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DAMIEN McFLY – Intervista al cantante

DAMIEN McFLY – Intervista al cantante

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In vista dell’uscita del suo nuovo singolo “ON OUR OWN”, ho intervistato il cantautore DAMIEN McFLY

Ciao Damien, piacere di averti sulle pagine di Tuttorock, vuoi iniziare a raccontarci quali sono stati i tuoi primi ascolti?
Ciao a tutti, piacere mio! A casa mia quand’ero piccolo ricordo di aver sentito milioni di volte cassette dei Queen, di Lucio Battisti e di aver ascoltato davvero tantissima radio. Negli anni poi mi sono spostato dal rock come Muse, Alter Bridge e i classici Metallica, Guns n’ Roses a Johnny Cash, Dylan.

Il tuo è un nome d’arte o reale?
È un nome d’arte che arriva da un duo che avevo: I Fratelli McFly, con il quale riarrangiavo cover in acustico. Dato che già alcune persone mi conoscevano così ho deciso di tenere il McFly e cambiare il mio vero nome, Damiano, in Damien. 

Come hai deciso di intraprendere la carriera musicale?
Ho avuto la fortuna di essere sempre circondato dalla musica fin da piccolo, suonando prima in chiesa e poi seguendo un po’ le orme di mio fratello maggiore che mi portava ai suoi concerti. Piano piano sono diventato un tecnico del suono e mi dividevo tra studio live e concerti con le mie prime band. Dopo essermi laureato al conservatorio di Padova come tecnico di sala di registrazione ho messo lo sprint, chiuso i progetti con le persone che non avevano la mia stessa visione e ho iniziato l’avventura come Damien McFly. 

Complimenti per la voce, hai preso lezioni di canto?
Poche, davvero poche. Non mi ritengo davvero un bravo cantante e sono convinto che uno dei problemi di tanti sia l’usare la voce come mezzo per portare qualcosa agli altri, più che per far vedere quanti vocalizzi si fanno in 3 secondi. Credo questa sia una lacuna di molti insegnanti, non esiste solo la tecnica altrimenti sentiremmo sempre le stesse voci alla radio. Un’altra cosa in cui credo molto è la gavetta, bisogna provarle tutte, cantare in tutte le situazioni, in tutti gli stati sia fisici che d’animo e allora si impara a conoscersi anche a livello vocale. In ogni caso grazie mille davvero.

La chitarra la usi come accompagnamento o ha un ruolo più importante per te?
La uso principalmente come accompagnamento, non ho mai voluto approfondire troppo lo studio perchè ho sempre preferito scrivere o imparare le basi di un altro strumento al suonare l’assolo perfetto. 

Le tue canzoni sono molto belle, inserire il tuo genere in una sorta di folk-rock, da Sheeran ai Mumford & Sons, a quale artista ti senti più vicino tu come assonanza?
Da quando ho iniziato nel 2013 credo di essere stato davvero molto influenzato dai Mumford & Sons, Lumineers ma anche Ben Howard. Ed Sheeran lo stimo molto ma non l’ho mai considerato come ispirazione a livello musicale, forse più a livello di carriera e umano. Nell’ultimo periodo credo la musica stia cambiando molto e tanti artisti che si ritrovavano “incastrati” in un genere hanno iniziato ad evolversi e a dare valore alla canzone, non più allo stile, cosa che sto facendo moltissimo anch’io nell’ultimo periodo. Un bel pezzo resta sempre un bel pezzo, cambia solo il vestito a volte. 

Hai già viaggiato molto all’estero per suonare, ricordi o aneddoti particolari da raccontare?
Ricordo moltissimo le sensazioni che provavo nei primissimi viaggi in cui tutto era nuovo e c’era sempre questa combinazione di eccitamento/ansia che diventava davvero uno stimolo importante nella scrittura. Per questo cerco sempre di aprirmi nuove strade e nuovi stati in cui suonare. Un aneddoto importante per me è stato quando casualmente a Londra un mio fan mi ha riconosciuto, contando quanti milioni di persone vivano a Londra credo ci fossero davvero uno 0,infinito di possibilità che questo accadesse. Però è successo e sapere che qualcuno da lontano ti pensa, riconosce e stima è stato bellissimo. Un altro aneddoto, più che aneddoto trauma, è successo nel 2018 quando avrei dovuto suonare al NAMM Show a Los Angeles per le chitarre “Cort”, ma a causa di problemi con il mio visto (per loro il Namm show era un mio concerto e non una fiera della musica) mi hanno rispedito in Italia. 

All’estero hai già raccolto grandi soddisfazioni e premi prestigiosi, quale è stato quello che ti è rimasto più impresso?
Sicuramente vincere il Grand Prize nella categoria folk del “John Lennon Songwriting Contest” del 2018 con il brano “Mesmerised” è stata davvero una grandissima soddisfazione ed è una cosa di cui andrò sempre fiero. Già nel 2017 però l’essere stato selezionato come artista indipendente per partecipare al South By Southwest (SXSW) ad Austin mi aveva regalato tantissime emozioni. Partire da un paesino piccolo in Italia, scrivendo in Inglese e andare lì dove quel genere l’hanno inventato e vedere che a qualcuno è piaciuto per me è impagabile. 

A cosa ti ispiri nella composizione delle tue canzoni?
Le mie canzoni parlano principalmente di me, ma non sono monotematiche. Sono la mia rielaborazione delle esperienze che ho vissuto negli ultimi anni, degli amori, dei confronti con culture e persone diverse, della speranza nel cambiamento e della ricerca personale. Ad esempio On Our Own, il mio ultimo singolo è partito dalle sensazioni raccolte nel tour europeo che ho fatto proprio i primi di marzo, la rabbia, l’ansia ma allo stesso tempo la voglia di rivalsa e di cambiare le cose restando uniti.

Progetti futuri?
Ho moltissime canzoni pronte da far uscire quindi avendo messo in stand by per un attimo i live sto cercando di far arrivare sempre musica nuova, sia a chi già mi segue che a persone diverse. Sicuramente poi l’anno prossimo sarà un anno di recupero e in cui (spero) si suonerà davvero tanto.

MAURIZIO DONINI

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