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VINTAGE VIOLENCE – Intervista su “Contro la Società Securitaria”

VINTAGE VIOLENCE – Intervista su “Contro la Società Securitaria”

In occasione dell’uscita del loro nuovo singolo “Contro la Società Securitaria” ho intervistato Rocco Arienti dei VINTAGE VIOLENCE.

“Contro la Società Securitaria” è un titolo che non passa inosservato: com’è nato e cosa rappresenta per voi?
Inizialmente la canzone doveva chiamarsi “Al fatalismo” ma abbiamo pensato che un titolo più diretto ed esplicito si sposasse meglio con l’intenzione del brano e con la visione delle cose che presenta, in modo dichiaratamente oppositivo a questo elefante nella stanza che vediamo nel securitarismo.

In che modo questo singolo si inserisce nel vostro percorso artistico? È un nuovo inizio, una tappa di continuità o una rottura rispetto al passato?
È in un certo senso un ritorno ad un’urgenza espressiva “a tinte forti”, che è esattamente quello che ci ha spinti ad iniziare a suonare all’inizio: la necessità di additare un cortocircuito nel mondo che viviamo senza usare mezzi termini.

La vostra scrittura ha sempre oscillato tra sarcasmo e impegno. In questo caso, qual è stata la scintilla che ha acceso la canzone?
È ritratta nel videoclip la scritta che ha ispirato il ritornello della canzone, una riformulazione della frase conclusiva de “Il Capitale” di Marx (“Il proletariato non ha nulla da perdere all’infuori delle proprie catene”) che un writer di nostra conoscenza, che ha chiesto di rimanere anonimo, ha scritto su quei muri, e ha riscritto ad ogni cancellazione. È qualcosa di potentissimo, una forma d’arte pura che abbiamo voluto omaggiare trasferendone la forza resistente (in senso espressivo ma anche politico) in musica, nel nostro piccolo.

Parlate di società securitaria: un concetto forte, che sembra toccare corde molto attuali. Cosa vi ha spinto a confrontarvi con questo tema?
È qualcosa che vediamo da anni e prima o poi sapevamo che ci avremmo scritto una canzone: lo facciamo sempre con i temi che ci stanno a cuore.

Nel testo emerge la tensione tra sicurezza e libertà. Pensate che oggi la paura sia diventata uno strumento di controllo sociale?
Peggio: da strumento di controllo sociale, come era nei secoli scorsi, oggi la paura è stata interiorizzata come condizione umana di base nell’inconscio collettivo. Il capitalismo (vorremmo usare un termine meno ottocentesco ma nessun neologismo finora ne eguaglia la precisione) è il tritacarne dove ogni emozione umana viene vilipesa, figuriamoci un meccanismo di autoconservazione così antropologicamente radicato come la paura. 

C’è un verso del brano a cui siete particolarmente legati o che ritenete il suo manifesto ideale?
Ovviamente il ritornello già citato (“Solo le nostre catene abbiamo da perdere”) ma la seconda strofa ci sembra riassuma bene il lato più propositivo del brano: “so che non vi fermerà di certo una canzone / ma la mano di chi è stanco del baratto / tranquillità per autodeterminazione”. 

Musicalmente il pezzo mantiene l’impatto tipico dei Vintage Violence, ma suona più maturo e stratificato. Come avete lavorato sul sound?
È una canzone nata per una chitarra e abbiamo quindi cercato di privilegiare l’aspetto cantautorale (banalmente: gli accordi di base) rispetto ad incroci o scambi armonici: questa semplicità ci sembra funzioni bene per noi.

Chi ha curato la produzione e il mixaggio del singolo? Avete cercato un suono più sporco e diretto o una resa più levigata e controllata?
La produzione artistica l’ho curata come sempre io (Rocco) mentre il mix è opera di Lorenzo Monti, nostro fonico ed amico fraterno da vent’anni (lo trovate su lostudiorecording.com). Il sound è sempre il nostro ma in questo pezzo in particolare abbiamo ammorbidito alcuni spigoli proprio per valorizzare la scrittura cantautorale.

Ci sono influenze sonore — italiane o internazionali — che vi hanno guidato durante la lavorazione?
No, e questo ci sembra un grande valore aggiunto: stiamo imparando a fidarci del nostro istinto. 

In un panorama musicale in cui molti artisti preferiscono non esporsi, voi scegliete ancora di parlare apertamente di temi sociali. È una forma di resistenza?
Di più: è l’unica forma artistica che riconosciamo.

Quanto pesa oggi, per voi, la responsabilità di scrivere testi che vadano oltre l’intrattenimento?
Purtroppo, sempre di più: la rincorsa spasmodica dei follower è in continua crescita e l’autoreferenzialità è dietro l’angolo. È una responsabilità prima di tutto verso sé stessi.

Se la “società securitaria” fosse un personaggio, come la descrivereste? Un burocrate grigio, un poliziotto interiore, o qualcosa di più sottile?
Esattamente come il personaggio di Adolf Eichmann che emerge in “La banalità del male” di Hannah Arendt: un automa (che sul piano sociale collettivo diventa un automatismo, un treno in corsa senza conducente). 

Questo singolo anticipa un nuovo lavoro in studio o rappresenta un’uscita autonoma?
L’abbiamo pensato come uscita autonoma.

State già pensando a come portarlo dal vivo? Ci sarà spazio per nuovi brani nei vostri prossimi concerti?
Ad agosto abbiamo lanciato un sondaggio chiedendo quale canzone che solitamente è esclusa dalla scaletta live il nostro pubblico vorrebbe riascoltare dal vivo: abbiamo preso atto dei risultati e lavoreremo sicuramente su una nuova scaletta.

Dopo anni di attività, che tipo di eredità vorreste lasciare nella scena indipendente italiana?
La più profonda possibile speriamo, ma senza rinunciare a un grammo di quello che siamo. 

MAURIZIO DONINI

Band:
Nicolò Caldirola – voce
Rocco Arienti – chitarra, testi, cori
Roberto Galli – basso
Beniamino Cefalù – batteria

vintageviolence.it
https://www.facebook.com/vintageviolenceband
www.youtube.com/@vintageviolenceband
https://www.instagram.com/vintage_violence
open.spotify.com/artist/0WGMKokl5OoPCHeP8Beydm
it.wikipedia.org/wiki/Vintage_Violence_(gruppo_musicale)