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CABRUJA – Intervista a EDUARDO LOSADA CABRUJA

CABRUJA – Intervista a EDUARDO LOSADA CABRUJA

In occasione dell’uscita dell’album omonimo “CABRUJA” ho intervistato l’artista.

Buongiorno Eduardo, piacere di averti sulle pagine di Tuttorock. Vieni dal Venezuela, raccontaci quali sono stati i tuoi primi ascolti giovanili?
Buongiorno a voi! Da piccolissimo, curiosamente, ascoltavo tantissimi ritmi latinoamericani, soprattutto Merengue, forse perché negli anni 80 andavano alla grande orchestre e cantanti come Wilfrido Vargas e Los Melódicos. Mi è sempre piaciuto ballare. Poi mia madre mi faceva ascoltare un sacco di roba anni 60 e mi ha inculcato l’amore per i Beatles. Mio nonno invece mi faceva ascoltare musica classica. Per un po’ ho ascoltato solo i Beatles e Beethoven, ufficialmente, ma in realtà facevo attenzione anche ai Guns n’ Roses, i Pearl Jam e gli altri gruppi che ascoltava mia sorella. Ma il gruppo che ha fatto sì che mi interessassi a cercare attivamente della musica diversa da quella che poteva essere quella di mia madre o di mia sorella sono stati i Garbage. Ecco, hanno cominciato a darmi una certa identità musicale. Da loro sono tornato indietro nel tempo, a ripescare quelli che mi ero perso e ho guardato avanti alla ricerca di cose nuove.

Una vita passata tra le due sponde dell’Atlantico, come hai vissuto il trasferimento dal Venezuela all’Italia? Che differenze hai trovato tra Caracas e Genova?
Citerò mia nipote: A Caracas, ogni 10 metri c’è qualcosa che ti vuole uccidere. A Genova no. Il resto è lusso. Non ho avuto problemi ad inserirmi nel contesto italiano e/o genovese, nonostante la nota chiusura dei liguri. Io parlo persino con i muri. Prima o poi i muri si sentono costretti a rispondermi.

Veniamo a questo disco, concordo che Father Lucifer è incredibilmente bella, tutti quegli archi perfetti. In generale come hai scelto le canzoni da reinterpretare?
Sono felice che la trovi bella! Grande lavoro è di Giancarlo Di Maria, che ha fatto l’arrangiamento.
Ho scelto le canzoni per motivi vari: perché mi dicono qualcosa, perché mi ricordano qualcosa, perché mi piacciono e perché ci stavano bene. Sono in generale delle canzoni che mi hanno accompagnato per lungo tempo, di artisti che seguo e ammiro. Fanno parte del mio Pantheon. Ecco le mie preghiere.

Nella scelta hai spaziato da Bjork a Simòn Diaz, passando tra generi molto diversi, in quale ti riconosci di più?
Genere “lagna”, probabilmente. Gravito verso la malinconia e la cupezza. “Vedo la gente morta”. Persino i pezzi latinoamericani parlano di morte per me, sia nel testo sia per motivi più personali.

I due inediti sono riusciti alla grande, possiamo ipotizzare un disco completo di inediti nel futuro?
Grazie davvero. Non è stato semplice mettere là fuori due brani scritti da me. Ancora non mi abituo all’idea e mi sento molto esposto. Ma era da fare e sono fiero di averlo fatto. Mi piacerebbe, sì, riuscire a fare un disco intero di inediti. Vedremo se questa testa mia me lo permetterà!

Nel disco ci sono musicisti straordinari come Fresu, Dirani, D’Urso, per citarne alcuni, come è andata la collaborazione?
Merito di Raul Girotti, il produttore e proprietario dello studio Over Studio Recording. È una persona di una grandissima qualità umana, che credo sia una caratteristica fondamentale per riuscire ad allacciare rapporti tra artisti per fare cose belle. Gli sarò infinitamente grato per quello che ha fatto e continua a fare.

Progetti futuri? Magari un tour?
Ci stiamo lavorando. Stay tuned!

MAURIZIO DONINI 

Band:
Cabruja

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