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CIRCLE OF WITCHES – Intervista al cantante, bassista, ex chitarrista e fondatore Mario B …

CIRCLE OF WITCHES – Intervista al cantante, bassista, ex chitarrista e fondatore Mario B …

I Circle Of Witches sono una band campana con circa 20 anni di attività. Tra vari cambi di line-up, il fermo forzato dovuto dalla pandemia, sono ancora in attività con la previsione di un nuovo album e vari concerti live. Ne ho parlato con Mario Bove, fondatore, cantante, bassista ed ex chitarrista della band. Di seguito l’intervista.

Ciao e benvenuto su Tuttorock. Anche se siete una band con più di 20 anni di storia alle spalle, presenta la band ai nostri lettori. Come nascono i Circle Of Witches?
Grazie per l’invito Fabio. Abbiamo quasi 20 anni di storia alle spalle, è vero, ma non siamo certo così famosi da non doverci presentare, ed è sempre un piacere per richiamare alla memoria bei ricordi. Era più o meno fra la fine del 2003 e l’inizio del 2004, avevo diverse cose che mi giravano in testa, già qualche progetto musicale alle spalle più o meno concreto ma sicuramente tantissima voglia di suonare dal vivo. Una manciata di riff sabbathiani, polvere di stoner, tanta oscurità e temi legati ai miei tanti interessi. Così sono nati i Circle of Witches. Ho chiamato un paio di amici con i quali già avevo, separatamente, avuto delle esperienze musicali e ufficialmente abbiamo dato vita a questa band a marzo 2004, sui monti che si affacciano sul golfo di Salerno e la Costiera Amalfitana. Dopo pochi mesi abbiamo iniziato coi primi assordanti live con quattro brani scritti in sala prove e da allora i Circle of Witches non si sono più fermati.

Da dove è venuta l’idea del nome?
Il “cerchio delle streghe” è una particolare conformazione con cui crescono dei funghi. E’ un cerchio all’interno del quale le radici dei funghi, i miceli, rendono erba e terreno più scuri della zona circostante. Sembra una zona bruciata, anticamente si credeva fosse il segno lasciato dal sabba delle streghe. Il fungo è anche l’emblema della cultura lisergica ‘60-70 alla quale ci rifacevamo come gruppo stoner agli inizi. Ho quindi messo insieme occulto, rock ’70 e il richiamo alla figura della strega, colei che si fa portatrice dell’antica sapienza naturale, della controcultura, dell’ancestrale. Non a caso è utilizzata anche come simbolo di liberazione del femminile.

Il vostro ultimo album “Natural Born Sinners” è uscito nel 2019. Sono passati quindi 4 anni, state preparando nuovi brani?
La gestazione di quell’album è stata letteralmente maledetta a causa di problemi avuti col produttore che poi si sono riverberati all’interno della formazione. Quella maledizione ci è rimasta addosso fra continui cambi, le crescenti difficoltà pre e post pandemia che ha riconfigurato priorità, lavoro e vite in generale. Per i 20 anni sto pensando all’uscita di materiale nuovo, in realtà già entro la fine del 2023 vorrei pubblicare qualcosa. Attualmente siamo tornati ad essere un trio come tanti anni fa e qualcosa stiamo provando, ma non sono convinto al 100% del sound. Non avendo obblighi contrattuali, voglio prima di tutto trovare la quadratura del cerchio su questo aspetto. Da un altro lato, onestamente manca anche lo stimolo. I live sono sempre meno, l’interesse del pubblico per le nuove uscite ancora peggio e a volte penso che la musica finisca per essere attesa solo da chi la scrive…

Che direzione musicale seguirà? Ci saranno sempre momenti di doom metal?
Come detto, sto rifinendo il sound. Natural Born Sinners è stato scritto ben prima della travagliata uscita ed era una visione della band di allora. Non mi piace ripetere le formule, anche perché ho molti percorsi espressivi che vorrei sperimentare, alcuni fattibili per i Circle, altri no. Sicuramente i nuovi brani avranno un’affinità maggiore col doom, è una cosa naturale che ho dovuto sempre mediare suonando con altre persone, a volte per nulla avvezzi al genere. Diciamo che buona parte del materiale che sto accumulando è lento, pesante, a volte soffocante.

Di cosa parlano generalmente i vostri testi? So che spesso di eventi
storici, è così?
Ho molti interessi fra cui l’antropologia, la storia, l’horror letterario, l’ambiente. Nei testi dei Circle of Witches ho inserito sia questi temi così come visioni apocalittiche o allegoriche del mondo. L’ultimo album era incentrato per lo più su figure note, reali o di finzione, come Spartaco, Anton LaVey, Giordano Bruno o Lucifero. Me ne sono “servito” per esprimere dei concetti che potessero risuonare i chi leggesse i testi. Da tempo sto riflettendo sul senso della Morte, le cose che ci legano come umanità, il terrore dell’ignoto, la malinconia per la separazione e la scomparsa. Le idee che ho per i prossimi testi non si discosteranno dall’approccio passato, cioè partire da un qualcosa di noto, un fatto, una teoria, un personaggio storico, per intessere un racconto. Non mi è mai piaciuto il “flusso di coscienza”, mi sento più un narratore, quindi scriverò ancora delle storie.

L’attesa per il nuovo album è per via della pandemia che aveva fermato tutto?
Per tante band la pandemia ha coinciso con la fine. Noi siamo, bene o male, sopravvissuti anche se siamo stati fermi per tre lunghissimi anni. Abbiamo perso due tour nel 2020 nel Regno Unito e nell’Est Europa, quando eravamo pronti per recuperare qualcosa, è arrivata la guerra in Ucraina. E’ stato l’ennesimo colpo con un incredibile rialzo di prezzi che, di fatto, ci ha fatto saltare un altro tour che dovevamo tenere a settembre 2022. Gli anni trascorsi hanno fatto sì che chi suonava con me allora trovasse altre strade, dedicandosi con urgenza al lavoro. Ho ricambiato pezzo dopo pezzo elementi, privilegiando in ogni modo i live, soprattutto nel post pandemia quando si sono ripresentate alcune possibilità di tornare a suonare. Quindi sessioni di prove con i vari sostituti, rifiniture e poi concerti. E’ soprattutto questo che ha causato un ritardo nella composizione, unita comunque alla consapevolezza che una vera richiesta di nuovo materiale non c’è. La fruizione della musica è radicalmente cambiata, così come l’attaccamento alle band. Ora come ora forse non ha nemmeno più senso pubblicare un album monolitico ma solo una manciata di singoli a cui dare unità eventualmente in un secondo momento, un po’ come si faceva fino agli anni ’50-60. Si vedrà.

Avete suonato molto dal vivo e avete diviso il palco con tanti nomi del metal mondiale, che ricordi hai di queste esperienze?
Sono tanti, a volte mi sfuggono i nomi, anche perché fra concerti visti e suonati inizio a volte a fare confusione. Posso dire che confermo quanto detto da tanti altri, i GRANDI sono anche i più umili, non si fanno problemi, non hanno pretese assurde, chiacchierano e bevono come fossimo compagni. E’ stato così con i Dark Tranquillity, i musicisti di Udo (che ci hanno confidato anche tanti trucchetti del music business…), i Melechesh, i Candlemass, gli Hell o i Sacrilege. Poi ti confronti con altri che hanno solo la fortuna di aver iniziato a suonare nell’epoca d’oro, li vedi camminare a 3 metri da terra, salutano a monosillabi, fanno storie sulla strumentazione, la sala, il catering, il numero di biglietti, la grandezza del logo sulla locandina… Io non mi aspetto mai nulla di buono da nessuno in questo ambiente ma quando delle persone confermano certi preconcetti, spostano sempre più in basso le mie aspettative. E spesso sono musicisti che non possono permettersi di avanzare nessuna pretesa ma solo dire grazie agli organizzatori se vengono presi in considerazione.

Quella che ti è rimasta più nel cuore?
Mi piace molto ricordare la regina del metal, Doro Pesch. Abbiamo suonato con lei in alcune date in Russia (quando si poteva…) ed è stata un’esperienza straordinaria. Lei è un’atleta, sempre bella e profumata anche dopo 3 ore intense di concerto. Lo stesso non si poteva dire dei suoi musicisti che a fine concerto erano stremati, anche se sempre perfetti nell’esecuzione. Sul piano umano, per quel poco che ho potuto vedere, sembra una persona molto alla mano, sorridente e radiosa, ci incrociammo la prima volta nell’albergo dove pernottavamo e si fermò a parlare un po’ con noi, dicendosi contenta che fossimo il suo supporto. Chiaramente, non ci conosceva, erano frasi di circostanza, ma delle decine di gruppi più o meno grandi con cui abbiamo suonato, pochi si sono presi quei dieci minuti di conversazione per interessarsi a noi. Questa cosa mi colpì molto.

Avete partecipato anche a vari festival anche all’estero, anche in questo caso vi chiedo quale è stata la migliore esperienza?
Sul piano professionale sicuramente il Metal Frenzy Open Air in Germania nel 2016, ogni cosa precisamente scandita e ben organizzata. La cosa “divertente” fu che tutti gruppi prima e dopo noi suonavano death metal (Decapitated, Dark Tranquillity, Melechesh, Torturized, Maat…) e solo noi eravamo i più “leggeri”. Siamo però rimasti impressi proprio perché eravamo totalmente diversi dagli altri.

Le vostre principali influenze musicali?
Nel corso degli anni abbiamo cambiato molto il nostro stile anche se forse la costante di fondo del sound Circle of Witches sono i Black Sabbath. Siamo partiti come una band stoner rock, aumentando poi volumi, distorsioni, violenza e siamo approdati verso un heavy metal con influenze doom. Nei brani puoi ascoltare influenze che vanno dalla NWOBHM ai Motorhead, dai Judas Priest ai Candlemass così come i Gran Magus o i Nebula, a seconda del periodo.

Progetti futuri?
Il futuro non posso che vederlo nero. Non è qualcosa che piaccia leggere in un’intervista, ma sono molto pessimista proprio per quello che sto vedendo accadere intorno e nel mondo. Formazioni consolidate devono rinunciare ai tour per via dei costi, band che stavano per uscire dall’underground esplodono e ogni membro prende la sua strada, il settore dei live è praticamente ingabbiato fra promoter, “direttori artistici”, agenzie che lavorano solo con gli slot, etichette che scaricano sulle band con la “coproduzione” di album senza interesse per la promozione e la vendita di copie, nei fatti, pagati dalle band. Ci sono sempre delle eccezioni sempre più rare e sconfitte dalla concorrenza di chi pensa solo a spennare chi investe nella propria passione. In questo contesto il pubblico è completamente polverizzato. Tanti ascoltano troppa roba, c’è sicuramente tanta qualità, ma non si realizza la possibilità di supportare nessuno. Con una consapevolezza del genere in questo momento non penso molto al futuro. Piuttosto, sono concentrato sul presente. Ora la mia priorità è dare solidità alla band. In passato ho programmato e mi sono speso tantissimo per portare avanti il gruppo, mentre gli altri hanno avuto priorità diverse (famiglia, lavoro, studio…). La cosa peggiore della musica è che devi farla per forza con qualcun altro e la difficoltà maggiore è trovare le persone con cui poter costruire un progetto, la vivono tutti nel settore. La soluzione potrebbe essere quella di assoldare dei turnisti e rendere definitivamente i Circle of Witches un progetto personale e non una band. Forse sbaglio, ma non è questo il mio obiettivo. Inoltre, pur volendo non ho tutte queste risorse finanziarie…

Tornerete presto su un palco?
Certo, i Circle of Witches sono una band live. Salvo la pandemia non ci si siamo MAI fermati nonostante i numerosi cambi di formazione, anche repentini. Parteciperemo ad alcuni eventi questa estate, il primo dei quali a Roma il 24 giugno. Il nostro management sta pianificando un po’ di cose per la stagione autunno/inverno con più spazi rispetto alla stagione dei festival.

Cosa pensi dell’attuale scena metal italiana e della situazione dei concerti?
Dopo la pandemia tanti locali che già zoppicavano prima hanno definitivamente chiuso i battenti. Questo nei grandi centri come nei piccoli paesi. La Campania, la regione dalla quale proveniamo, non fa eccezione anche se è arrivata al 2020 che già aveva visto la sparizione di tante sale. Lo stesso dicasi per tante band. La vita procede, noi invecchiamo e abbiamo le bollette da pagare. La musica spesso si riduce ad un hobby molto costoso che non tutti riescono a portare avanti. C’è chi sceglie di metterla da parte per lavorare o per non sottrarre tempo e attenzioni alla famiglia, c’è chi sceglie di mettere tutto in secondo piano facendo quadrare i conti. Qualcuno riesce anche ad arrotondare con la normale attività concertistica e un lavoro da libero professionista nella musica. Ho visto anche affievolirsi la presenza delle webzine e di alcune riviste in giro. Gli eventi trovano nuove formule per sopravvivere. La scena mi sembra permanere in un momento di stasi che auspicabilmente prelude ad una riconfigurazione. Parlando con diversi amici in Europa, la situazione è problematica anche altrove, anche nella florida Germania dove il metal ha sempre goduto di ottima salute.

Chiudi l’intervista come vouoi, un messaggio ai nostri lettori per avvicinarsi alla vostra musica.
Che ascoltiate la nostra musica o quella di altri gruppi, il vostro supporto sincero e solido è fondamentale, non sottovalutato. Siete voi che scegliete chi può essere il nuovo big e chi no. Non bisogna però farsi prendere dalla bulimia o dal collezionismo di nomi che le infinite possibilità dello streaming offrono. Le band hanno bisogno di supporter non di like superficiali, di persone ai concerti, di vendite, passaparola. Il successo dei nomi del passato è stato costruito così, con le masse radunate intorno a loro. Se così non tornerà ad essere, ci ridurremo ad essere un carrozzone virtuale di musicisti da pc.

FABIO LOFFREDO

Band:
Mario Bove: Voce e basso (fondatore ed ex chitarrista)
Marco Monaco: Chitarra
Tullio Carleo: Batteria e programmingh

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