“Transformer”: quando David Bowie risollevò la carriera di Lou Reed

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“Buona la prima!”

Questo è quello che si dice spesso a riguardo di prime volte particolarmente convincenti.

Sicuramente ciò non si può dire per l’esordio da solista di Lou Reed, che se al battesimo di fuoco dei suoi Velvet Underground era riuscito a sfornare una vera e propria pietra miliare della musica, con il suo album omonimo invece andò incontro alla “débacle” più totale.

Il suo primo lavoro in proprio fu infatti stroncato dalla critica, che ne sottolineò una pessima produzione ed una mediocre interpretazione da parte del rocker newyorkese, tanto da farlo sembrare la brutta copia di se stesso. Tutto ciò, inutile dirlo, fu ovviamente accompagnato da un clamoroso flop commerciale.

Nonostante questo però la RCA Records decise di giocarsi il tutto per tutto. Accettò infatti di pubblicare il secondo lavoro da solista di Lou, a neanche un anno di distanza dal precedente, ma ad una condizione ben precisa. Quale?

La casa discografica volle affidare la produzione del disco ad un artista britannico che pochi mesi prima aveva pubblicato un concept album che narrava della venuta sulla Terra di un alieno dalle sembianze da rockstar. Il nome dell’alieno era “Ziggy Stardust”, e l’artista in questione si chiamava David Bowie.

La produzione venne quindi affidata a Bowie, che decise di portarsi dietro il suo braccio destro dell’epoca: il chitarrista degli “Spiders From Mars” Mick Ronson. Ronson si occupò anche degli arrangiamenti dell’opera, suonando come chitarra solista, pianoforte e flauto.

Il risultato è strepitoso e il merito va ovviamente anche a Lou Reed che inserì dei pezzi decisamente più ispirati. Tranne Satellite of Love e Andy’s Chest, unici brani scritti nel periodo dei Velvet, tutto il resto era nuovo materiale. Praticamente l’opposto dell’album precedente.

“Transformer” divenne quindi il disco che conosciamo, uno fra i più importanti nella storia del rock, con brani eccezionali. Da quel Walk on the Wildside uscito come primo singolo su consiglio di Bowie (il quale all’interno del brano fece suonare il suo maestro di sax), fino a Perfect Day. Una delle ballad più famose di tutti i tempi, che fra le altre cose negli anni ‘90 avrebbe fatto da colonna sonora ad uno splendido momento di regia ad opera di Danny Boyle, in quel capolavoro che è Trainspotting. Ma questa è un’altra storia…

di Francesco Vaccaro