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LaLadra – Intervista a Susie Regazzi e Federico Poggipollini sul progetto

LaLadra – Intervista a Susie Regazzi e Federico Poggipollini sul progetto

LaLadra è un nuovo progetto musicale che unisce le musiche e la produzione artistica di Federico Poggipollini con la voce e i testi di Susie Regazzi. Il duo si distingue per la sua capacità di fondere le radici punk new wave con una scrittura unica e contemporanea, creando un panorama sonoro e lirico affascinante e coinvolgente. Dopo la pubblicazione di diversi singoli (“Cv”, “E così sia”, “Siamo tra quelli”, “Offline” e “Capolinea”) , è ora disponibile il primo omonimo LP del progetto che esplora tematiche estremamente moderne e rilevanti. La solitudine digitale è uno dei temi centrali, riflettendo su come la tecnologia, pur avvicinando le persone virtualmente, possa amplificare il senso di isolamento e alienazione nel mondo reale. Ne abbiamo parlato in occasione del release party allo Sghetto Club di Bologna il 23 ottobre 2025.

Allora intanto mi sa dire come ti sei avvicinata al canto?
LL: Allora è una storia lunga. A me hanno messo in mano il violino quando avevo tre anni perché mio papà li costruisce, quindi ci hanno provato e mi ci hanno buttata in mezzo con la musica classica fin da piccolina, poi ho passato da uno strumento all’altro. Fino ad arrivare al canto, quando ero già adolescente e mi sono avvicinata a generi più moderni. 

Quindi hai preso anche lezioni o autodidatta?
LL: Ho studiato, ho fatto anche il Conservatorio, però tante cose poi si imparano praticando nei fatti la musica. 

Cosa ascoltavi?
LL: Partendo dall’inizio con il violino la musica classica, ma, comunque, veramente di tutto, cioè mi piace tutta la musica. E senza praticamente eccezioni. Quindi ho approfondito un po’ di tutto. Forse questo genere che stiamo facendo adesso è quello a cui sono arrivata più tardi. In realtà però sta diventando un viaggio molto interessante. 

Per me il genere di adesso è molto particolare, è molto personale, cioè non è non è pop, non è alternative, c’è molto rock, ma con tante influenze dentro e forse anche difficile da catalogare.
LL: E’ questo è il suo bello, è la cosa che ci diverte. 

Il nickname LaLadra come lo hai scelto?
LL: Il nickname LaLadra è venuto fuori da Federico pensando al testo della canzone “Siamo tra quelli” dove ho scritto ‘corro, forte come un ladro che ha rubato un sogno’, ed evoca la sensazione di quando ci si sente di essere sul treno di un destino senza biglietto regolare, e allora si improvvisa, si dà il massimo con quello che si ha. 

E si fa molto bene devo dire, il risultato all’ascolto è un sound molto personale che esce dallo standard tutto simile che oggi impera.
FP: Effettivamente, l’unica cosa che posso dirti è che ogni volta che ti approcci seguendo una linea, che è quello che noi abbiamo deciso di percorrere, un sentiero che mi sembrava adatto sentendo i testi di Susanna e soprattutto l’idea che mi ronzava in testa da tempo. Perché diciamo che sono stato io a volere coinvolgere Susanna in un progetto che avevo già iniziato a fare con altre persone. Però quando ho sentito i suoi testi, ho sentito lei come cantava, ho detto “cacchio, è adattissima”. E quindi ci siamo trovati a fare un lavoro di composizione, e ci tengo a dirlo, perché è forse la cosa che succede meno spesso nella storia della musica, il fatto di poter comporre dei brani in pochissime ore. Sto dicendo proprio ore, perché se noi andiamo a sommare il lavoro fatto nella parte compositiva, quindi, non nella post produzione, nel senso nell’arricchire i brani, metterli a posto, ma nella parte iniziale, io penso che si tratti di 20 ore. Nel senso che parliamo di 11 brani fatti in pochissimo tempo, perché abbiamo trovato fin da subito un’identità musicale chiara, un’idea di testi che comunque io non ho mai cercato di modificare. Quindi, ho naturalmente aggiustato delle cose, ma a livello ritmico, pensa che un paio di brani dell’album sono ancora le prime registrazioni. Abbiamo provato poi a rifarle, ma si perdeva la magia; ormai l’avevamo nell’orecchio in un certo modo e quindi sono rimaste quelle. E una è addirittura il singolo più forte che abbiamo fuori in questo momento. 

Hai un po’ anticipato il discorso dei testi. I testi li scrivi tu? Ho ascoltato i 5 brani pubblicati finora e sono tutti testi molto belli, diverse canzoni diverse. Torniamo un po’ al discorso iniziale che arrivano delle canzoni che sono sempre tutte uguali, le stesse cose. E invece tu hai trattato dei temi forti, c’è una bella testualità e con dei temi interessanti.
LL: Sicuramente ci tengo tanto a creare un discorso che si allontani da una scrittura di fronzoli, come magari mi è capitato di fare in passato, dietro cui mi nascondevo. Vorrei che fosse un progetto che va dritto al punto, che parla chiaro, senza nascondersi dietro a metafore, artifici linguistici. Quindi sì, è un linguaggio che mi sta piacendo, mi sta insegnando molto anche nella vita.

Per scrivere i testi a cosa ti ispiri? Quali temi vuoi portare avanti?
LL: sicuramente mi immagino qualcosa che è legato alla mia vita, ma cerco di portare anche argomenti rivolti verso gli altri, perché è un progetto con cui voglio diffondere dei messaggi che per me sono importanti. Ma sto cercando di utilizzare un linguaggio che arrivi a tutti e non sia solo un mio viaggio. 

Si parla di cose personali, del mondo che si che ci circonda e anche di temi sociali in alcuni passaggi.
LL: Sicuramente il singolo che esce tra pochi giorni, “Generazione dieta”, affronta un tema abbastanza inedito secondo me, nell’ambito di delle canzoni. Partendo da una mia brutta esperienza di salute personale, voglio parlare del fatto che i cibi che noi mangiamo sono sicuramente contaminati da un sacco di cose che ci fanno male e non ne parla nessuno. Vorrei che questi argomenti corressero un poco di più.
FP: Dall’altra parte c’è anche il meccanismo che uno come me, di una generazione completamente diversa, non è abituato a questo tipo di sensibilità, almeno per me è stata una novità vedere al ristorante chi dice di essere allergico o intollerante, che non può mangiare un certo alimento. Ti giuro, per me è una roba incredibile, ma ho preso atto di tutto questo. Io ho due figlie, Cloe, la più grande, Flora la più piccola meno, sta molto attenta a queste cose, tipo le proteine, cose che nella mia generazione non io non l’ho mai sentito dire. 

Certe cose non si conoscevano, ma adesso la scienza medica fa dei passi da gigante, si scoprono cose che ti fanno star male. Una volta non esisteva questo approccio, tipo la sensibilità al gluten free.
FP: Con questa canzone, “Generazione dieta”, Susanna, che è di un’altra generazione, divulga proprio questo, questa sua esperienza, usa il pretesto di questo suo, definiamolo problema, attraverso la musica. E’ un brano che vogliamo dirlo, era fuori dall’album, abbiamo deciso di metterlo dentro proprio perché è super attuale. Ed è una situazione proprio che si allarga, perché io ho sentito quella cosa lì, ho spinto un po’ io su questa cosa. Perché il ritornello in realtà il suo originale era un pelino più intimo, più su di sé e basta. Invece secondo me era proprio bello il fatto di raccontare qualcosa che non fosse mai stato raccontato in una canzone finora. Quello che succede adesso è proprio questo, una generazione di persone che sono attente alla dieta. 

C’è un altro tuo pezzo che ho ascoltato, molto bello, dove si parla del “noi”, quindi è un tema che è molto nelle tue righe. Anche Offline l’ho trovata splendida.
FP: “Siamo tra quelli”, dove canta “Comunque siamo noi, siamo tra quelle”. E’ un brano che per me è bellissimo. Lei, devo raccontarlo, mi aveva detto: “Fede è troppo pop questa no?”. “Offline” è una canzone, se vuoi, più tradizionale, si pone sempre in questo mondo, ma è l’unica di tutte le nostre che ha una sfumatura più melodica. 

Molto bella anche “Capolinea” invece che è l’ultimo uscito giusto che invece è una grinta pazzesca che è.
FP: Il testo ti piace di “Capolinea”? 

Offline è melodica, Capolinea invece punta molto sul ritmo, è grintosa, attacca subito. Questi sono pezzi che ci sono tutti nell’album? Intendo i 5 brani finora pubblicati.
FP: Sono 5 brani più gli altri sei, credo che le versioni che tu hai sentito su Spotify siano leggermente diverse dall’album. Perché sono stati usciti, sono usciti come singoli, quindi hanno un arrangiamento diverso. Nell’album hanno una sonorità leggermente cambiata, ma i brani sono gli stessi. 

Ascolta Susanna, com’è nata la vostra unione, come vi siete conosciuti, come hai trovato l’intesa con Fede?
LL: Ci siamo incontrati per caso, non ci vedevamo da 10 anni, più o meno, non ci vedevamo da quando ero ragazzina. Ci conosciamo da una vita, in questo caso ci siamo incontrati perché stavo tornando a casa in monopattino, ci siamo beccati e quindi “Bella fede, bella Susy”, e abbiamo scoperto di essere vicini di casa.
FP: Ci siamo beccati sotto casa mia, lei abitava, fino a poco tempo fa, praticamente nella strada parallela alla mia durante il Covid. E la cosa che è successa, lo voglio dire, la chiave di tutto è che io, in quel momento, stavo facendo questo tipo di esperimento, un poco per gioco, un poco per provarci, con altri cantanti. Lo stesso genere, naturalmente più o meno, diciamo con quel tipo di cliché, perchè non può essere proprio identico; nel senso che era proprio un progetto con più artisti che si univano su questa base musicali. Ho coinvolto lei perché sapevo che le piaceva un mondo elettronico, cosa che, invece, per me era abbastanza lontana, e le ho detto, “ti va di provare?”. Lei ha provato con un brano, facendo molta fatica, poi c’era anche Cesare all’inizio, il batterista che ha suonato con me per tanti anni coi Tribal Noise, ed era un’idea venuta anche da lui. Quindi abbiamo provato insieme. Però Susanna aveva, adesso meno, delle difficoltà a lanciarsi su una base già fatta. Aveva bisogno di avere qualcosa che potessi modificare in quel momento. Sulla base io ho suonato tutto, cioè ogni cosa che senti è mia, cioè basso, chitarra, le programmazioni di batteria, le acustiche, le elettriche, le tastiere, tutto, gli arrangiamenti. Ho proprio preso in mano la faccenda, poi nella fase di chiusura ho modificato delle cose in studio e nella masterizzazione abbiamo ricantato qualcosa, ma non ho più risuonato niente. Tutto quello che ho registrato è stato registrato in casa, in casa mia, in uno spazio mio.   

Adesso Susanna fai finta che non ci sia Fede qui con noi (risate). Quando hai avuto l’occasione di collaborare con uno dei più grandi chitarristi italiani, cosa hai provato?
LL: Cosa ho pensato? Onorata sicuramente che mi abbia scelto per portare avanti questo progetto. E per me è stata una cosa molto, molto importante perché con i problemi di salute che ho avuto stavo un poco lasciando perdere la musica, non avevo le energie per portare avanti da sola chissà che progetti e a parte. Adesso sto molto meglio, però questa cosa mi ha veramente evitato di smettere e mi ha fatto ritrovare la passione nella musica, per me è stato fondamentale questo incontro con Federico e tutto il seguito, quindi un grande “GRAZIE”. 

Abbiamo il disco, che presentate stasera, stasera, e poi esce in questi giorni. Passi futuri? Avete un altre date?
FP: Domani suoniamo a La Galera di Correggio, che è un altro posto simile a questo, dove c’è un percorso musicale di gente che può amare questo genere. Ecco perché ho scelto lo Sghetto, è un locale dove c’è sperimentazione, c’è elettronica ed è un club che non ricorda la tradizione italiana. Non perché io voglio snobbare questo, ma il nostro è un progetto veramente molto nord europeo. Non voglio dire che chissà cosa abbiamo inventato, però sì, è qualcosa che io non ho ancora sentito e penso che sia veramente interessante. Perché poi, alla fine, i dischi si fanno al tavolino, questa è una situazione pura, con tutti i limiti del caso, ma è assolutamente vera e c’è tanta passione, c’è tutta la mia esperienza che ho accumulato in questi anni, e l’ho messa in un progetto in cui credo, registrandolo con pochi mezzi. Questo disco va promosso al massimo, come del resto è. Ci sono stati degli sforzi economici, c’è un’etichetta che ci crede, c’è una distribuzione che ci crede, abbiamo un ufficio stampa, c’è una squadra che lavora dietro a questo progetto. Quindi è un progetto non buttato lì, non l’avrei mai affrontato. E ti dico questo perché io mi sono di nuovo messo in gioco su una cosa nuova. E dici, ma chi cacchio te lo fa fare? Proprio perché sentivo qualcosa di magico e non l’avrei mai fatto con una roba che era faticoso portarla avanti. Il mio sforzo c’è stato, facendo tutto quello che invece mi fa lavorare normalmente, perché il mio lavoro è il musicista. Però non ho mai perso il fuoco, neanche un secondo, cioè questo progetto è sempre stato un punto di riferimento molto chiaro dall’inizio fino alla fine. Ecco, ho seguito tutti i dettagli facendoli il meglio possibile e secondo me, arrivati oggi col disco in mano e averlo anche messo sul piatto, mi sono reso conto di aver fatto una cosa che è il mio massimo in questo momento. 

Volete aggiungere qualcosa?
LL: Per me questo genere è stata una novità, nel senso che era uno dei generi che avevo approfondito meno nella mia vita. Questa proposta di sound che mi è stata fatta da Federico, però mi ha appassionata molto, quindi è stato un arricchimento.
FP: Io ho sentito che lei aveva questi testi. Scritti, quindi c’era bisogno di qualcosa che era adatto a quello che stavo cercando, nel senso che se tu inizi con dei testi a cercare una melodia, come si fa nella musica pop tradizionale, cioè il testo, cioè una melodia, ti vai a perdere delle volte. Una parte importante che diventa il raccontare, perché devi comunque star dentro ad una metrica per farla funzionare. Ecco, in questo caso lei ha potuto liberare i testi come voleva, naturalmente con dei piccoli accorgimenti, ma le linee e le tematiche son quelle dal primo momento. Come in “E così sia”, un brano dove trovi un loop dall’inizio alla fine e lei gioca con le parole. Naturalmente arriva un ritornello che ha una ciclicità, una ripetizione, ma tutto il resto è libero anche nella stesura. 

MAURIZIO DONINI

Credits:
Federico Poggipollini – chitarre, basso, tastiere, programmazione batteria

Susie Regazzi – voce
Produzione e arrangiamenti
Federico Poggipollini
Prodotto da
Rivertale
Registrato da
Federico Poggipollini presso Clora Studio, Bologna
Mix, master e additional production
Daniele “Didi” Bagnoli presso Bagnoli Bros Recording Studio, Reggio Emilia
Tutti i brani sono composti da
Federico Poggipollini e Susie Regazzi

Musicisti ospiti

Ale Bartoli – elettronica su Capolinea

Alberto Linari – tastiere su Generazione dieta

Elde Lini – violoncello su Offline
Label
Rivertale – Paolo Pagetti
Gestione operativa
Enrica Di Menna
Consulenza strategica
Nicolò Zaganelli
Responsabile comunicazione
Mattia Luconi
Distribuzione digital
Ada Music
Grafica
Francesco Pasculli
Foto copertina (fronte)
Federico Poggipollini
Foto copertina (retro)
Davide Furfaro

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