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The Assassination of Julius Caesar by ULVER – Recensione a cura di Elena Arzani

The Assassination of Julius Caesar by ULVER – Recensione a cura di Elena Arzani

Album
The Assassination of Julius Caesar

Band
Ulver

Etichetta
House of Mythology

Data pubblicazione
7.4.2017

Formato
LP / CD / LD

I lupi norvegesi, Ulver, dopo un quarto di secolo di carriera alle spalle, propongono un album di nuova svolta, cambiando nuovamente pelle, ma non cuore.
Avvisaglie di derivazione pop-elettronica, si eran già udite nei precedenti Childhood’s EndATGCLVLSSCAP e Wars Of The Roses, fino a trasformarsi definitivamente nel secondo dei tre album già sfornati con la nuova etichetta “House of Mythology“,  mixato dalla star, Martin “Youth” Glove, conosciuto da gruppi come Killing Joke e The Fireman (con Paul McCartney), produttore di “Bitter Sweet Symphony” di The Verve e molti altri importanti.​
Kristoffer Rygg in compagnia di Ole Alexander Halstensgård, già partecipe in altri album, forma il nucleo principale della band insieme a Jørn H. Sværen e Tore Ylwizaker.
Molti gli ospiti di spicco, il famoso chitarrista sperimentale Stian Westerhus mette la sua firma personale su diverse tracce, lo stesso vale per i membri associati Anders Møller e Daniel O’Sullivan. Il leggendario sciamano Hawkwind Nik Turner aggiunge il suo sax a “Rolling Stone”.
“The Assassination of Julius Caesar” si propone come una rilettura in chiave mistica ed a tratti visionaria, di diversi accadimenti d’attualità mondiale, come l’incidente mortale di Lady D, che i Lupi assorbono e trasformano in una nuova opera d’arte musicale, che dà l’avvio all’album ed affonda le radici nell’epica e nella rappresentazione scultorea del “Ratto di Proserpina” del Bernini, raffigurato in copertina.
I conflitti della società, inscritti nella circolarità della storia, cara a Giovanbattista Vico, sono centrali in questi brani, che restano fedeli al cuore selvatico e cupo della band norvegese, a quei racconti nati nei boschi, a contatto con la natura, impregnati di antica saggezza e folklore popolare, che compiono balzi quantici e riemergono in date e luoghi distanti tra loro, spaziando  dal fallito tentativo di omicidio di Papa Giovani Paolo II nel Maggio del 1981, a quell’edificio nero, edificato al numero 6114 di California Street, a San Francisco, meglio noto come il quartier generale della Chiesa Satanista di  Anton LaVey. 

Su questo sfondo si inseriscono i synth di derivazione pop, che già in passato hanno avvicinato la poetica musicale degli Ulver al sound britannico dei Depeche Mode, prendendo le definitive distanze dalle sonorità dark metal, che li ha portati in auge, facendoli diventare una delle band più interessanti del panorama scandinavo.

“I want to tell you something
about the grace of faded things” 

Così intona “Southern Gothic”, squarciando il silenzio, con un inno che sembra affondare le dita nei versi di Marcel Proust, ne “Alla ricerca del tempo perduto”, la provocazione artistica di un synth-pop, che emerge dal buio, con rullate di batteria rombanti in cui affoga il mito di una dea come Diana, in cui s’innervano le stratificazioni musicali di questi sound ricercati e sperimentali, la voce femminile ululante della chitarra, il cantato di Kris.

Ciò che tuttavia sorprende, è l’incredibile versatilità artistica di questi lupi, che con estrema eleganza e raffinatezza musicale, hanno saputo surfare trasversalmente tra generi agli antipodi, senza mai far rimpiangere il passato, pur rimanendo fedeli ad un corpus narrativo legato alla natura, al paganesimo ed all’amore per il silenzio, che Kristoffer Rygg identifica, come l’unico vero suono del futuro.

“What have I done to leave you here,” si domanda Kris nell’ultima traccia “Coming Home”. L’odissea dei Lupi norvegesi continua, senza paura di ridefinire il proprio sound, aggiungendo tasselli pop e romantici all’immaginario scenario delle fredde lande scandinavi.

Riduttivo quindi classificarlo come pop, per quanto la derivazione possa approdare a tali lidi, ci troviamo di fronte ad una nuova opera per nulla commerciale, che per quanto si avvicini ad un bacino di pubblico maggiore, non rinuncia alla finezza di impalcature sonore degne dei più grandi artisti.

​Voto: 5/5

Elena Arzani

Brani
Nemoralia
Rolling Stone
So Falls the World
Southern Gothic
Angelus Novus
Transverberation
1969
Coming Home


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Milano, presso Santeria Social Club – a cura di Elena Arzani
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Autore

Elena Arzani
Art director, fotografa e giornalista. Masters di Laurea in  Communication Design, and Arts (Central St. Martin’s di Londra). Esercita da oltre 20 anni nei settori della moda, pubblicità ed editoria dell’arte contemporanea e musica. Vive a Milano e Londra.