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ZUCCHERO “SUGAR” FORNACIARI – D.O.C. DELUXE EDITION, IL NUOVO PROGETTO

ZUCCHERO “SUGAR” FORNACIARI – D.O.C. DELUXE EDITION, IL NUOVO PROGETTO

Zucchero foto ufficiale

Conferenza stampa su Zoom e intervista a un grande del panorama musicale nazionale e internazionale, Zucchero “Sugar” Fornaciari che ci ha presentato “D.O.C. Deluxe Edition” il suo nuovo progetto discografico, disponibile in tutti i negozi e sulle piattaforme digitali.
Lunghissima carriera, 65 anni splendidamente portati, vulcano di idee ed esplosione di emozioni, esperienza, passione per la musica, presenza importante, amore per le sue radici, l’Emilia Romagna. Il nuovissimo progetto contenente tutti i brani dell’album “D.O.C.” più 6 nuove canzoni, inedite per Universal, tra cui “September”, singolo che vede il duetto con un altro grande artista internazionale quale Sting. Ci confessa anche che “quando abbiamo fatto il video ero mezzo rinco …” L’occasione è virtuale, come ormai sicuramente sempre più sarà e come è accaduto per altri grandi artisti intervistati per Tuttorock.
Zucchero, in hotel a Milano, ci ha raccontato il nuovo disco durante una piacevolissima conferenza stampa, appunto virtuale e l’occasione è stata quella di parlare anche della crisi della musica, della cultura in generale, dei live fermi e dei sostegni e ristori. Non è mancato il pensiero ai lavoratori dello spettacolo. I suoi concerti all’Arena di Verona e il tour mondiale sono slittati e il debutto è previsto ad aprile 2021: “Chissà se potremo farli”– ci ha detto in conferenza stampa – “magari a capienza ridotta o con tamponi rapidi, osservando tutte le normative. Penso a chi lavora nel settore e deve fare altro per sopravvivere, mentre in altri Paesi gli aiuti alla musica sono arrivati rapidamente”. “Ci dicono che probabilmente a metà gennaio sapremo se potremo ripartire e in che modo. Non credo che partiremo a totale capacità ma a “capacità Covid”. Io suonerò lo stesso. Io devo suonare, dobbiamo dare un segnale di rinascita”. Il progetto esce in vinili colorati e Zucchero ricorda che è un vezzo: anche Paul McCartney – come gli ha confidato il manager dell’ex Beatles – ne ha fatti realizzare ben undici, tutti colorati”.

Come è nato il progetto con Sting, il duetto di “September”?
Durante l’estate scorsa, 2020, era in vacanza nella sua villa di Figline Valdarno e ci siamo trovati. La canzone è nata come risposta a questa pandemia, quando guardavamo a settembre come ad un momento positivo, in cui tutto – pensavamo – sarebbe finito.

Sting l’ha voluta come padrino di sua figlia Coco. Come è andata?
Ha detto di aver sentito che ero una persona con i piedi per terra, genuina e buona. Il video di September l’ha voluto girare alle 6.30 di mattina. Per me era un problema grande visto che mi alzo all’una. Lui invece è abituato ad alzarsi presto perchè quando era piccolo, prima di andare a scuola, aiutava suo padre a distribuire il latte.

Come nasce l’idea, quali sono il filo conduttore e le sensazioni di questo nuovo progetto artistico? Cosa lega i brani?
Sono molto geloso di questo album, quasi quasi volevo tenerlo per me perché poi, una volta fuori, ognuno lo fa suo nel bene o nel male. Sono geloso, perché lo considero molto mio, nell’intimo, nel senso che gli undici brani di “D.O.C.” rispecchiano esattamente il mio stato d’animo attuale, quello che vivo in questo periodo, quello che penso, quello che sento, in modo più libero e diretto rispetto al passato, senza troppi fronzoli. In un certo senso più semplice ma più complesso. Rinnovarsi rimanendo se stessi è una cosa difficile, ma penso di esserci riuscito con “D.O.C”.
Cerco di fare le cose che mi piacciono e che mi riportano all’inizio della mia carriera, cose ancora attualissime. Soprattutto nei testi, nei concetti, sono tornato un po’ alle origini; c’è un ritorno all’impegno civile che rispecchia il modo in cui cerco di vivere anche la mia vita privata. Le restrizioni, la pandemia ma non solo, la libertà perduta, quella che ci siamo dimenticati e che pensiamo di avere acquisito ma che non è affatto così: vediamo infatti gli scenari politici attuali mondiali, le crisi e le guerre economiche, i cambiamenti climatici, i ragazzi di Hong Kong o di Barcellona, gli emigrati, tematiche importanti quali per esempio la Foresta Amazzonica ed altri temi urgenti.
Ciò che lega “D.O.C.” e i nuovi inediti è che D.O.C. è un album dove in ogni canzone c’è un inizio di “redenzione”, c’è qualcosa che ha a che fare con la luce, una scia che sto cercando. La stessa cosa la trovate nei brani aggiuntivi come September e Don’t Cry Angelina. A me non piace fare un album uguale all’altro con gli stessi suoni e la stessa matrice. Ora finiamo il capitolo di Doc, il prossimo sarà un altro viaggio e un’altra ricerca. Don’t Cry Angelina cantandola e sentendola finita è il brano che ancora mi emoziona maggiormente”.

Parliamo della musica, degli arrangiamenti, del dosaggio tra strumenti organici e sintetici:
“D.O.C.”, per quanto riguarda la musica, è un progetto attualissimo, moderno, contemporaneo, nei suoni, negli arrangiamenti, nel dosaggio appunto equilibrato di strumenti organici e sintetici, frutto di un grande lavoro di un anno e mezzo di ricerca, sperimentazione, con incursioni nel soul, nell’R&B, nel gospel, nel pop e anche prog. Dalla pre-produzione nel mio studio Lunisiana Soul con l’amico produttore-musicista Max Marcolini, al mio fianco dal 1998, alla realizzazione tra Islanda, Los Angeles e San Francisco con diversi giovani produttori e musicisti provenienti da diversi paesi, come Nicolas Rebscher dalla Germania, Joel Humlén dalla Svezia, Ian Brendon Scott & Mark Jackson dagli Stati Uniti, Steve Robson dall’Inghilterra e Eg White sempre dagli USA; tutti diretti e amalgamati da Don Was e me. Inoltre, importanti collaborazioni con giovani artisti come Rag’n’Bone Man, Frida Sundemo ed Eg White. Infine, co-autori e vecchi amici come Francesco De Gregori, Pasquale Panella e Davide Van De Sfroos. Anche Mimmo Cavallo, la collaborazione a distanza di dieci anni da “Vedo nero” che all’epoca mi colpì molto per il modo di interpretare, per i testi e gli arrangiamenti, abbiamo avuto modo di condividere nuovamente progetti.

Alcune tracce significative del nuovo disco:
Succede” riprende i rapporti sentimentali, la donna che mi ha ferito. La ferita non passa mai, si rimargina ma resta. Tra i brani, ci saranno sempre almeno due o tre canzoni che parlano di me e delle mie radici, del mio vissuto. “Succede” è nato durante il periodo proprio di scrittura del disco D.O.C. ed è rimasto in un cassetto fino a quando ho deciso, durante il primo lockdown, di lavorare al testo e rimetterci mano. Si tratta di un brano rhythm and blues abbastanza ironico che nasconde molti doppi sensi. Una riflessione su ciò che si vorrebbe avere e non si ha. Un dialogo con un amore passato, non finito bene, per il quale essere disposti a fare di tutto senza chiedere nulla in cambio.
Facile” è una canzone che faceva parte della rosa dei brani nati durante la creazione di DOC, rimasta incompiuta. Successivamente, rimettendo mano al testo al testo e agli arrangiamenti ne è nata una simpatica diatriba tra due innamorati.
Non illudermi così” è un brano che ho scritto interamente durante il periodo marzo-settembre 2020: si tratta di una cover di Don’t Make Promises, canzone della metà degli anni ‘60 scritta da Tim Hardin, autore e cantante americano che ha vissuto una vita piuttosto complicata e difficile. Questo suo brano mi ha sempre colpito sia per il testo che il ritmo. È una canzone che risente molto di sonorità appartenenti a New Orleans; ho voluto lavorare a un testo in italiano, con l’auto di Mimmo Cavallo, trasformando il senso originale della canzone in un concetto più attuale. Nonostante in questi ultimi anni ne siano state fatte diverse versioni e cover, ricordo per esempio quella realizzata da Paul Weller, resta una canzone che mi scuote, mi muove sempre qualcosa dentro e che trovo molto adatta al momento storico che stiamo vivendo.
Winchita Lineman” è un brano di Jimmy Webb che è stato cantato per la prima volta da Glen Campbell, fine anni ’60. Trovo che abbia una melodia molto bella e attuale, è un brano che ascoltavo da ragazzo, strimpellando con la mia chitarra. Anche questo brano è stato riproposto da vari grandi artisti come Ray Charles e James Taylor.
Don’t cry Angelina” è una canzone che è rimasta nel cassetto per molti anni. Nata ai tempi di Oro, incenso e Birra, L’ho ripresa, ho rimesso mano anche qui, l’ho riarrangiata e scritto il testo in italiano. La storia è molto particolare: parla di una giovane ragazza partigiana, durante la guerra, innamorata di un partigiano dal quale è stata costretta a separarsi. È una storia d’amore molto molto intensa, ispirata da “Angela, Una storia d’amore nella guerra partigiana” di Ezio Meroni.

Un pensiero anche per Paolo Rossi, mancato recentemente, Campione del Mondo con l’Italia 1982:
Una persona semplice, dolce e intelligente. Abbiamo fatto insieme delle partite di beneficienza e lui era sempre pronto, sempre in prima linea. Ci trovavamo anche ogni tanto in estate, a giocare. Era una persona impeccabile.

Ad una domanda finale sul momento di crisi della musica e di tanti settori, a causa dell’emergenza sanitaria di tutto il mondo, crisi e difficoltà che ruota attorno ai live, Zucchero risponde a noi giornalisti, speaker e conduttori radiofonici senza girarci troppo intorno “ Vedo poco interesse da parte delle Istituzioni ma non solo verso la musica, parlo di cinema e teatro, anche. Sui giornali leggo che il Governo quando parla di cultura parla del ritrovamento di un mosaico a Pompei, che va benissimo – intendiamoci – è culturalmente molto alto, ma c’è anche la cultura che se vogliamo possiamo chiamare “più bassa”. Ci sono state nelle settimane e mesi precedenti, molte manifestazioni di addetti ai lavori tecnici, delle maestranze lavorative dello spettacolo ma io non ne sento mai parlare. Hanno detto che facciamo divertire … vuol dire che si continua a considerare questa professione un divertimento e non rientra in un problema culturale, questo per me è cosa grave. Vorrei che arrivassero i soldi e i sostegni ai tutto quelli che lavorano dietro a un concerto , i soldi promessi. Stiamo parlando di tanta gente specializzata che lavora e che rischia. La “crew” si fa un mazzo così. A me non me ne frega un ca**o ma per favore, sostenete chi lavora intorno allo spettacolo”.

Alessandra Paparelli