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LE DONNE DI BOTERO – INTENSO, COME “L’ERETICO” CARAVAGGIO

LE DONNE DI BOTERO – INTENSO, COME “L’ERETICO” CARAVAGGIO

Abbiamo raggiunto e intervistato Caravaggio, al secolo Andrea Gregori, artista poliedrico, musicista e cantautore davvero pregevole. E con lui parliamo del suo ultimo lavoro, il singolo “Le donne di Botero“.
Un artista pregiato. La sua carriera inizia molti anni fa, più di dieci anni fa e parte come frontman dei Godiva, rock band preziosa e talentuosa per poi continuare con il suo percorso singolo. Cresciuto negli anni ’90, tempi in cui la musica arrivava a pieni mani nella vita.  Una vita piena, non solo artistica ma anche umana. Un periodo di difficoltà dovuti ad una malattia che colpisce l’artista: la distonia spasmodica. Si tratta – come ci ha raccontato durante l’intervista – di una sindrome che colpisce i muscoli della laringe ed impedisce alla persona colpita di parlare. Possiamo solo immaginare la grande difficoltà e i sentimenti contrastanti che hanno colpito l’artista durante quel durissimo periodo. Andrea però non si è mai arreso.

L’amore è il filo conduttore e l’idea comune espressa in modi diversi ed è proprio tramite questo
sentimento che Caravaggio dichiara al mondo chi è “Questa la dedico a chi mi ha sputato in faccia, a chi ha spaccato il mio cuore come una freccia”… Intensa, forte, un pugno in faccia.
Amore, accettazione di tutto ciò che è, è stato, sarà e non sarà. Infinito, consumato, eterno. Amore, fusione, vero destino. Una artista davvero pregevole.

La passione può avere mille forme diverse ma il suo scopo è sempre uguale: farci sentire vivi.
La passione per la musica e il credere in se stesso hanno fatto in modo di non mollare mai, grazie alla sua forza di volontà, grinta e ostinazione. Una grande prova di forza. Anche la scelta del nome d’arte, Caravaggio, non è stato un caso: apparso in sogno al cantautore, lo ha esortato a continuare a scrivere, a cantare, a fare musica, a praticare la sua passione, il suo lavoro.

La rinascita come Caravaggio, ispirandosi al grande pittore:
Andrea rinasce come “Caravaggio” e torna a cantare, pubblica diversi singoli che riscuotono grande successo tra pubblico e critica. Arriva il successo e l’affermazione a Musicultura 2021, in cui si afferma entro i primi quattro con il bellissimo brano “Le cose che abbiamo amato davvero”.  Una grande e bella affermazione in un contesto in cui vengono premiate le espressioni artistiche della nuova canzone d’autore e popolare del nostro Paese.

Parliamo del suo ultimo singolo “Le donne di Botero“, distribuito da Artist First, e del videoclip che lo accompagnaDopo l’esperienza di Musicultura conclusa tra i quattro vincitori della serata finale e la vincita del premio AFI, l’artista torna e ci racconta del brano, l’uomo che si nasconde dietro l’artista poliedrico, trasversale ed eclettico che è appunto Caravaggio.  E come il fuoco che il grande pittore ha indirizzato verso Andrea, la passione fa le osservazioni più acute e ne trae le conclusioni più belle, più vere e potenti.

Raccontiamo il tuo ultimo singolo “Le donne di Botero”: come nasce l’idea creativa e narrativa e perché ti sei ispirato al pittore Botero?

I quadri di Botero mi hanno sempre affascinato. Dal 2005 al 2010 ho vissuto a Milano e sotto casa mia c’era la bottega di un restauratore di mobili d’epoca. Nella vetrina del negozio erano esposte in bella mostra due tele, riproduzioni di donne di Botero. Ogni volta che ci passavo davanti rimanevo estasiato a guardarle e sapevo già che un giorno sarebbero finite in una mia canzone.

Una sorta di sfida alla società dell’immagine, a questa nostra società liquida ed usa e getta?
Botero nella sua arte sfida i canoni estetici e ci mostra la meraviglia di corpi aggraziatamente oversize, in totale controtendenza con l’attuale stereotipo di bellezza. Trovo tutto questo splendidamente eretico e sano.

Torni dopo l’avventura di Musicultura 2021, evento prestigiosissimo. Raccontiamolo ai lettori e lettrici di Tuttorock
A Musicultura 2021 sono arrivato fra i 4 finalisti con un brano per nulla catchy. La canzone era “Le cose che abbiamo amato davvero”, accolta con grande calore dal pubblico e dalla giuria. Poteva succedere solo li a Macerata perché quei ragazzi sono davvero attenti e interessati al nuovo cantautorato italiano. Ricorderò sempre con grande affetto la loro passione, la cura del dettaglio tecnico e la professionalità che mettono in ogni aspetto della kermesse. Mi sbilancio a dire che dopo Sanremo sia il concorso più importante che abbiamo in Italia per un emergente.

Il Caravaggio pittore ha avuto una vita sregolata e innovativa: una vita avventurosa, a volte fatta di eccessi. Era un uomo che sapeva dividersi tra il raffinato mondo dell’arte e i sobborghi oscuri della città, con ogni tipo di criminalità. Un grande artista geniale. Cosa ti accomuna a lui e perché hai scelto proprio di chiamarti “Caravaggio?”
Questo progetto musicale nasce nel 2018, dopo una profonda crisi umana e artistica, in seguito ad una malattia che mi colpì alle corde vocali. Per molto tempo non scrissi più musica e una notte mi venne in sogno Caravaggio; il pittore mi esortò a non abbandonare la mia arte. Mi sembrò doveroso ricominciare prendendo in prestito i suo nome. Condivido con lui anche una visione ribelle della realtà e una certa difficoltà nel piegarmi al pensiero unico (comune ad ogni epoca).

Hai definito il tuo singolo un brano “eretico”, perché?
Questo brano ha un’anima dissidente, vuole essere un invito a pensare con la propria testa e a non uniformarsi ciecamente al pensiero dominante. Vengo dagli anni 90, sono cresciuto con il “grunge”, in un contesto che sicuramente aveva i suoi lati oscuri ma dove la rabbia confluiva nella musica e la rendeva vera, viva! Non sono notoriamente un nostalgico ma questa cosa oggi mi manca.

Chi sa scrutare solo l’effimera bellezza del corpo ignora o non considera la meraviglia dell’anima: è questa la società a cui siamo approdati, come naufraghi?
Provo compassione per chi si ferma ad ammirare solo la superficie perché non ha idea di quanto sia immenso l’iceberg sotto al pelo dell’acqua. La nostra società punta tutto sull’aspetto ed è preda di un giovanilismo imperante. Come se sopra i 30 anni non ci fosse più spazio per l’amore, per il godimento, per i successi. Forse questo fa comodo ad un modello di marketing cinico e globalista, ma mi dispiace, non corrisponde alla realtà.

La musica è una delle categorie più colpite dall’emergenza sanitaria, i live ripartono ma con fatica, le date dei concerti si spostano ancora: un tuo pensiero su questo e sui tuoi progetti futuri.

Musica resiliente, resistente o entrambe? E tu, sei stato resiliente o resistente, personalmente?
Prediligo l’aggettivo “resistente”, meno modaiola, meno abusata, meno allineata. Resistente mi fa pensare a certi materiali che non si piegano agli urti. È così che vorrei fosse la mia arte. È così che ho vinto la distonia laringea, nonostante non riuscissi quasi più a parlare ho resistito alla tentazione fortissima di mollare. La mia forza di volontà non ha ceduto di un solo passo e la malattia si è trasformata in un’opportunità di rinascita.
Ora attendo l’uscita del mio prossimo singolo a marzo e la ripresa dei live che avverrà in primavera. Ne sono certo

Alessandra Paparelli