Now Reading
BANADISA – Il disco d’esordio, la cumbia e molto altro

BANADISA – Il disco d’esordio, la cumbia e molto altro

Ho avuto il piacere di fare una chiacchierata con Diego Franchini che mi ha parlato di “Suerte”, album di esordio del suo progetto musicale Banadisa che racconta di una geografia interiore attraverso una geografia esteriore, quella del Polesine, questo territorio poco conosciuto del nord-est italico, nascosto, a tratti rurale, con la sua infinita pianura sventrata dall’immenso fiume Po.

Banadisa raccoglie e recupera alcuni elementi caratteristici di questo territorio, che sono al tempo stesso ricordi significativi una vita presente e passata, li rielabora in chiave surrealista e li assembla in un collage caotico in cui tutto è familiare, niente spaventa, tutto contribuisce alla costruzione di un’identità.

Il progetto muove i primi passi a partire da Dicembre 2016. Musicalmente si struttura come un progetto libero, molto eclettico, in cui si mescolano variegate e differenti influenze. La sperimentazione è volta alla ricerca di un nuovo linguaggio musicale, in particolare per quanto riguarda la componente ritmica. A partire da queste premesse si sviluppa un lungo e profondo percorso di esplorazione che ha condotto Diego Frankini aka Banadisa fino in Sud America a scoprire la complessa e variegata scena della cumbia elettronica e del folklore digitale. Di pari passo con il percorso esplorativo, si sviluppano i primi tentativi di produzione, che lo hanno portato a mescolare queste nuove influenze con il suo background di matrice più cantautorale.

A partire da Agosto 2018 tutto il progetto si trasferisce nello studio bunker a Ferrara di Fed Nance, produttore e artigiano del suono: synth vintage, echo a nastro, reverberi a molla, percussioni, oggetti e sonagli. Si ri-registra tutto nel tentativo di una ricerca sonora che sappia coniugare ritmiche ruvide e legnose a melodie dal gusto fresco e leggero.

Banadisa collabora stabilmente, sia in studio che live, con Clara “Rosalita” Andrés, cantante spagnola residente a Bologna, città nella quale si esibisce come dj sotto lo pseudonimo di “Dj Rosalita”, infuocando le piste da ballo dei circoli e dei centri sociali bolognesi con tracce di electro-cumbia; con Marcello Martucci già percussionista negli Psycodrummers e appassionato esperto di percussioni e poliritmie africane; e con Fed Nance polistrumentista, cultore dell’analogico e del lo-fi, beat-maker, chitarrista di MezzoSangue, nonché produttore di quello che sarà l’album d’esordio di Banadisa.

Quando sono tutti assieme sono il BANADISA CLAN.

Ciao Diego, benvenuto su Tuttorock, innanzitutto, visto che l’album d’esordio del tuo progetto Banadisa, “Suerte”, è uscito quasi un mese fa, che riscontri hai avuto e stai avendo?

Grazie mille per questo spazio! Beh, direi che il progetto sta andando molto bene: sta avendo una crescita lenta ma costante e quindi direi “salutare”. Non ho singoloni che spaccano le radio, e non li ho proprio cercati. Ho cercato altre cose, come si può intuire ascoltando l’album. Sono consapevole che, per progetti come il mio, serve tanta pazienza e un lavoro costante.

Apprezzo molto l’album ascoltandolo tutto d’un fiato dall’inizio alla fine, senza che un brano prevalga rispetto ad un altro. Hai avuto la stessa sensazione ascoldandoti/ascoltandolo la prima volta?

Sì, esatto. Mi fa molto piacere che tu abbiamo notato questo equilibrio. È un album proporzionato, e questo mi piace. Non ci sono 2 o 3 brani che si mangiano gli altri 9 o 10. Ogni brano è un colore fondamentale. Mi risulta molto difficile spiegare il progetto Banadisa con un solo mio brano, motivo per cui la prima release che abbiamo pubblicato è stata doppia con “Riva del Rio” e “Vita”: volevamo restituire fin da subito uno spettro più ampio di ciò che un ascoltatore si sarebbe immaginato se avesse ascoltato solo uno di questi due brani.

“Suerte”, un titolo beneaugurante, un tuo modo di augurarti una carriera che, secondo i tuoi sogni, come dovrebbe essere?

Su un palco, anzi su tanti palchi. Questo è l’aspetto che mi interessa di più sinceramente. È chiaro che spero un giorno di poter vivere completamente di musica, ma non a tutti i costi: mi piacerebbe farlo a modo mio, continuando a fare dischi con orizzonti sempre nuovi, con grande libertà di osare e anche di sbagliare.

In che lasso di tempo hai scritto i brani che lo compongono?

Eh, parecchio tempo. I primi provini risalgono a dicembre 2016; il master del disco è stato chiuso nell’ottobre 2020. Sono entrato in studio col produttore del disco Fed Nance verso giugno 2018. Ricordo di aver sistemato i testi e i alcuni dettagli almeno fino alla primavera del 2020.

Le parti in lingua spagnola sono state scritte sempre da te?

Alcune sì, altre le ho abbozzate e rieditate con Clara Andrés (la bravissima cantante spagnola che mi accompagna sia in studio che sul palco), altre ancora le ha scritte Clara di suo pungo.

Il Polesine che incontra il Sud America, cosa che si vede molto bene nel video del brano “Riva del Rio” dove sulle rive del Po sei circondato da ballerine sudamericane. Cos’hanno in comune questi due mondi così lontani?

Devo correggerti su una cosa: le ballerine sono africane 🙂 ma poco cambia, nel senso che l’estetica che volevamo ricreare era in fondo questo ponte tra mondi lontani di cui parli.

Io lavoro molto di fantasia, e attraverso questa unisco cose che apparentemente non sembrano poter stare nello stesso contenitore con del senso. Io vedo nel Polesine un ambiente selvaggio, surreale, che poteva essere raccontato attraverso i miei testi in una maniera originale se appoggiato su delle ritmiche più percussive, ruvide, che ho ritrovato in molte sonorità sudamericane. Da qui è nato un po’ questo ponte transoceanico. È un fatto puramente artistico dal mio punto di vista.

Il video che accompagna “2121” invece dov’è stato girato?

È stato girato a Ferrara, città nella quale risiedo da ormai una decina di anni. Ne approfitto per citare il collettivo “Crema” che ha realizzato magnificamente i miei videoclip.

La copertina da chi è stata realizzata?

È stata realizzata da uno studio di Mar del Plata in Argentina che si chiama TEG Estudio. Sono bravissimi.

Quando e come nasce il Dario Franchini musicista e quando decide di dar vita al progetto Banadisa?

Diego come musicista nasce dal riff iniziale di chitarra “Smells like Teen Spirit”: quando l’ho sentito è cambiata la mia vita. Poi c’è stato tanto, tantissimo… Non comincio a far nomi se no uscirebbe una lista infinita. Voglio solo citare questo piccolo-grande gruppo di Padova chiamato Redworm’s Farm: gruppo incredibile, pazzesco, di cui mi sono innamorato verso i 16 anni. Anche loro mi hanno cambiato la vita, ma in un senso differente: seguendoli ho capito che in italia c’era una scena, che c’erano delle grandissime band, che c’erano delle etichette indipendenti, che c’era un circuito di centri sociali, arci e club che spingevano la scena alternativa. Grazie a loro HO CAPITO!

Veniamo a Banadisa. Banadisa nasce in un certo senso in contrapposizione a quanto ti ho detto nelle righe sopra, cioè dalla voglia di uscire dalla matrice rock con cui mi confrontavo da circa 15 anni, e dunque dalla voglia di sperimentare, dopo tanta chitarra elettrica distorta, sonorità nuove, specialmente per quanto concerne la parte ritmica. Avevo bisogno di respirare.

Giusto per: La Tempesta Dischi, l’etichetta di cui faccio parte, ha pubblicato sulle piattaforme digitali tutti gli album dei Redworm’s Farm. Questo è stato un regalo pazzesco.

Banadisa che è parte della famiglia “Istituto Italiano di Cumbia” di Davide Toffolo, di cosa si tratta?

Diciamo che, se ti interessi di cumbia in Italia, è facile che incontri questa fantastica famiglia di matti chiamata “Istituto italiano di Cumbia” e così è successo a me! Hanno inserito il mio brano “Fagiano” nella compilation vol.2 dell’Istituto del 2018, e successivamente hanno sostenuto il mio percorso fino alla pubblicazione del mio album d’esordio “Suerte”. Devo molto in questo senso a Nahuel Martinez e Davide Toffolo.

Grazie mille per il tuo tempo, vuoi aggiungere qualcosa per chiudere quest’intervista?

Solo una cosa: a questo punto spero di incontrare voi della redazione ed i lettori quanto prima ad un mio concerto 🙂

Per il resto va bene così. Ascoltate l’album, ascoltatelo tutto! Mi raccomando!

Grazie ancora. Un abbraccio.

MARCO PRITONI