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MARCELLO CAPOZZI – Il musicista napoletano presenta “Offshore”

MARCELLO CAPOZZI – Il musicista napoletano presenta “Offshore”

In occasione dell’uscita di “Offshore” (I DISCHI DEL MINOLLO), un lavoro unitario che ha un unico personaggio per tutta la narrazione, tra Italia, Inghilterra e altre dimensioni, ho avuto il piacere di intervistare Marcello Capozzi, musicista, autore e produttore nato a Napoli.

Il suo album d’esordio “Sciopero” (Seahorse Recordings / Audioglobe) fu inserito nelle pre-selezioni del Premio Tenco 2014 nella categoria Migliore Opera Prima, dandogli l’occasione di suonare in svariate rassegne in giro per l’Italia, aprendo concerti di Cesare Basile, Marlene Kuntz e Paolo Benvegnù.

A inizio 2015, nel pieno della fase compositiva del secondo disco, Marcello decise di emigrare nel Regno Unito, trasferendosi a Londra.

La decisione fu presa per le tipiche motivazioni economiche ma anche con l’obiettivo di realizzare un progetto che ormai si era fatto molto chiaro: mettere in scena il racconto di una storia legata a un unico personaggio in transizione nel Regno Unito verso lo spazio infinito. Un lungo viaggio, il cui vero oggetto di rappresentazione è l’incessante movimento energetico messo in campo da un essere umano, nel momento in cui deve superare l’ostacolo che di volta in volta si para davanti. È la storia di un personaggio e del suo viaggio verso l’universale, in una dimensione olistica, dopo avere attraversato con ardore alcune delle maggiori sfide presentate dal vivere in società nell’epoca contemporanea.

Benché il processo compositivo fosse sostanzialmente concluso un anno dopo l’arrivo a Londra, la gestazione dell’intero progetto ha dovuto fare i conti con i tempi lunghi di ricostruzione di una nuova stabilità esistenziale.

Ciao Marcello, benvenuto su Tuttorock, iniziamo parlando del tuo nuovo album, “Offshore”, un’idea molto particolare, che io ho apprezzato molto, e che presenta una struttura seriale suddivisa in 3 stagioni: 3 cicli di 3 episodi, che riscontri stai avendo?

Grazie per il benvenuto e l’apprezzamento! Difficile dirlo subito perché l’album (nella sua versione integrale e supporto fisico) è uscito da pochi giorni. Se prendiamo in esame il percorso fatto da settembre, con le anticipazioni delle prime due stagioni in digitale, sembra che la copertura mediatica stia gradualmente crescendo. In questi giorni sto facendo molte interviste e dovrebbero iniziare ad esserci un po’ di approfondimenti a breve. Mi permetto di concordare con te sul fatto che la struttura del disco sia molto particolare (e meditata). Nel prossimo futuro scopriremo quanta voglia ci sarà in giro di dare attenzione a una proposta peculiare, nonostante venga fuori da un autore marginale.

Brani che suppongo siano autobiografici, in quale lasso di tempo li hai scritti?

Soltanto i brani della prima stagione contengono degli autobiografismi. Per il resto, ho inseguito il percorso verosimile di un personaggio immaginario. L’album narra una storia unitaria che culmina con quella che nel comunicato stampa definisco “svolta ontologica”: successivamente al coinvolgimento in un agguato terroristico, il protagonista affronta la sua fase terminale e la narrazione si proietta, a quel punto, su altri orizzonti. Il protagonista non sopravvive. Venendo alla tua osservazione: se intendiamo sostenere che i brani siano tutti autobiografici, dobbiamo anche convenire sull’idea che io sia deceduto a seguito di un attentato terroristico, e che quella che stiamo facendo non sia un’intervista ma una sorta di seduta spiritica. Non sono totalmente contrario all’idea (ride -ndr). La scrittura dei brani risale perlopiù al periodo tra il 2013 e il 2016, con un due eccezioni: Anelli Siderali (risalente al 2010) e Six Years Later (composto nel 2020).

Hai mai pensato: “Chi me l’ha fatto fare, lascio perdere questo progetto”?

Molte volte: Offshore è stato un atto di amore e pazienza irripetibile. Fortunatamente, alle tentazioni negative ha sempre prevalso l’idea che un progetto così particolare fosse per me irrinunciabile.

I 3 video usciti finora di chi sono opera?

Modello 730 nasce dalla commistione di materiale girato separatamente da me e Andrew Johnson. Dei Miei Stivali l’ho girato insieme a Barbara Arnoldo ed è il frutto di ragionamenti sul materiale fatti insieme ad Alessandro Inglima (che poi ha realizzato l’editing). Six Years Later è invece un video integralmente prodotto da Andrew Johnson con la sua Vérité Films. In questa fase stiamo ultimando l’editing del video del brano Offshore, nato da una proficua triangolazione tra Italia, Inghilterra e Argentina con mio fratello Spartaco e Alessandro Focareta.

Hanno collaborato con te vari musicisti e al progetto grafico Jessica Lagatta, in base a cosa li hai scelti?

Jessica è una bravissima illustratrice che lavora in ambito editoriale. Oltre alla stima in generale nei suoi confronti, il fatto che lei abbia realizzato le illustrazioni del libro “Diario di un’apprendista astronauta” di Samantha Cristoforetti ha influenzato la scelta. Anche Offshore è un viaggio (di ritorno) verso l’universo ed ero certo che Jessica avrebbe offerto le intuizioni giuste. Carlo Natoli (musicista e ingegnere del suono) perché mi piacciono i suoi lavori e abbiamo un gusto sonoro molto compatibile. Sergio Battaglia (sassofonista), Vincenzo Di Silvestro (violinista) e Salvo Scucces (clarinetti + altro) sulla base del fatto che i singoli brani, sui quali sono stati coinvolti, necessitavano di essere completati in modo efficace con interventi puntuali di sassofoni, violini e clarinetti. Andrea Sciacca è un battista suggerito da Carlo (a ragione) come scelta ottimale per il sound del disco. Steve Head l’ho invitato per omaggiare una collaborazione che avevamo consolidato proprio mentre iniziavo a produrre l’album.

Quali sono i tuoi artisti di riferimento sia del passato che di oggi?

Ogni tanto mi torna la nostalgia di Giorgio Gaber. Non credo c’entri con la mia musica, ma riascoltandolo ultimamente mi sto chiedendo se il mio desiderio di costruire delle scalette con progressione narrativa non derivi anche dall’aver ascoltato molto le registrazioni dei suoi spettacoli teatrali quand’ero ragazzo. Alcuni ascolti disordinati e ricorrenti del momento sono: Anna Von Hausswollf, Dead Combo, João Cabrita, Black Country, New Road, Space Afrika, Paul McCartney.

Cosa ama fare Marcello Capozzi quando non pensa alla musica?

Camminare sovrappensiero.

Non ti chiedo quando, perché purtroppo il Covid e le restrizioni sono ancora presenti nelle nostre vite, ma hai già pensato a come presenterai “Offshore” dal vivo?

Ho pensato a vari modi, ma poi dipenderà da cosa sarà possibile fare concretamente (e quando). Contrariamente a quanto fatto con il disco precedente, al momento non ho molta voglia di suonare da solo. Abbiamo iniziato a parlarne ora.

Grazie mille per il tuo tempo, vuoi aggiungere qualcosa per chiudere l’intervista?

Mi piacerebbe che l’ascoltatore di Offshore avesse voglia di attivare il circolo ermeneutico: arrivare in fondo alla tracklist e poi decidere di ricominciare. Interpretare l’inizio del racconto nella consapevolezza della sua fine per godersi tutti i giochi di rimandi reciproci tra i brani. Coglierne tutte le anticipazioni e finanche gli elementi premonitori. Grazie mille a te!

MARCO PRITONI