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MARCO SIMONCELLI – Intervista al cantautore e armonicista

MARCO SIMONCELLI – Intervista al cantautore e armonicista

In occasione dell’uscita del suo nuovo disco “Breejo” (Abeat Records), ho avuto il piacere di fare una simpatica chiacchierata con Marco Simoncelli, cantautore lombardo di respiro internazionale e talento dell’armonica, che spazia dal blues al rock, passando per il jazz.

Ciao Marco, benvenuto su Tuttorock, iniziamo parlando di questo tuo nuovo album, “Breejo”, da me molto apprezzato, innanzitutto, come mai hai scelto questo titolo?

Grazie! Il titolo arriva dai miei gatti, tutti quelli che sono transitati per casa per me sono i Breeji… Breejo se maschio, Breeja se femmina… all’anagrafe Silvestro e Gemma (nel disegno di copertina) per me sono solo il Breejo e la Breeja (ride -ndr). Lo so che suona folle, ma questo disco che mi rappresenta l’ho voluto chiamare come un gatto; a proposito, Silvestro recita anche nel videoclip di Green Pass.

11 brani scritti in quale lasso di tempo?

Beh dai…solo 9, due sono cover (ride -ndr), questi 9 brani, a parte Overall che nasce nel 2019, tutti scritti di pancia tra settembre e novembre 2021.

È già uscito un singolo, “Green Pass”, che riscontri stai avendo?

Devo dire molto buoni, avevo l’impressione (ero sicuro) che fosse un argomento di cui si sarebbe discusso anche nel periodo postpandemia e cosi’ è stato.  L’arrangiamento di questa canzone entra subito nelle orecchie e mi viene fatto notare che il tormentone ‘Green Pass Green Pass eccetera…’ conquista di primo acchito i miei ascoltatori… che però poi si fermano a rifletterci sopra e vanno oltre la canzonetta, sono sinceramente colpito dal ritorno che ho di questo singolo.

Solitamente un tuo brano nasce da un tema, da una parola, da un accordo, o ognuno di essi ha una genesi che lo differenzia dagli altri?

Difficile rispondere a questa domanda, se ci rifletto sopra devo dirti che spesso mi suonano in testa dei riff (si nota particolarmente in canzoni come Green Pass, Joke on me, I miss you) o delle melodie (vedi Barcode Freedom e.g.). Questi riff li sviluppo prevalentemente con l’armonica a bocca, e su questi diciamo che le parole ci saltano un po’ sopra per conto loro, almeno le parole principali che connotano la canzone nella sua stesura definitiva… da lì in avanti ci ricamo intorno melodie più complesse, accordi, arrangiamento eccetera. Nel caso di Breejo con una grossa mano da parte di Biagio Sturiale che ha prodotto l’album insieme a me.

La copertina da chi è stata realizzata?

Il disegno da mia moglie Giorgia, che ha centrato questa bozza che mi rappresenta a 360°, mentre tutta la parte grafica dell’album è stata curata da Edi Calegari.

Quando e com’è avvenuto il tuo avvicinamento al mondo della musica?

Da bimbo, mamma e papà hanno assecondato le mie inclinazioni e mi hanno iscritto a scuola di pianoforte, bravi genitore 1 e genitore 2! (ride -ndr)

Qual è stata invece la scintilla che ti ha portato verso l’armonica?

Più che una scintilla è stata una scommessa: Alberto Colombo (mio cugino e chitarrista in alcuni brani dell’album) mi ha coinvolto in una band di blues, avevamo 18 anni, chiedendomi di cantare e di suonare l’armonica dopodichè, dopo un paio di settimane, mi ha scaricato perchè non ero capace… e vorrei ben vedere! Diciamo che sono un tignoso e con il tempo gli ho dimostrato che ce la potevo fare, mi pare sia andata a finir bene a conti fatti.

Tu che hai vissuto e suonato in tutta Europa, come ti spieghi il fenomeno di esterofilia che abbiamo nel nostro paese in cui molto spesso ho visto club semivuoti quando si esibivano validissimi artisti italiani e, al contrario, veri e propri pienoni nel caso di proposte non sempre di ottimo livello provenienti da altri paesi?

Bellissima domanda, qui ci vorrebbero delle competenze nel campo delle scienze umane che non possiedo ma provo a darti la mia interpretazione circa i comportamenti del pubblico/artisti italiani.

1) Innanzitutto per indole siamo attratti dall’esotico, ci pare sempre che ciò che arriva da fuori sia sempre meglio di quel che abbiamo in casa e questo sarà anche un fatto storico dato che l’Italia è stata conquistata in lungo ed in largo da chiunque nel corso dei secoli.

2) In aggiunta la tv e la didattica nelle scuole degli ultimi 30 anni hanno disabituato le persone a riconoscere il bello dal brutto, se ti mancano gli strumenti per comprendere quello che stai ascoltando ritorni immediatamente dal punto 2 al punto 1, però sarà mica tutta colpa del pubblico?

3) Vedo molti artisti italiani (parlo di indipendenti, lasciamo stare il mainstream) che non curano in maniera puntuale l’immagine, la comunicazione, lo stile; in questo gli artisti stranieri, in generale, sono più professionali, ergo il pubblico che si trova davanti l’artista nostrano a cui però non riesce a conferire un’aurea da artista con la A maiuscola poi ritorna al punto 2 ed al punto 1 ed il giro dell’oca si ripete.

A proposito di queste esperienze all’estero, ce n’è una in particolare che ti va di raccontarci?

Mah, diciamo che è stato particolarmente bello quando in Portogallo ho fatto da spalla agli Animals (quello che rimane della storica band) e sono stato invitato a suonare ‘House of the Rising Sun’, lì è stato un bel momento. Però devo ammettere che suonare in Europa, soprattutto per il pubblico tedesco, ti dà sempre una bella carica.

Con quale formazione ti presenterai sul palco per le date di promozione del disco?

Sto facendo in modo di coinvolgere quasi tutti gli elementi che mi hanno aiutato a realizzare il disco ma non è semplice, sono tutti professionisti spesso impegnati in tournée importanti. Fatemi diventare famoso così mi danno l’esclusiva!! (ride -ndr)

Grazie mille per il tuo tempo, vuoi aggiungere qualcosa per chiudere l’intervista?

Vorrei ringraziare te e la redazione per avermi concesso questo spazio innanzitutto e saluto tutti i lettori rivolgendo loro la preghiera di divulgare e promuovere l’ascolto della (bella) musica, in particolare verso le nuove generazioni, ce n’è tanto bisogno, soprattutto di questi tempi.

Un abbraccio, ciao

MARCO PRITONI