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PEZZOPANE – Intervista al cantautore aquilano

PEZZOPANE – Intervista al cantautore aquilano

In occasione dell’uscita del nuovo album “Sembra ieri” (ALTI Records e Visory Records con distribuzione Believe Music Italy), ho avuto il piacere di intervistare Pezzopane.

Un nuovo capitolo che ci racconta l’inguaribile sindrome da Peter Pan del cantautore aquilano, e dove convivono le storie intrecciate di cinque anni passati a Milano, proprio in quel monolocale che aveva ispirato il primo disco dal titolo “Storie da monolocale”, ma anche il romanticismo di una relazione di quelle semplici, passate sotto le coperte acciambellati come gatti.

Ciao e benvenuto sulle pagine di Tuttorock, “Sembra ieri” è il tuo nuovo album, che riscontri stai avendo?

Ciao! L’album sta andando molto bene, ero curioso di vedere l’effetto di alcuni nuovi brani che hanno un sound un po’ diverso da quello che ci si aspetterebbe da me e devo dire che il pubblico sta apprezzando molto la virata super pop.

Brani nati in quale lasso di tempo e ispirati da cosa?

I brani sono nati e cresciuti negli ultimi anni e in particolare nel corso della pandemia, che mi ha permesso di fare una profonda introspezione. Quelle lunghissime giornate silenziose e malinconiche si sono riversate nei testi con particolare irruenza. Artisticamente parlando i lockdown sono stati la mia dimensione ideale, peccato siano finiti.

Ho apprezzato molto il disco nella sua interezza, e considero perfetta la successione dei brani, tu che impressioni hai avuto una volta che l’hai riascoltato dall’inizio alla fine?

In realtà ancora non lo riascolto tutto dall’inizio alla fine e non penso di farlo a breve. Ammetto però di essermi ricantato in testa tutti i brani mentre decidevo la tracklist. Ad essere sincero all’inizio ho scelto di seguire un criterio un po’ tecnico relativo alle tonalità, ma poi mi sono accorto che filava tutto alla grande anche dal punto di vista estetico.

’70, ’80, ’90, tre decenni molto prolifici dal punto di vista musicale, cosa ti ha dato ognuno di esso?

I ‘70 mi hanno dato la purezza del cantautorato, gli ‘80 il manierismo del sound, i ‘90 nulla di più a parte la colonna sonora in radio della mia infanzia.

Quando e come ti sei avvicinato al mondo della musica?

Vengo da un periodo storico in cui se a 15 anni non suonavi qualche strumento non eri nessuno. La chitarra è stata un’arma di legittimazione sociale. Per anni tutto è ruotato intorno alla musica, che faceva e disfaceva amicizie e legami sentimentali. Si ragionava solo in base a quanto ci si impegnava, musicalmente ed esteticamente, e a quanto più ci si faceva notare.

Domanda che faccio a tutti, qual è il tuo più grande sogno artistico?

Vorrei poter suonare in una fattoria per un pubblico di soli animali da cortile: asinelli, capre, gatti, cani, polli, oche e magari anche struzzi. Ovviamente a volumi bassissimi per non spaventarli.

C’è un tuo concerto che ricordi particolarmente?

Anno 2021, festival Il “Pop è una cosa seria” a L’Aquila, scalinata di San Bernardino. Palco enorme a cui si accedeva da una rampa altrettanto enorme sul retro. Mentre salivo mi sono sentito come se fossi a Wembley per il Live Aid.

A proposito, hai già fissato qualche data live?

Al momento sto pianificando un mini tour con la band, anche se penso che la maggior parte dei concertini li farò da solo in acustico, vista la penuria di posti dove suonare in formazione completa.

Con quale formazione ti presenterai sul palco?

Con me ci saranno Andrea Maurizio alla batteria ed ai pad, Valerio Scarsella al basso e Giorgia Aglietti alle tastiere. Suono con loro da qualche anno e non potrei desiderare di meglio.

Grazie mille per il tuo tempo, vuoi aggiungere qualcosa per chiudere questa intervista?

Vorrei ringraziare i ragazzi della mia band per essere sempre presenti al momento del bisogno, i miei produttori Etrusko, Phonez e L’Ode e soprattutto Noce Moscardi, coautore in feat sul brano “Fare Gol”, per l’ispirazione continua ed inesauribile.

MARCO PRITONI