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ANDREA RENZINI – Intervista al rumorista su “Turbo Surplus”

ANDREA RENZINI – Intervista al rumorista su “Turbo Surplus”

Andrea Renzini Turbo Surplus

Dal 2 ottobre al 8 novembre 2020 il Museo internazionale e biblioteca della musica di Bologna ospita Turbo Surplus, mostra personale e installazione sonora site specific ideata da Andrea Renzini, a cura di Guido Molinari, che attraverso un registro leggero e ludico intende porre in connessione la cultura e la storia della musica con le più recenti esperienze contemporanee.

L’idea di usare oggetti di uso comune quali strumenti come ti è nata?
Facendo parte di un gruppo free jazz improvvisativo, dove si inventava sempre, capitò che nei primi anni ’80 presi un’aspirapolvere e lo suonai come un’armonica. Usai anche i sacchetti dell’aspirapolvere, l’apertura dove ha la guarnizione di plastica, provoca una vibrazione che modula un suono che ricorda quello di una cornamusa. L’aspirapolvere ha una sua forza centrifuga continua, aspira in maniera perpetua senza interruzioni, questo crea un suono eterno, mentre l’armonica dipende dall’aspirazione, l’aspirapolvere funziona ininterrottamente. Ho sempre cercato di usare questi oggetti per creare dei suoni artistici, ma unendoli a una attività performativa come i concerti o le installazioni. 

Nel progetto espositivo Turbo Surplus, che hai concepito come intervento site specific per il Museo internazionale e biblioteca della musica di Bologna dove si può vedere fino all’8 novembre, accanto agli strumenti antichi della collezione permanente hai inserito aspirapolvere o parti di essi nelle teche, appunto come quadri e altri componenti.
Questi che vedi sono quadri di artisti sconosciuti che io trovo e in base alla loro qualità pittorica li incapsulo e gli inserisco sopra una teca di plexiglass su cui io dipingo e l’originale si vede in trasparenza. 

Trovo il tutto decisamente geniale, andare a contaminare un mondo classico con oggetti che possiamo tranquillamente definire “moderni”.
Sì, è un gioco ironico, ma anche iconico legato al mondo degli aspirapolvere e dei Vorwerk Folletto. In questa teca si vedono dei sacchetti che ho dorato e su cui ho stampato ispirandomi a Gustave Dorè, con la tecnica della pressione, lettera per lettera come si faceva una volta. 

A volte trovo band rock che hanno all’interno un “rumorista”, quale tu ti definisci, che è poi anche un musicista, ma come possiamo definire la parola “rumorista”?
Il rumorista è uno che utilizza, gestisce, ordina e armonizza ciò che è rumore, che è un qualcosa che ha tante sfaccettature, tante variazioni, a volte è inascoltabile, altre è ammaestrabile. Ho registrato gli aspirapolvere con dei microfoni ambientali e si sono create tante armonie diverse, quando il disco sarà pronto vedrai che sorpresa. Questi suoni paiono statici, ma invece cambiano e quindi si trovano delle bellissime armonie nel mezzo. 

Una direttrice di orchestra che ho intervistato recentemente mi faceva notare come anche il silenzio sia parte del suono, che è fatto anche di pause, in questo caso invece è continuo?
Non direi, perché anche qui il suono cambia, se poi ti sposti da una stanza all’altra varia nuovamente financo a sparire e divenire silenzio. Ora ad esempio lo sentiamo lontano, ma se ci avviciniamo lo captiamo sempre più forte. 

Molti pezzi sono quasi “nascosti” all’interno dell’esposizione.
­È voluto, uno deve andare a scoprire, il bello di questa esposizione è che tutto è plausibile, anche gli aspirapolvere paiono abbandonati, poi all’improvviso prendono vita. Così i quadri che ho contaminato e qui esposto sono plausibili inseriti nel contesto, ci vuole attenzione e cercarli con attenzione. Ad esempio è esposta una lettera del 1560 che trovai durante i lavori di installazione dell’ascensore nel palazzo dove abito. Anche con il plexiglass dipinto sopra rimane plausibile. Si vede esposto un abito antico su cui ho inserito l’immagine di un satiro di Gustave Dorè con due aspirapolvere nelle mani, e sulla schiena questa sporcizia che secondo Dorè rappresentava lo sporco che il satiro si portava con sé.

E con tutto questo fai anche concerti esibizione, anche se al momento hanno fermato tutto.
Sì, siamo riusciti a fare la prima data, con Giorgio Lavagna, membro dello storico gruppo Gaznevada, che sarà un protagonista anche del disco che stiamo preparando. Avremmo poi dovuto farne seguire altre due, una con i Folletto Vorwerk il 31 ottobre e l’ultima con i Sonic Set Pantone il 7 novembre ma purtroppo sono state sospese. 

In queste situazioni sono presenti anche strumenti classici?
Nella formazione dei Vorwerk Folletto avrebbe dovuto esserci Gianluca Patini che è un chitarrista, invece con i Sonic Set Pantone ci saremmo avvalsi della batteria.

Progetti futuri, Covid-19 permettendo?
In questi giorni sto terminando un progetto editoriale che ripercorre i miei 20 anni di carriera artistica e verrà pubblicato a breve con il supporto della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna e del Gruppo Hera. Sarà un libro d’artista curato da Guido Molinari, che è anche il curatore della mostra Turbo Surplus. Sul fronte musicale, mi sto occupando della realizzazione di un disco con Giorgio Lavagna e altri ospiti che, in mezzo alle attuali difficoltà, spero di riuscire a presentare per la prossima primavera. Poi ho in cantiere prossime collaborazioni con Susanna La Polla De Giovanni “Suz” per i concerti dei Vorwerk Folletto e con DJ Balli Sonic Belligeranza per i Sonic Set Pantone.

MAURIZIO DONINI 

Andrea Renzini è nato a Venezia nel 1963, vive e lavora a Bologna. Si è affermato come uno degli artisti italiani della sua generazione che più ha saputo attraversare con spirito vitale ed eclettico diversi periodi storici ed artistici, mantenendo contemporaneamente un contatto e un “file rouge” empatico con i linguaggi delle generazioni artistiche attuali. Dagli esordi nella scena politica ed eversiva nei primi anni Ottanta, con la collaborazione della rivista “Frigidaire” e della scuola bolognese del fumetto, a una pittura iconica ma anche a una molteplicità di medium caleidoscopica, unendo la performance al suono all’installazione, alla rilettura dell’uso fotografico dell’immagine, fino agli sconfinamenti nel mondo della moda. Negli ultimi anni l’artista ha reso sistemica la tattica dell’appropriazione indebita e del furto di oggetti, elementi e simbologie, soprattutto del mondo dei grandi marchi conosciuti da tutti. Tutti questi sconfinamenti interdisciplinari pongono Andrea Renzini in una condizione di nomadismo stilistico ed esistenziale che il critico Roberto Daolio così definì in uno dei suoi ultimi scritti: «Andrea Renzini è uno dei più erranti ed eretici equilibristi e “mime parfait” della pittura vagabonda degli ultimi lustri».

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