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AABU – Intervista sul tour

AABU – Intervista sul tour

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In occasione della fine del loro tour con la data programmata al Covo Club di Bologna, ho intervistato la band degli AABU.

Ciao ragazzi, abbiamo già recensito in passato i vostri due lavori, ora terminate il tour, cosa è successo in questo periodo, dall’uscita dell’album alla fine del tour?
Ciao! Dall’uscita di Abbiamo Ancora Bisogno di Urlare è passato un anno, nel quale chiaramente ci siamo dedicati alla promozione del disco e alla cosa che preferiamo in assoluto, ovvero i concerti. Per questo disco abbiamo preferito un tour con meno date, ma più importanti. Qualità invece di quantità. Ad esempio due belle serate in Liguria a Genova e ad Albenga, oppure il live bolognese in apertura a Motta per l’Oltre Festival.

Avete ancora bisogno di urlare o avete trovato la pace? Il successo del tour vi ha rasserenati o avete ancora rabbia da sfogare (in musica)?
Abbiamo Ancora Bisogno di Urlare nasceva da alcune riflessioni che ci eravamo trovati a fare, tutti e 5, su cosa significhi oggi in Italia essere una band emergente. Poi in realtà il discorso si era ampliato parecchio, andando a toccare tante questioni più personali che avevano comunque la matrice comune della rabbia. Oggi forse stiamo acquistando una parte di consapevolezza e accettazione, anche se le cose attorno a noi non cambiano significativamente. Il successo del tour, o la bella reazione della critica al disco, non cambiano il fatto che il mondo musicale nel nostro paese vive un momento abbastanza oscuro, medievale. Diciamo che se in quel disco avevamo raccontato il momento di reazione istintiva a un disagio, ora vorremmo sviluppare e analizzare musicalmente la coda di quel sentimento, le conseguenze che la rabbia provoca in te e in chi ti circonda.

Quanta importanza ha la dimensione live per voi?
Forse diciamo una cosa banale, ma non esiste una band senza i concerti. Il concerto è un rito, un
esorcismo, è un momento di condivisione che ha due forme. Da una parte è un’unione molto intima fra noi 5, sul palco tendiamo a cercarci molto, siamo una band di contatto fisico perché ognuno sa il significato che ogni canzone ha per l’altro. È come se ci proteggessimo, ci prendessimo cura l’uno dell’altro suonando insieme. Dall’altra parte è una condivisione aperta, verso chiunque sia davanti a noi. Non c’è niente di più bello che vedere le persone reagire ognuno a proprio modo a ciò che tu fai, dici e suoni sul palco. Si passa dai bambini che non hanno filtri, agli adulti che vogliono starsene in disparte, agli amici che vengono lì sotto tutte le volte e ti fanno sentire a casa. Non potremmo mai farne a meno.

Partecipare a festival importanti e aprire per artisti come Motta, quali ricordi, esperienze, aneddoti, ci potete raccontare?
Più che un aneddoto in particolare, il bello di fare concerti di dimensioni diverse è che ti porta a
vedere come ogni artista sceglie di prepararsi a quel momento fondamentale di cui abbiamo parlato, quel momento di nudità di fronte al pubblico. Il backstage è bello perché le barriere di fama si annullano, non c’è snobismo perché c’è quella tensione positiva, quell’elettricità che non vedi l’ora di rilasciare col primo accordo ed è una sensazione molto democratica, che non guarda in faccia nessuno e non si preoccupa di quanti dischi hai venduto. I concerti grandi poi sono bellissimi per l’organizzazione: tutto funziona, tutto gira senza sforzo, Sali sul palco e vedi bene, senti bene, hai spazio, hai facce professionali attorno. Ti rendono la vita più facile e ti concentri solo su fare il concerto migliore che puoi.

Tornare al Covo per chiudere il tour, una location storica nel panorama della musica live e di Bologna, che cosa vi aspettate? Cosa promettete a chi verrà a vedervi?
Il Covo per noi è lo stadio di casa. C’è un’armonia in quel club, un rispetto per qualunque artista dal più infimo al più grande che non è la regola in Italia. Lo staff è di un’altra categoria, semplicemente. E non deve sembrare una sviolinata, ci conosciamo da anni con tutti loro e ormai il rapporto è andato oltre il semplice “veniamo a fare un live nel vostro locale”. Quando è stato il momento di organizzare i release party dei due dischi, non avevamo altri luoghi in mente: col primo era una scommessa che abbiamo fatto entrambi, col secondo abbiamo cementificato il discorso iniziato qualche anno prima, arrivando a una manciata di ingressi dal sold-out. C’è anche una scommessa in ballo… ma dobbiamo tacere a riguardo. Ora vogliamo chiudere il cerchio, è la fine di un percorso per la band e dobbiamo sentirci a casa per farlo al meglio. Chi verrà a vederci può aspettarsi qualche sorpresa inaspettata, mettiamola così: stiamo tornando a fare i conti con alcune cose del nostro passato… Ma basta spoiler, se no che gusto c’è?

Avete sentito qualche cosa di interessante ultimamente a livello musicale?
Quest’anno è uscita tanta roba interessante, e abbiamo anche visto un paio di concerti veramente mozzafiato: Thom Yorke e Bon Iver su tutti. Roba che ti riconcilia col mondo musicale e ti dà speranza per il futuro. Ma se volete sapere qual è la canzone in repeat nei nostri viaggi in macchina, ultimamente siamo completamente ossessionati da “Balance, not symmetry” dei Biffy Clyro.

Progetti futuri?
Ogni ciclo che si chiude ti lascia un po’ a corto di energie e alla ricerca di nuovi stimoli, noi con
Abbiamo Ancora Bisogno di Urlare ci siamo veramente spremuti e spinti oltre i nostri limiti in termini di storie da raccontare. Da un mesetto abbiamo cominciato a pensare al prossimo disco. È ancora un piccolo embrione, ma gli vogliamo già bene come a un figlio.

MAURIZIO DONINI

Members:
Emanuele Sgargi – Voce
Alessandro Cairo – Chitarra
Mattia Pace – Chitarra
Michele Zappoli – Basso
Sonia Bondi – Batteria

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