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PIER BERNARDI – Intervista su Say Yeah

PIER BERNARDI – Intervista su Say Yeah

In occasione dell’uscita del suo terzo singolo, “Say Yeah“, ho intervistato il bassista PIER BERNARDI.

Ciao Pier, vuoi cominciare raccontandomi come ti sei avvicinato alla musica?
Allora, verso i 5 anni mia madre mi iscrisse a un corso di chitarra, ma io con quello strumento non mi ci trovavo proprio. In realtà mi piaceva molto l’idea di giocare a basket, e poco quella di suonare. In classe con me c’era un ragazzo che suonava il basso, e fui colpito dalla bellezza dello strumento e dal suono che si riusciva a produrre. Andai da mia madre chiedendole di comprarmi quello che poi fu il mio primo basso; appena preso in mano fu amore a prima vista. In seguito mi sono laureato al CMP di Milano, diretto da Franco Mussida; e successivamente ho aperto una scuola di musica qui a S.Ilario d’Enza, che si chiama “School of rock”, aperta a tutti i ragazzi e la cosa mi ha stimolato davvero molto. In mezzo, prima dell’apertura della scuola, c’è stata tutta la gavetta solita, cover band, le prime band con cui ho vinto tanti premi. Attorno ai 25 anni ho avuto il mio prima ingaggio da professionista con i Rats di Wilko, che volevano fare la réunion, ma avevano il problema che il loro bassista si era trasferito in America e quindi era impossibilitato a essere presente. 

Un esordio mica da poco, con i mitici Rats.
Esatto, poi da lì sono partite tutte le successive collaborazioni che ho fatto, ho conosciuto Giovanni Amighetti che è diventato il mio produttore, con cui ho fatto il mio primo album da solista, Re-Birth del 2017, registrato al Dudemusic di Correggio con Martin Kent “Ace” (Skunk Anansie) e Michael Urbano. Una molto bella fu con le Custodie Cautelari, che avevano la formazione base, poi di volta in volta chiamavano dei chitarristi, Burns, Poggipollini, Scarpato, Solieri. 

I musicisti che ti hanno ispirato di più?
Mi piacevano molto, anche se non li suonavo più di tanto, Aerosmith, Guns, quel genere hard-rock insomma. Poi sono arrivati i Red Hot Chili Peppers, e fu amore a prima vista! Decisi che volevo suonare come Flea e avere una band con quel suono, così fondai una delle mie prime band, i Malastrana, Under the bridge è tuttora una delle canzoni che suono più spesso per rilassarmi. Mi piacevano molto i Rage Against The Machine, e ti dico che ascoltavo anche il rap anni ’90, ma quello americano, tipo Fugees e Jay-z. Da questa mia passione per la musica nera si comprende perché negli ultimi singoli che ho registrato ho voluto la cantante ivoriana Prudence. 

Molto importante anche il progetto Art Of Frequency, con l’astrofisico e ricercatore della NASA, Michele Vallisneri.
E’ stato un progetto molto interessante commissionato al mio produttore, per cui dovevamo fare della musica strumentale per un laboratorio della NASA, poi questo progetto “Arts of frequency” si trasformò nel “Fermi paradox”. Si tratta di colonne sonore che la NASA utilizzerà in documentari, ricordo che c’erano David Rhodes alla chitarra, Paolo Vinaccia alla batteria e Roger Ludvigsen. Più che sugli accordi, dovevamo concentrarci sulle emozioni da trasmettere. 

Veniamo al tuo nuovo singolo, Say yeah, che segue Black and White e Eyes, sempre con Prudence. Un bel brano rock con un bel ritmo. Ma è cantato in francese?
Gli altri due erano un poco in inglese e un poco in francese, in questo caso ho voluto che si esprimesse liberamente, lei mi ha proposto di farla in francese e il risultato è stato ottimo. In realtà ne abbiamo registrate anche altre di canzoni, che non abbiamo ancora fatto uscire. Oltre avere una band molto brava, ho voluto unire il sound della west-coast con un ritmo saltellante alternato a momenti in cui mettere in evidenza la sua splendida voce. Sono rimasto felicemente sorpreso che abbia totalizzato 4.500 visualizzazioni nei soli primi 4 giorni. 

A livello di testo invece cosa hai voluto comunicare?
In tutti e tre i brani è la rivoluzione delle piccole cose, non è necessario essere sempre così competitivi da dovere avere tutto e subito. Say yeah è una storia d’amore dove lui promette che ci sarà sempre, anche nei momenti difficili, ma quando viene il momento invece sarà assente. Quando vengono a mancare le piccole cose, è peggio che non avere mai suonato a San Siro. 

Questi tre singoli sono un punto di partenza? Entreranno in un EP o LP?
Ancora non lo so, questi sono un trittico a sé stante in realtà. Potrei ricominciare da zero, o, come mi hanno proposto, fare un disco strumentale con Roberto Gualdi, Luca Nobis e Giovanni Amighetti, che non c’entrerebbe nulla con Prudence, ma si riallaccerebbe al mio primo disco.  Avrei poi una voglia nascosta, di fare dei pezzi dove canto io, che sono bravo, ma non sono un cantante; quindi, dal vivo non so come funzionerebbe. Penso che probabilmente mi terrò sull’opzione del disco strumentale, andando poi in tour con loro. Se non dovessi uscire con il disco prima della primavera-estate, probabilmente sarò in tour con loro come E-Wired Empathy.

MAURIZIO DONINI 

Band:
PIER BERNARDI

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