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Amalfitano: “Tienimi la mano, diva” esaltazione di una bellezza senza tempo

Amalfitano: “Tienimi la mano, diva” esaltazione di una bellezza senza tempo

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Gabriele Mencacci, in arte “Amalfitano” ci racconta il suo nuovo album solista “Tienimi la mano, diva”. Poesia, poliamore e…

Sei Amalfitano di cognome… ma di fatto sei un romano si può quasi dire “naturalizzato” palermitano. Mi racconti la tua diaspora musicale?

Sì, sono di Roma ma possiamo dire che mi sono “naturalizzato” palermitano solo per un anno, in realtà Palermo è stata la via esotica per iniziare, da lontano, il progetto solista e allontanarmi da Roma e tutto quello che era il mio mondo nei Joe Victor.

Un cambio d’abito non indifferente: dal classic rock con venature folk-americane alla carriera solista. Quali le motivazioni dietro a questa scelta?

Di base c’è stato un cambio di vita, un figlio, una separazione, la fine dei vent’anni, qualche annetto un po’ senza regole, capire di aver dedicato la mia vita alla musica e in più i Joe Victor che stavano per sciogliersi. Tutte queste cose erano troppe e tutte insieme, per raccontare la vita in una lingua non mia, è stato praticamente naturale.

Cantavi in inglese, ora in italiano. Hai incontrato ostacoli?

Durante il percorso con i Joe Victor, e anche prima, ho sempre scritto canzoni in italiano con più o meno frequenza e che mi potevano sembrare abbastanza buone oppure no. Era una cosa naturale, perché sono italiano e amo scrivere canzoni. Quando però la mia vita per motivi personali stava cambiando di parecchio e quando ho sentito che il progetto dei Joe Victor stava per finire, ho iniziato a scrivere con più intensità in italiano perché riuscivo meglio a descrivere quello che provavo mentre lo vivevo.

Scrittura eclettica. Il tuo stile cantautorale dondola dolcemente tra la tenerezza, l’ironia colta e il lirismo quasi beat. Con espressioni evocative ma al contempo anche immediate e sagaci…

Scrivo un misto di cose che vedo, mischiato a sensazioni, come un cut up, ma più emotivo.
E spesso guardando da fuori cosa esce fuori mi fa anche ridere.

“Tienimi la mano, diva”: come mai questo titolo ispirato ad una femme fatale d’altri tempi?

Più che una femme fatale è La femme fatale, il concetto è preso dalle invocazioni classiche alle muse prima di intraprendere un percorso poetico, e in questo caso proprio ad Afrodite, dea dell’amore e della bellezza. Le chiedo di tenermi la mano, perchè altrimenti cadrei, perchè ad un certo punto ho come capito che l’amore e la bellezza sono tanto elementi positivi del nostro universo quanto i mezzi più potenti per stregare e manipolare chiunque. Io non so se ne sono stato completamente schiacciato o se ne sono stato abbandonato, chiedo aiuto, o un po’ di chiarezza. Ma anche in questo caso è divertente vedere le cose in questa prospettiva non è solo spaventoso e crudele, c’è ironia.

Riesci a combinare efficacemente la canzonetta italiana anni ’70 genere Rino Gaetano, Lucio Battisti, Marco Ferradini e Franco Battiato… musica leggera fatta per tenersi “lietamente occupati”, ad un lato rock oscuro più profondo e graffiante. Quale il tuo segreto per tenere insieme questa costellazione di elementi senza evitare che collassino su sé stessi?

Segreti non ne ho, non ne ho mai avuti in niente. Faccio solo quello che mi piace, e che abbia un senso in base alle mie emozioni. Scelgo dallo scaffale delle cose che mi fanno vibrare le metto insieme e vedo se alla fine sta in piedi. Come un bambino che monta un Lego senza istruzioni, che ne so, fa un palazzo alto un po’ storto con delle ruote sormontato da un cavallo, ma il palazzo ha anche le ali da drago, a lui gli piace e in quel momento vuole solo che stia in piedi, oppure volare.

Ascoltando “Francesca Bianchi” mi sono chiesta se questa persona esistesse veramente. E Stefano Soldati?

Non esisitono, per me sono nomi, sono i personaggi di un momento di poliamore, oggi si chiama così, perchè proprio in uno di quei momenti, un tempo si sarebbe detto baccanale, o dionisiaco, oppure un orgia, la situazione diventa mentalemente e fisicamente tutta così intrecciata che ognuno diventa l’altro, per qualche attimo Stefano diventa Francesca fluidità. E ironia.

Degli otto brani proposti due – Fosforo e Tenerezza – sono cantati insieme a Francesco Bianconi (Baustelle). Come vi siete conosciuti?

Io e Francesco ci siamo conosciuti in quell’anno che ero in Sugar, abbiamo preso appuntamento in un bar sotto il suo studio e ci siamo trovati subito, soprattutto umanamente.

Come hai giudicato condividere il microfono con questa “ingombrante” personalità barocca?

Sono sempre stato un suo fan, ma non lo trovo ingombrante, è veramente un grande artista che conosce l’arte dell’elasticità riempie gli spazi lasciati vuoti così da trovare sempre un equilibrio con ciò che gli sta intorno.

Cosa hai imparato da lui?

La cura nei dettagli che non sembra ma cambiano le grandi cose, ma soprattutto che si può rimanere veramente se stessi e innamorati della musica, della scrittura, del linguaggio e delle canzoni anche dopo tanti anni.

E tu cosa gli hai insegnato?

Questo proprio non lo so. Lo dovreste chiedere a lui.

Con quali altri musicisti hai collaborato per la realizzazione del disco?

Con Guglielmo Senatore con cui suoniamo insieme dai Joe Victor alla batteria, Giorgio Maria Condemi alla chitarra e al basso, e Simone Colasante alle tastiere per nominare i principali, per me sono i migliori musicisti con cui ho mai suonato, difficilmente potrei immaginarmi le mie canzoni senza di loro.

Bianconi insieme a Ivan Rossi si è occupato anche della produzione. Sei soddisfatto del risultato finale?

Si Ivan ha fatto un lavoro magistrale, perchè anche lui, come Francesco, si è veramente innamorato delle canzoni, le ha sentite sotto pelle come le potrei sentire io e con una premessa del genere non potrei non essere soddisfatto.

Dove potremo incontrarti a breve?

il 20 Marzo suonerò a Roma, il 14 Aprile a Catania, ma le date stanno iniziando ad arrivare, è ancora una sorpresa anche per me.

Ti ringrazio per il tuo tempo e ti auguro in bocca al lupo per il tuo ultimo album.

Grazie a voi, e crepi il lupo.

SUSANNA ZANDONÀ