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TRIDENT FEST Crying Steel, Tarchon Fist, Danger Zone @ The Factory, S.Martino Buon Albergo

TRIDENT FEST Crying Steel, Tarchon Fist, Danger Zone @ The Factory, S.Martino Buon Albergo

TRIDENT FEST: Crying Steel + Tarchon Fist + Danger Zone @ The Factory, San Martino Buon Albergo (VR) 3/09/2021

L’ heavy metal Bolognese alla conquista di Verona! Organizzato e promosso dalla sempre puntuale Rocknrolla, il Trident Fest si propone di tenere alta la bandiera – anzi, il tridente – dell’ hard n’ heavy felsineo portando a pochissimi chilometri da Verona un trittico di band storiche come Crying Steel, Danger Zone e Tarchon Fist; a parte per questi ultimi – reduci da un festival in Germania lo scorso luglio – si tratta del primo concerto dopo quasi due anni di stop! I nomi in cartellone, la location, l’organizzazione, la lunga attesa e la voglia di tornare a vedere un concerto… solo questi fattori dovrebbero potere garantire una grande partecipazione del popolo metal veronese e non, per una serata che si prospetta davvero incandescente. E infatti appena aperti i cancelli qualcuno comincia ad arrivare – e la cosa fa ben sperare: per accedere all’interno del Factory bisogna prenotare in anticipo e munirsi di tessera, dopodiché ovviamente mostrare il Green Pass e quindi viene assegnato un posto a sedere – e lo spazio per stare seduti comodi e a distanza non manca di certo. Quando però i Crying Steel irrompono sul palco, la sala è mezza vuota, e raggiungerà il picco solo con l’esibizione dei Tarchon Fist (non più di una cinquantina di persone però) e purtroppo svuotandosi ulteriormente poco prima dell’ingresso dei Danger Zone – un enorme peccato davvero, oltre che una mancanza di rispetto per musicisti che hanno fatto storia in Italia, ma si sa che non si è mai profeti in casa propria. Chi c’era ha però dato il massimo per supportare i propri beniamini, alcuni seguendo le band direttamente da Bologna o macinando chilometri per rivederli dal vivo – ciò fa veramente onore a chi ha ancora voglia di godersi un evento del genere, nonostante tutte le difficoltà e “stranezze” della situazione e del periodo storico che stiamo vivendo. Ma veniamo alla cosa più importante, l’esibizione delle band.

Leggermente in ritardo complice un soundcheck un po’ più lungo del previsto salgono sul palco i Crying Steel – ed è come se non ne fossero mai scesi: a parte un po’ di naturale spaesamento iniziale hanno dominato la scena con grande esperienza ed in modo molto professionale, divertendosi tantissimo assieme al pubblico. Mirko Bacchilega dimostra di sapersi destreggiare al meglio sia con i brani più recenti, cantati dal compianto Tony Mills, su Stay Steel (2018) che su brani storici quali Raptor, Next time don’t lie o la vigorosa Thundergods – degna chiusura di una scaletta che fa tremare le fondamenta della terra. Franco Nipoti è sempre una garanzia: preciso, dinamico e partecipe così come JJ Frati, l’altra ascia del combo siderurgico – pronto a muoversi sul palco e a duettare ora con Franco, ora con Angelo. Proprio Angelo Franchini assieme a Luca Ferri forma una sezione ritmica solidissima, devastante ed inarrestabile, il tempo per loro non sembra affatto essere passato ed è bello vederli divertirsi e coinvolgere così il pubblico. Tra brani recenti da proporre – Hammerfall e Killer inside – e vecchi inni come i già citati Raptor e Next time don’t lie c’è spazio anche per una piccola anteprima, la nuova canzone dal titolo Hell is not a bad place introdotta dal buon Mirko che spiega come l’idea sia venuta fuori durante il periodo del lockdown e che farà da preludio ad un album già in costruzione. La canzone – complice anche il cantato di Mirko – sembra portare i Crying Steel su una direzione più “americana”, ma è difficile rendersene completamente conto: fatto sta che il brano risulta fresco e convincente – attendiamo il resto quanto prima! Seguono tre brani devastanti come la tambureggiante Rockin’ train (unico estratto da Time Stands Steel del 2013), Running like a wolf e la mitologica Thundergods: si chiude quindi in bellezza e con entusiasmo si applaude la storica band bolognese che ancora una volta non delude i presenti.

E’ il momento dei Tarchon Fist: interrotti a Vienna nel loro tour del 2020 di spalla ai Lordi causa diffondersi della pandemia non sono rimasti con le mani in mano, anche loro stanno pensando al futuro lavorando su brani nuovi. Nel frattempo sono ritornati in Germania a Luglio, partecipando al Freibad Bornekamp Open Air nei pressi di Dortmund ed in attesa del successivo Heavy Headbangers Fest, previsto per il 2 ottobre sempre in Germania, a Manheim. Tra un bretzel e l’altro i nostri impegnatissimi Tarchon Fist riescono a mettere piede anche su un palco italiano – e lo fanno con la grinta e la professionalità che li contraddistingue: sono passate le 22 quando la band attacca con il classicone Eyes of wolf.
La sala si è un po’ riempita, molti dei presenti sono qui per loro e questo carica ancora di più i 5 musicisti che offrono una prestazione solida e divertente – la summa di quello che un concerto metal dovrebbe essere, pur con una audience giocoforza più statica del solito ma non per questo meno partecipe. La scaletta  è ben bilanciata proponendo in alternanza brani dell’ultimo album Apocalypse (Titan of the forest o Sky rider – di cui è stato presentato da poco un lyric video) a brani storici come We are legion, It’s my world o l’inno conclusivo Proud to be dinosaurs. Lucio Tattini sa dominare la scena, e tenere il palco da vero Boss – il cantante Mirco Ramondo e il bassista Marco Pazzini non sono da meno, sempre in prima linea ad arringare il pubblico mentre il fantasmagorico Sergio Rizzo incendia l’atmosfera grazie alle note della sua chitarra. Ultimo ma non ultimo Giacomo Lauretani offre una prestazione molto valida dimostrando di essersi inserito alla grande sul treno dei Tarchon Fist, ormai in piena corsa da parecchio tempo e che non accenna a volersi fermare – nemmeno a causa della pandemia: l’ora scarsa di concerto lo dimostra appieno e il pubblico ha saputo apprezzare e ricambiare con grande affetto ed energia.

E’ il momento dei Danger Zone, band dalla qualità immensa che da sempre ha raccolto molto meno di quanto avrebbe meritato e stasera purtroppo nonostante il (o forse a causa del) weekend imminente salgono sul palco a seconda serata inoltrata davanti ad un pubblico ormai scarso – ma non certo stanco. Come dicevo è stato davvero brutto vedere il Factory svuotarsi subito dopo i Tarchon Fist – a maggior ragione perché il menù prevedeva una portata davvero molto succulenta, ma la band capitanata da Roberto Priori (sempre magistrale ed impeccabile nella sua esibizione) non si è certamente tirata indietro e ha suonato un set di dieci brani con grande voglia ed intensità come se quella trentina di persone fossero trentamila, coinvolgendo i presenti e lasciandosi coinvolgere da essi. Giacomo Gigantelli è sempre un grande frontman e non risparmia nemmeno una goccia di sudore, dialoga col pubblico, plaude i fonici – che dopo qualche problema di bilanciamento iniziale hanno trovato la quadra del cerchio sonoro, lancia alla grande i brani in scaletta che prevede un buon compromesso tra l’ultimo album Don’t count on heroes ed il precedente Closer to heaven. Si parte infatti con Turn it up seguita da I love crazy, tratte da quest’ultima opera– per poi presentare il brano che ha fatto da apripista al loro più recente lavoro, cioè Demon or Saint; i Danger Zone sono in gran forma, felici e straniti di essere di nuovo sul palco: Danilo Faggiolino è sempre con il sorriso stampato in volto, pronto a godersi ogni minuto del concerto, Pier Mazzini è super concentrato e sempre all’altezza della situazione, pronto a supportare la band con le sue tastiere e le sue seconde voci. Lo si sente eccome anche nei brani meno recenti, come la bella Half a chance o la oscura Undying, mentre spicca alla grande anche la sessione ritmica composta da Matteo Minghetti al basso e da Paolo Palmieri (la tranquillità fatta persona dietro le pelli) alla batteria soprattutto su brani più dinamici come GO (Closer to heaven) o la fantastica Faster than love. Nessun brano dal mitologico album Line of fire – la scaletta è comunque fluida, divertente ed efficace: il concerto finisce dopo l’ora delle streghe ma ha lasciato la voglia di poterne vedere un altro molto presto: i Danger Zone sono tornati in pista e non c’è verso di fermarli finché dimostreranno questa forza ed entusiasmo!

Il Trident Fest si conclude qui, quindi – tra luci ed ombre: le luci di tre band che hanno dato il massimo, si sono divertite ed hanno fatto divertire e le ombre di una partecipazione bassa in numero seppur grande in risposta. Vi sarà però una seconda occasione: il Trident replicherà ad ottobre (il 16) al Vidia Club di Cesena: nessuna scusa quindi, sarà una serata epica a cui non si potrà mancare!

SANTI LIBRA

Credits: si ringrazia Rock’n’Rolla per la gentilissima disponibilità e la perfetta organizzazione dell’evento.

Crying Steel:
Mirko Bacchilega – voce
Franco Nipoti – chitarra
JJ Frati – chitarra
Angelo Franchini – basso
Luca Ferri – batteria

Scaletta:
– Hammerfall
– Killer inside
– Let it down
– Raptor
– Next time don’t lie
– Hell is not a bad place
– Rockin’ train
– Running like a wolf
– Thundergods

Tarchon Fist:
Mirco Ramondo – voce
Lucio Tattini – chitarra
Sergio Rizzo – chitarra
Marco Pazzini – basso
Giacomo Lauretani – batteria

Scaletta:
– Eyes of wolf
– We are the legion
– Metal detector
– It’s my world
– Play it loud
– Sky rider
– Sweet lady rose
– Titan of the forest
– Proud to be dinosaurs

Danger Zone:
Giacomo Gigantelli – voce
Roberto Priori – chitarra
Danilo Faggiolino – chitarra
Pier Mazzini – tastiere
Matteo Minghetti – basso
Paolo Palmieri – batteria

Scaletta:
– Turn it up
– I love crazy
– Demon or saint
– Half a chance
– I’m all in
– Go (Closer to heaven)
– Undying
– Faster than love
– T’night
– Breakaway