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YUNG BELIAL – Il nuovo disco Mirror

YUNG BELIAL – Il nuovo disco Mirror

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In occasione dell’uscita di Mirror, su etichetta Subsound Records, prodotto da Luciano Lamanna, musicista da anni attivo nella scena techno, rap e metal underground con vari alias e diversi progetti (Scuderia, Ministero Dell’Inferno, Tekno Mobil Squad, Intolerant fra gli altri), ho intervistato Yung Belial, artista che unisce i suoni contemporanei della trap al mondo metal e industrial.

Ciao Yung! Benvenuto su Tuttorock, innanzitutto come stai?

Bene, grazie, in questo periodo mi tengo impegnato per scivolare tra una quarantena e l’altra, ma è meno peggio di quanto mi aspettassi.

Lo scorso 30 ottobre è uscito il tuo nuovo album, “Mirror”, che riscontri stai avendo?

Fortunatamente i miei fan si sono adattati al cambio stilistico. Non manca la gente che rimpiange lo stile precedente, ma penso sia qualcosa con cui qualsiasi artista eclettico si deve trovare a fare i conti prima o poi.  Ho così tanta musica da far uscire in futuro che sono sicuro soddisferà i gusti di tutti.

Parlami un po’ di come nasce un tuo brano, parti dai testi poi aggiungi i suoni o viceversa?

Solitamente preparo prima la strumentale, è molto difficile che io inizi prima dal testo, anche se di solito il concept della traccia dal punto di vista delle lyrics l’ho già ben chiaro ancora prima di fare il beat. Penso che molta gente faccia così perché è molto più difficile, o comunque più lento, adattare una base al testo che viceversa, e in un certo senso a volte ti spinge in direzioni nuove. In base al beat a volte ti trovi a usare dei flow che non hai mai utilizzato prima, quindi è divertente adattarsi alle ritmiche della strumentale.

Ti sei avvalso della collaborazione di uno storico produttore, Luciano Lamanna, attivo da anni nella scena techno, rap e metal underground, come sei arrivato a lui?

Notai un suo beat che aveva postato su Instagram (che poi è diventato il beat di Nailbomb) e mi accorsi che aveva tra le persone seguite Blssnd, un grafico eccezionale che mi accompagna nel mio percorso praticamente dall’inizio della mia carriera. Così gli scrissi chiedendogli di Luciano e lui ci mise subito in contatto. Dopo qualche giornata passata a parlare ci siamo messi d’accordo e sono andato a Roma a fare il disco.

Si sente molta rabbia e sofferenza nei tuoi versi e nella tua voce, è la musica la tua migliore valvola di sfogo e la miglior terapia per scacciare i demoni interiori?

Assolutamente sì. Penso che fare musica sia meglio di andare dallo psicologo o di fare yoga, mi da veramente una soddisfazione indescrivibile. Potersi sfogare, nel modo in cui si vuole, con piena libertà artistica, è fantastico. Non sempre è sufficiente a liberarti dal dolore e dalla tristezza ma sicuramente è qualcosa che reputo strettamente necessario.

Nella tua proposta musicale ci sono molte influenze diverse, in particolare trap, metal e industrial, tu ascolti un po’ di tutto?

Sì, ho sempre ascoltato molta musica sin da quando ero piccolo. Ancora prima di compiere 10 anni ascoltavo già Eminem, Marilyn Manson, Linkin Park ed altri. Penso che questo ibrido di rap, metal e musica elettronica sia sempre stato parte di me, dopotutto crescendo con la musica e l’estetica dei primi anni 2000 l’ho assorbito e ora fa parte del mio sistema. Crescendo ho scoperto la musica industrial e per me è stato un colpo di fulmine, è la definizione di tutto ciò che amo, e mi rispecchio molto nell’immaginario distopico che spesso viene ripreso dai gruppi del genere.

Oltre a quelli che mi hai detto, quali sono gli altri artisti del passato e quali quelli di oggi che più apprezzi?

Per quanto riguarda il passato, nonostante molti siano ancora attivi come gruppi, oltre ai già citati Marilyn Manson e Linkin Park, ti dico Nine Inch Nails, Deftones, e Porcupine Tree. Invece gli artisti contemporanei che apprezzo di più sono Bones, Code Orange, Bring Me The Horizon e tutta la gente con cui lavoro. Molti si lamentano che la musica odierna non sia di qualità in confronto ai gruppi e agli artisti del passato ma penso che soprattutto nella scena rap e metal sia pieno di gente molto valida.

Spiegami un po’ il significato del tuo nome d’arte.

Yung, nonostante sia un prefisso classico nella trap, l’ho scelto per il richiamo a Carl Jung, per citare la qualità introspettiva della mia musica, mentre Belial, che è il nome di uno dei principi dell’inferno, l’ho scelto perchè nella bibbia satanica è scritto che la sua traduzione dall’ebraico antico significa “senza padrone”, perchè rappresenta come voglio vivere e come mi voglio sentire.

Non pensi che la tua musica sia troppo sperimentale per un paese un po’ conservatore come l’Italia? Ti vedi più come un artista internazionale?

Assolutamente, penso che un disco come Mirror potrà essere apprezzato qui solamente tra qualche anno, fortunatamente quasi tutti i miei fan sono esteri quindi posso osare senza dovermi preoccupare dei canoni oserei dire patetici ai quali siamo abituati qui.

Sicuramente il fatto che io canti in italiano mi ha aiutato a creare un pubblico all’estero inizialmente perchè per loro è qualcosa di nuovo, non sono abituati a sentire musica italiana, soprattutto in questo genere. Penso, però, che per mantenere un interesse internazionale e superare la barriera linguistica, sia bene anche scrivere cose che possano capire anche loro, quindi ho molta musica inglese da far uscire in futuro.

Dopo questo disco, considerando anche il periodo di incertezza globale, quali sono i tuoi progetti?

Far uscire una marea di canzoni. Proprio perchè il clima è incerto non voglio buttare del tempo a deprimermi a casa per quanto tutto stia andando male, quindi lavoro ogni giorno su dei pezzi nuovi. Ho accumulato, tra singoli ed EP, almeno una cinquantina di brani, quindi si prospetta un anno indaffarato, e spero anche pieno di soddisfazioni.

Grazie mille per il tuo tempo, vuoi dire qualcosa a chi ha letto l’intervista fin qui e invogliare i lettori ad ascoltare la tua musica?

Grazie a voi, per chiunque abbia letto l’intervista e non abbia la più pallida idea di chi io sia ho solo questo da dire: se vi piace la musica sperimentale, cruda e sporca, sono sicuro che Mirror sia un disco che farà per voi, e non rimarrete delusi dall’ascolto.

MARCO PRITONI