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DIEGO RIVERA – “GRAN RISERVA” IL NUOVO PROGETTO DI CARMINE TUNDO

DIEGO RIVERA – “GRAN RISERVA” IL NUOVO PROGETTO DI CARMINE TUNDO

Diego Rivera è il nuovo lavoro di Carmine Tundo, notissimo al grande pubblico come membro de La Municipàl, duo indie alternativo, che torna con un nuovo album assumendo una sorta di “alter ego”, disco splendido di sapore cantautoriale dai suoni latini e dai testi in italiano. Chi vi scrive è anche una grande amante di questa band raffinatissima e profonda. Esordiscono nel 2013 e da subito ottengono consensi, aprendo i concerti di nomi illustri quali Subsonica, Roberto Angelini, Le luci della centrale elettrica, Niccolò Fabi. Nel 2016 arrivano in finale per il Premio Buscaglione e si aggiudicano il premio MEI-Meeting Etichette Indipendenti. Album, live, progetti, collaborazioni, anche in occasione dell’emergenza Covid, quando Carmine Tundo esegue il brano “Finirà tutto quanto” alla seconda e ultima serata dell’evento “L’Italia in una stanza“, per una raccolta fondi destinata all’emergenza Covid.

Il nuovo progetto: Gran Riserva 

Questo nuovo progetto rappresenta solo una delle molteplici facce artistiche (e anche personalità di talento) del cantautore e produttore. Parliamo dell’album “Gran riserva”, opera prima ricercata che presenta questo nuovo progetto artistico. Un nuovo progetto dinamico, frizzante, fresco che lascia all’ascoltatore piena immaginazione, come fossimo immersi in un capolavoro cinematografico dove le canzoni non sono altro che scene di un racconto più ampio, che restano nell’anima e nel cuore e per questo, toccanti. Una sorta di colonna sonora dell’anima. Un artista a 360’, Carmine Tundo o come in questo caso, Diego Rivera.
In diversi brani l’artista utilizza la figura della donna, come Maria o Marina, con grande voglia ed esigenza di raccontare il femminile. Come ci racconta lui stesso “Una sua esigenza personale di ricerca e introspezione”, avendo negli anni esplorato anche la parte femminile, “quella che è presente in tutti noi”.
Abbiamo parlato con Carmine anche del progetto legato a La MunicipàlPer resistere alle mode“, intenso, quasi una successione naturale di “Bellissimi difetti”, album del 2019. Un progetto artistico innovativo e originale consistente nella pubblicazione di diversi doppi singoli – sono già usciti “Quando crollerà il governo / Fuoriposto”, “Canzone d’addio / Che cosa me ne faccio di noi”, “L’Orsa Maggiore / Al diavolo” –  incisi come Lato A e Lato B di ogni uscita. Un percorso dunque caratterizzato dalla pubblicazione di 5 doppi singoli in uscita in digitale e in formato vinile 45 giri a tiratura limitata, raccolti in una speciale pubblicazione a completamento del progetto.

Carmine, partiamo dal tuo nuovo lavoro: come mai il nome di Diego Rivera?
Il nome nasce per omaggiare mio zio Diego, una persona alla quale ero molto legato e che ora non c’è più”.

Come nasce il progetto nuovo “Gran riserva”? Qual è l’idea creativa?
Questo disco era un progetto che volevo fare da sempre, progetto che era in cantiere da alcuni anni ma che non ho poi mai avuto il tempo per portarlo a termine. Per me era una grande sfida – anche a livello di sonorità – ed è stato molto interessante poterlo produrre e arrivare alla pubblicazione. Ho scelto quindi questo nome – Diego Rivera – anche per la necessità di ripartire da zero, con un progetto totalmente nuovo per avere la possibilità di sperimentare e di fare la musica che mi piace, battere anche nuove strade.

Sei sempre alla ricerca di nuovi stimoli, lo stimolo è importante così come la passione mai come in questo periodo storico di appiattimento generale e difficoltà per la musica:
Come accennavo infatti, questo progetto lo avevo in cantiere da molti anni e il periodo di pandemia che abbiamo vissuto, il primo lockdown, mi è servito per portarlo a termine;  sinceramente mi ritengo molto fortunato, vivo in campagna e ho avuto la possibilità di utilizzare il mio studio di registrazione dove posso lavorare 24 ore su 24 e avere la possibilità di sperimentare.  Sto portando a termine tanti progetti che avevo lasciato aperti nel corso degli anni, come è successo proprio con “Gran riserva” e quindi tutto sommato è un periodo positivo per quanto mi riguarda. Negli ultimi anni ho fatto della libertà artistica il motore di quello che faccio, anche se magari ci sono progetti che vanno meglio degli altri, cerco di trattarli tutti al meglio; anche i progetti paralleli che rappresentano ognuno una parte diversa del mio carattere. Sto cercando attraverso la mia musica di raccontarmi al meglio e di capire anche chi sono. La passione penso sia il motore necessario. Qualsiasi momento che ho, lo impiego per far crescere il mio studio di registrazione, per cercare modi sempre migliori per fare i miei dischi e la mia musica. A prescindere dal guadagno. E’ un’esigenza primaria e personale: se non c’è la passione – per un progetto indipendente – non c’è nulla.

Hai già risposto implicitamente a un’altra domanda: che cosa rappresenta la musica per noi tutti, per te in particolare?
Personalmente, credo sia un appiglio quando sto male, sto bene, un qualcosa in cui rifugiarsi. Qualcosa che ti fa staccare dalla tua giornata e trasportarci tutti in un altro mondo, magari per lasciare indietro i pensieri negativi. La musica credo proprio possa essere un’ancora di salvezza.

“Gran riserva” è stato anticipato da due singoli “Santa Maria al bagno” e “Malvasia nera”: entriamo nel dettaglio dei due singoli: c’è un filo conduttore e un’idea comune dei brani?
Tutto l’album nasce principalmente come viaggio mentale, l’ho immaginato prima nella mia testa con colori e immagini ben definite; successivamente ho cercato di trasferire in musica questo viaggio che mi ero fatto, ho cercato di creare questa storia, in cui ogni brano ha la sua importanza. Infatti l’album ha un senso se ascoltato tutto, dall’inizio alla fine, ogni traccia è necessaria per quella successiva. Un discorso che sto cercando di fare – negli ultimi dischi e negli ultimi anni – è quello di acquisire la lentezza, soprattutto in questa fase in cui tutto è troppo veloce. Quello che mi piacerebbe fare è proprio creare la lentezza e offrire il piacere di ascoltare una storia che molto spesso è molto più complicata di un brano solo, singolo. Il concetto di album infatti mi sta ancora molto a cuore.

Qual è la tua esigenza creativa che ti porta a fare numerosi progetti diversi tra loro?
Lo stimolo. Ogni anno e mezzo sento il bisogno di ripartire da zero con un progetto diverso e nuovo, proprio per sentirmi vivo, creativo, vitale e per cercare nuovi stimoli. Mi piace molto mettermi alla prova con sonorità differenti per migliorare anche le mie doti di produttore dato che produco io stesso anche gli album.

Parliamo del tuo progetto primario con La Municipàl “Per resistere alle mode”, un progetto innovativo che consiste nella pubblicazione di diversi doppi singoli:
Sempre per il discorso legato alla lentezza, ho scelto di incidere diversi singoli a 45 giri perché credo sia lo spazio fisico massimo che io possa dare alla mia musica e quindi avere un brano su un lato e uno su un altro è il più grande regalo che io mi possa fare. Inoltre, mi sono molto divertito a creare un dualismo stesso tra un lato A e un lato B del 45 giri, una parte più romantica e solare nel lato A e una parte più scura nel lato B. A breve uscirà il quarto capitolo dell’album “Per resistere alle mode”, quarto doppio singolo.

Sono curiosa. Qual è l’idea comune, come nasce l’idea di pubblicare doppi singoli anzichè un album completo, da subito?
In alcuni album, mi sono reso conto che i miei brani preferiti erano quelli meno ascoltati. La scelta di pubblicare doppi singoli fa sì che si possa far ascoltare anche dei brani magari sbagliati che rappresentino meglio un’idea musicale, a prescindere dai singoli che sono più noti, più veicolati e conosciuti. Penso che in un percorso artistico come il nostro, che è a più lungo termine, stiamo cercando di portare nel nostro mondo chi ci segue e anche i brani magari meno riusciti vanno a raccontare una storia. Questa è l’idea comune.

Un tuo pensiero sulla crisi della cultura in generale e della musica, sui luoghi di cultura chiusi. Cosa ti auguri musicalmente parlando, da questo nuovo anno, compatibilmente all’emergenza sanitaria che stiamo vivendo?
Credo sia una grande ferita quella dei luoghi di cultura chiusi, dalla musica al cinema fino ai teatri, luoghi destinati a “comunicare” e praticare bellezza, cultura. A prescindere dal web che in questo momento storico ci aiuta a rimanere informati e comunicare, i luoghi di cultura sono condivisione: spero che questo periodo buio sia l’occasione di riflessione per tante persone, per comprendere davvero quello che è importante.
Spero anche di tornare a suonare davanti al pubblico al più presto. La speranza è quella di tornare all’attività live, che ci permette di andare avanti,  di lavorare e ci dà ossigeno.

Ritrovare la lentezza, è molto importante in una società “liquida” velocissima e che vive di immagini. Quanto è importante ritrovare quella lentezza di cui accennavi prima e la passione – che tu metti in tutti i progetti – motore di tutto? Che differenza senti con il primo lockdown?
Ero maggiormente positivo nella prima fase di pandemia, successivamente mi sono reso conto e ho potuto vedere come ci sia stato quasi un “cestinare tutto”, quando il momento si è fatto ancora più difficile e complesso e i nodi sono venuti e stanno venendo al pettine. Avverto come se si fosse bloccato un po’ tutto, anche la voglia da parte di tante persone di fare questo lavoro. Ho letto recentemente un’indagine in cui si evidenziava il fatto che tante maestranze lavorative dello spettacolo (tecnici, fonici, ecc) abbiano deciso di abbandonare definitivamente il loro lavoro per dedicarsi ad altro. Decidendo quindi di cambiare professione. Spero che questo periodo possa essere utile anche per sistemare la parte burocratica e legislativa di un settore che è stato troppo bistrattato.

Ci auguriamo interventi massicci da parte delle Istituzioni allo scopo di trovare soluzioni che possano portare la categoria a riprendere l’attività in sicurezza, perché il rischio è quello della chiusura di molte realtà culturali con la necessità quindi anche per molti artisti, oltre alle maestranze, di dover cambiare lavoro. Il fatto di non avere ancora in Italia una Legge sulla Musica che tuteli artisti e lavoratori, la dice lunga: 
Infatti, seguo moltissimo tutte le iniziative che si stanno svolgendo. Mi auguro che questo momento possa dar vita a qualcosa di nuovo perché, comunque, oltre agli artisti ci sono centinaia di persone che vivono dietro a ogni spettacolo, concerto, live, festival, sia dietro le quinte che in ogni settore collegato agli artisti, dalle produzioni agli uffici stampa. C’è tutta un’industria dietro – enorme – che va assolutamente tutelata.

Alessandra Paparelli