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ANTONIO FRESA – Intervista al compositore

ANTONIO FRESA – Intervista al compositore

A due mesi dall’uscita dell’album “RELIVING AT POMPEII”,  il nuovo disco colonna sonora dell’omonimo docufilm uscito nel 2021, a 50 anni dal memorabile film concerto del ’71 diretto da Adrian Maben, ho avuto il piacere di intervistare Antonio Fresa, compositore di oltre 20 colonne sonore tra cui Zeffirelli – conformista ribelle di Anselma Dell’Olio, La scelta di Maria e Arnoldo Mondadori di F. Miccichè, Come Prima di T. Weber, Gatta Cenerentola di A. Rak, La Parrucchiera di S. Incerti, Passione di John Turturro, ed altri. Riceve la nomination come miglior musicista ai David di Donatello 2018 e ai Nastri D’Argento 2018.

Nel 2021 ha composto le musiche per il padiglione della Santa Sede alla Biennale di Architettura di Venezia: Vatican Chapel – a soundtrack experience.

Nello stesso anno, per celebrare l’apertura al pubblico del Labirinto Borges a Venezia, compone una suite da camera per bandoneon e orchestra, eseguita e registrata con l’Orchestra del Teatro La Fenice di Venezia.

Ha collaborato con artisti internazionali tra cui Stacey Kent, Omara Portuondo, Carl Anderson, Richard Galliano, Peter Erskine.

Ciao Antonio, benvenuto su Tuttorock, ti chiedo subito che riscontri stai ricevendo dal tuo album “RELIVING AT POMPEII” uscito lo scorso 16 di dicembre.

Ciao Marco, è uno di quei dischi che cammina un po’ da solo perché porta con sé una certa curiosità con questo riferimento all’opera gigantesca che fecero i Pink Floyd 50 anni fa insieme ad Adrian Maben. Mi è stata commissionata la colonna sonora di questo docu-film che mi auguro vedremo presto sulle piattaforme o su qualche canale tv, ho ricevuto belle recensioni e attestati di stima, in qualche modo tutto è andato a sfumare gli ultimi dubbi che avevo.

Un album bellissimo da ascoltare dall’inizio alla fine ma, se dovessi dire un titolo, “Maben Theme” per me è quello più rappresentativo, sei d’accordo con me?

Diciamo che quello è il brano più vicino a quel mondo delle ballad in cui lo stile dei Pink Floyd è inconfondibile.

Gli altri musicisti presenti nell’album, ovvero Luca Aquino, Antonio Jasevoli, Pasquale Murino, Salvatore Lombardo, Luca Improta, Stefano Jorio, Aurelio Bertucci, Luigi Scialdone, sono stati scelti per amicizia, per stima o in base a cosa?

Sono stati scelti come se stessimo facendo un cast di un film, ci volevano musicisti che potessero intraprendere questo viaggio, con un processo di registrazione particolare visto che abbiamo fatto tutto in diretta nel nostro studio. Ad esempio troviamo Luca Aquino, un jazzista dal background ampio, che ha fatto anche un disco su Jim Morrison, con una carriera piena di contaminazioni particolari, poi Antonio Jasevoli che si inserisce tra il jazz e il rock e che mi serviva per portare all’interno delle composizioni una certa quota di improvvisazioni e novità, un colore diverso rispetto alla dimensione rock blues dei Pink Floyd. Mi sembra che siano stati tutti molto bravi, come tra l’altro il quintetto d’archi, che sappiamo provenire da una formazione classica, ma che ha collaborato tantissimo per quanto riguarda l’improvvisazione.

Tu hai scritto oltre 20 colonne sonore cinematografiche, come avviene solitamente per te questo tipo di processo, parti già con un’idea musicale in testa oppure ti lasci guidare dalle immagini dei film?

Guarda, non è mai lo stesso processo, dipende molto da quando il musicista viene interpellato, a volte accade quando si parla del progetto, ancora prima della scrittura della sceneggiatura, altre volte quando è stato girato tutto. Non è mai una scelta che fa il musicista, è sempre dettata dai ritmi di produzione.

Quando e com’è avvenuto il tuo avvicinamento al mondo della musica?

È avvenuto quando avevo 5 anni, quando mi portarono ad un concerto di Mozart per violini e orchestra in cui c’era Uto Ughi che suonava. Distinguevo i suoni degli strumenti, riuscivo a sentire tutte le sezioni, i legni, gli ottoni, i violini, ebbi la sensazione di capire la musica. Poi iniziai a suonare a 9 anni, prima di allora fu una scoperta continua.

Se tu dovessi scegliere cinque dischi dai quali non ti separeresti mai che nomi mi faresti?

“La gatta Cenerentola” di Roberto De Simone, “Nero a metà” di Pino Daniele, “Kind of Blue” di Miles Davis, “The Dark Side of the Moon” dei Pink Floyd poi, fammi pensare, il quinto è più difficile, se posso allargarmi ti dico “La voglia la pazzia l’incoscienza l’allegria” di Ornella Vanoni con Vinícius de Moraes e Toquinho, e aggiungerei “Discipline” dei King Crimson e “I Pianeti” di Gustav Holst.

C’è un artista in particolare con il quale ti piacerebbe collaborare?

Ce ne sarebbero tantissimi, mi piacerebbe condividere il palco con musicisti come Richard Galliano, Yo-Yo Ma, Arvo Pärt e con una cantante in particolare, Melody Gardot.

Quali sono i tuoi progetti musicali in questo 2023?

Facendo il compositore non faccio il tempo ad uscire con un disco che devo subito scrivere altre cose. Ora sto scrivendo una colonna sonora per un film che andrà in onda sulla Rai a marzo, “I cacciatori del cielo”, poi devo scrivere musiche in ambito culturale che accompagneranno i visitatori del Pantheon a Roma e ho un progetto per una colonna sonora per un documentario sulle 4 giornate di Napoli. Poi ho in mente di fare dei concerti per solo pianoforte e spero di riuscire a presentare alcuni concerti per orchestra con le mie musiche, insomma, come vedi ho molte cose da fare, forse troppe (ride – ndr).

MARCO PRITONI