo ultimo disco solista vanta un duetto con Jeff Loomis! Alla luce di ciò, quando Alex Mele ha comunicato che avrebbe dovuto fare un passo indietro per focalizzarsi sui suoi Kaledon, quello di Edoardo è stato il primo nome a venirci in mente. Ci siamo trovati subito in sintonia dato che, dopo poche prove, attesa non solo la sua bravura ma anche la serietà nel preparare ed eseguire perfettamente i nostri pezzi, abbiamo deciso di formalizzare la collaborazione senza alcuna riserva. Anche dal punto di vista personale ci troviamo molto bene e non c’è una grande differenza di approccio, anche perché Edoardo da tempo collabora con musicisti di ogni età in contesti professionali. Penso anche io che il suo sbalorditivo apporto tecnico, focalizzato sulla parte solista, abbia arricchito parecchio il songwriting che, al contrario, rimane appannaggio mio, di Paolo e di Valerio, dando una marcia in più alle canzoni del nuovo disco.

Siete soddisfatti dei risultati ricevuti con il primo album?
Estremamente! Come ti accennavo prima, in sede di registrazione del disco di debutto la nostra mente era lontanissima dalla possibilità di poter trovare un’etichetta intenzionata a pubblicare un disco orientato verso una musica che, certamente, non è la più popolare sul mercato. Invece devo ringraziare Frontiers per la lungimiranza dimostrata nel dare una chance a questo gruppo di sbandati, dando alle stampe il nostro disco e dimostrandoci, con nostra grande sorpresa, che lì fuori la fiamma del primigenio heavy metal arde ancora forte. La quantità di recensioni e pareri positivi ricevuti ci ha colpito tantissimo, contribuendo anche a responsabilizzarci in sede di songwriting per il secondo disco.

Cosa vi aspettate dal nuovo album?
Quello che ci auguriamo sempre: che qualcuno lo ami così tanto da suonarlo sul proprio stereo mettendo il volume ad 11, incurante del vicinato e del mondo intero. Tutto il resto rimane in secondo piano rispetto alla magia di portare delle emozioni forti nella vita di qualcun altro.

Il disegno di copertina ha un significato particolare?
Beh, il protagonista assoluto è la nostra mascotte, che con enorme originalità chiamiamo “The Metal Monster”. Lui ormai è destinato ad accompagnarci anche per il futuro, dato che rappresenta in maniera perfetta la musica di ScreaMachine ed ormai è un vero e proprio compagno di viaggio. Anzi, cosa dico, il Metal Monster è proprio il boss a cui dobbiamo rendere conto e che vigila sulla permanenza del giusto tasso di metallo nella musica di ScreaMachine. Come ti accennavo prima, l’idea, piuttosto generica, è partita da noi ed è stata poi elaborata da Gustavo Sazes, l’artista che si è occupato della copertina del debutto. Ma a mio parere è Stan W Decker, l’illustratore dietro l’artwork di questo secondo disco, che ha saputo inquadrare perfettamente il personaggio rendendolo “adulto”. Sono certo che in futuro ricorreremo ancora ai suoi servigi e non vedo l’ora di conoscere le nuove avventure del Metal Monster.

Siete pronti a tornare in tour, avete già qualche data in programma?
Proprio pochi giorni fa abbiamo dato fuoco alle polveri suonando a Roma in compagnia di Vanexa, Whisperz ed Half Life. La nostra idea è di ripartire da settembre con una serie di date in giro per lo stivale, dato che non ti metti a suonare questo tipo di musica se il tuo desiderio ultimo non è quello di frantumare le orecchie degli ascoltatori dal palco. Registrare in studio è un esperienza meravigliosa e molto creativa, ma scuotere le fondamenta di un locale lo è ancora di più.

Chiudi l’intervista come vuou, un invito ad ‘urlare’ con voi a chi ascolterà l’album.
Quale occasione migliore per urlare se non quella di venirci a vedere live, o di dare il tormento al vostro promoter di fiducia per portare ScreaMachine a casa vostra? Nel frattempo ti ringrazio per averci dato spazio sulle pagine di tuttorock.com e per aver dimostrato la volontà di approfondire anche le band giunte da poco sulla scena, oltre ai grandi nomi che sicuramente garantiscono più interesse. Ora speriamo che i vostri lettori vogliano cogliere la palla al balzo e scoprire la musica di ScreaMachine che potete trovare, insieme a tutte le necessarie informazioni ed al merchandising, seguendo questi link

Official shop/merchandising: https://screamachine.bandcamp.com/
Official website: www.screamachineband.com
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Instagram: www.instagram.com/screamachineofficial
Youtube: https://bit.ly/screaMachine
Spotify: https://open.spotify.com/artist/3UC4PvlXNFLopYPk6Ytxjq?si=DGDgGqZXSY2Q4TBVV6WYbg

Contatti: info@screamachineband.com

FABIO LOFFREDO

Band:
Valerio “The Brave” Caricchio: Voce
Francesco Bucci: Basso
Edoardo Taddei: Chitarra
Paolo Campitelli; Chitarra
Alfonso “Fo” Corace: Batteria

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