Triad – intervista agli Charlotte

Il rock è morto? Questi heavy metallers americani non vogliono dare adito a questa affermazione.
Abbiamo intervistato Eric Ganz, leader degli “Charlotte” band che trae il nome da un libro di Elwyn Brooks White, “La tela di Carlotta”, per farci raccontarci il loro ultimo album “Triad”…

Da quando avete iniziato a suonare sono passati quasi quarant’anni e oggi le tecniche di produzione e masterizzazione sono totalmente cambiate, così come le dinamiche di mercato. C’è nostalgia per i vecchi tempi?
Per quanto riguarda la produzione, negli USA esistono ancora spazi, più o meno inflazionati, in cui incidere come band equivale ancora a partecipare attivamente al rituale organico e fraterno della registrazione dal vivo. Dall’Electric Lady di New York al Paramount di Los Angeles, questi luoghi hanno ancora molto da offrire. Il Paramount è uno spazio fantastico e ancora oggi alcuni dei nostri suoni migliori escono da lì. Nell’ambito di un progetto moderno o particolare, forse si può ridimensionare il tutto registrando da digitale e remoto, ma per la maggior parte dei casi si può ancora provare questa vibe. D’altra parte, una delle principali differenze che notiamo oggi è nell’attrezzatura e nel processo di editing. Invece di unire nastri analogici da due pollici e metterli insieme, ora si tratta solo di cliccare e trascinare.
L’importante dal mio punto di vista è che organicamente i musicisti continuino a fidarsi innanzitutto delle loro orecchie e delle loro abilità musicali.
Dal punto di vista del marketing, invece no. Non c’è nessuna nostalgia. Ci entusiasma l’opportunità di poter diffondere rapidamente la notizia di un’ uscita. La pubblicazione dei singoli prima dell’uscita di un album ha un’impronta meno netta rispetto al passato. Non è più scontato pubblicare un singolo qualche settimana prima dell’uscita ufficiale, si ha infatti più libertà, basta pubblicare il singolo e il pubblico dà un feedback: “ok, spacca! Cos’altro hai?”.

Avete suonato nei maggiori club americani Whisky-a-Go-Go, The Roxy e Fm Station… insieme a gruppi dello spessore di Warrant, Racer X, XYZ e Vixen. Un’epoca d’oro della musica, quali sono i vostri ricordi più belli di questo periodo?
Il Whisky è sempre stato uno dei nostri locali preferiti per fare da headliner, capace di incarnare l’atmosfera iconica del rock ‘n’ roll piuttosto “down ‘n’ dirty”. Eravamo presenti alle jam del lunedì sera, un’ottima occasione per vedere la macchina del metal in azione: tutti gli amici, i rivali e l’industria riuniti insieme. Era uno show-and-tell di serie A e dovevi avere la tua strategia per farti notare. I Racer X erano una bella situazione. Provavamo in fondo al corridoio, al Vernon, un complesso di studi industriali di fronte al mattatoio, ai margini del centro di Los Angeles.
Il chitarrista Paul Gilbert si stava già facendo un nome e il vocalist Jeff Martin era molto in sintonia con gli Halford. Sapevamo che all’epoca erano i pezzi grossi dell’edificio, quindi quando siamo stati scritturati per uno show con loro ed è stato un onore e una gradita occasione per brillare accanto ad alcuni dei migliori. Anche il Country Club di Reseda, in California era un grande locale che ha ospitato molti nomi all’epoca.
Uno dei miei concerti preferiti è stato quello con Hall and Oates al China Club con solo i due artisti in cartellone. Era un ambiente sorprendentemente intimo e, in qualche modo, ci siamo comportati bene anche se l’atmosfera era molto attenuata.

Nonostante il passare degli anni avete mantenuto la vostra identità hard’n’heavy rimanendo fedeli al vostro sound unico e distintivo. Certamente è piuttosto difficile continuare ad essere genuini, come avete trovato un equilibrio?
La risposta più semplice che mi viene in mente è che facciamo ciò che ci piace veramente fare come musicisti e individui. Prima di trasmetterlo dobbiamo sentirlo come se facesse male. Attingiamo alle influenze e alle ispirazioni naturali che guidano il suono. Nell’Era di Spotify e della lista perpetua di canzoni, l’ascoltatore di oggi è generalmente aperto a molti stili di musica. A prescindere da ciò, ci concentriamo sul messaggio della musica, sul linguaggio e sulle diverse frequenze. Ci chiediamo: “cosa stiamo dicendo con questo?”. A volte è un processo pesante, altre volte un sussurro oscuro. Ogni qualità unica, in seguito, deriva dalla capacità di aprire le porte della propria anima, trascendere ogni aspettativa e lasciarsi andare.

Com’è essere parte degli “Charlotte”, quale la vostra giornata musicale tipo?
All’inizio e per gli anni successivi si trattava di rock all night & sleep all day. A meno che non si trattasse di un grande evento diurno gli spettacoli erano sempre di notte. Preferivamo registrare di notte piuttosto che nei pomeriggi assolati della California. Aveva un senso fisiologico. Le responsabilità sono cambiate nel corso degli anni e sono certo che in media ci alziamo un po’ prima. L’etica del lavoro è comunque sempre presente. Vin e io abbiamo fatto un discreto lavoro di composizione per il cinema, la TV e i media. Si tratta di un lavoro che di solito viene svolto a distanza, non così impegnativo dal punto di vista fisico.

Ma passiamo ora al vostro ultimo EP. Tre è il numero definito “perfetto” rappresentando la mediazione tra gli opposti. Nella sua raffigurazione geometrica, il tre diventa un triangolo riunendo due punti divenendo esempio del ritorno da un multiplo ad un’unità. E’ un simbolo forte sia in ambito religioso come trinità (padre – figlio e spirito santo) ma anche esoterico incarnando la consapevolezza. Per il vostro ultimo EP avete scelto di includere tre tracce una “Triad”, Come mai proprio questa scelta?
Il numero di canzoni – in questo caso 3 – è stato il fattore iniziale per la creazione del titolo potenziale. Il significato si è naturalmente ampliato da lì, realizzando l’aspetto unificante del numero 3 e il modo in cui si riferiva all’opera. Nella tua domanda hai dato una parte della risposta: il 3 è il numero della riconciliazione. La riconciliazione degli opposti e il primo numero che rappresenta un insieme completo. L’1 è singolo, il 2 è una coppia, poi c’è il 3. Musicalmente parlando, la triade è il primo insieme, o accordo, che diventa di nuovo una cosa singolare. Tutto ciò che precede è una nota o un frammento. Sono stati presi in considerazione anche il tripode e, sì, il triangolo. Altri due esempi di riconciliazioni che conferiscono uso e unità. Il 3 è il numero finale dell’Indovinello della sfinge, dove al crepuscolo della sua vita l’uomo deve tornare al numero 3 aggiungendo un bastone per rimanere in piedi e funzionale. La prole è il risultato di due punti che si uniscono e si connettono, favorendo la vita, la carne e il sangue. La Santissima Trinità. Mente, Corpo, Spirito. La terza volta è quella buona. Tre colpi e sei fuori. La morte arriva sempre in 3”. È sempre presente nel nostro essere, nella nostra cultura.

Anche il simbolo sulla copertina sembra richiamare un riferimento mistico, una sorta di Zoso alla Led Zeppelin, me ne puoi parlare?
Mi è arrivato in sogno. Le immagini serpentine, inquietanti e sensuali, in una sincronia atipica e innaturale, suggeriscono un’urgenza controllata. Chiavi con cui chiudere o aprire. L’aspetto a incastro delle tre figure mostra la forza intima e biologica tra la natura e la condizione dell’uomo. Ancora una volta, una riconciliazione in divenire.

Altri riferimenti mistici ritornano in “Breaking the Ice” e “Tomboy” il quale sulla copertina che ritrae l’immagine di Ashtoreth (עשתרת), divinità dell’amore sessuale e della guerra, venerata nel medio-oriente dagli egizi agli ittiti. Scelta particolare considerando che si tratta di una ballad romantica incentrata particolarmente sul ruolo della chitarra…
Ashtoreth appare in “Tomboy” come l’ultima figura di guerriera e oggetto del desiderio. La sirena forte e bella che può portarvi ad altezze estatiche mentre vi fa a pezzi. Un uber-tomboy, se vogliamo.
“Breaking The Ice” è la fase finale della battaglia, sia essa una lotta interiore o una forza esterna resistente. La rottura di o tra due o più individui che annegano nella paura e nell’incertezza alla ricerca di una via d’uscita.

“Monday Christina” ha un’evoluzione sonora molto complessa e differente rispetto alla prima traccia. Pezzo totalmente strumentale si apre in maniera quasi angosciante, preannunciando un’atmosfera tetra, per poi caricarsi di pathos esprimendo un tormento interiore crescente grazie a questa ritmica incalzante e al ruolo predominante della chitarra elettrica, seguita come un’ombra dal suono tetro del basso che crea tensione. Mi spiegate come avete lavorato per raggiungere questo risultato?
Come già accennato, questa è una storia di incredibile conflitto e di massima resilienza, dovendo negoziare ciò che molti danno per scontato. Non ricorrere a nessun arrangiamento musicale convenzionale è stato fondamentale per tradurre in canzone il turbamento spirituale ed emotivo e l’esasperazione fisica di chi lavora per superare le più alte probabilità di uccidere il proverbiale drago. Lasciarsi andare è stata una parte importante del processo di scrittura.

Come mai la scelta di inserire un pezzo totalmente strumentale?
Si tratta di qualcosa che abbiamo sempre voluto fare. Una s******a mentale meditativa e cerebrale. Una tela aperta. Come vocalist è bello riflettere sull’assenza di parole espresse e lasciare che sia la musica a guidare il linguaggio. Su questo disco suono un sacco di chitarra ed è rinfrescante. C’è così tanta espressione nella sola musica che forse a volte le parole sono d’intralcio. Dovrebbero essercene altri in arrivo.

Ritornando a “Tomboy” (titolo lapalissiano), vi piace questo tipo di donna?
La tomboy è ed è sempre stato un incontro coinvolgente, enigmatico e curiosamente attraente. Un’affascinante combinazione di bellezza e potenza. Emozione di una donna, cameratismo di un uomo. Un migliore amico e un’ amante. L’eccitazione e la sottile confusione colpiscono subito e prima di rendersene conto si rimane incantati. L’immagine della tomboy ha radici culturali profonde, che si ritrovano nel cinema, nella televisione, nella musica, sul palcoscenico, nei romanzi, nella poesia, nello sport. Ricordo che a scuola l’accoglienza era indifferente e titubante oppure adorante e rispettosa, a seconda dei personaggi. Forse riguarda alcuni che temono che lei abbia le p***e più grosse di te e altri che invidiano la sua bellezza e il suo fascino. Potremmo considerare come il termine si sia evoluto fino ai giorni nostri, insieme a tutte le dinamiche emergenti. I confini continuano a confondersi.

“Tomboy” ha un gusto anni ’90 con la voce che arriva come una sorta di eco in lontananza, sembra più meditabonda con qualche inserimento un po’ flamencheggiante alla chitarra pur conservando un’attitudine incredibilmente rock…
Questo brano è venuto fuori dal nulla. È iniziato con il riff di overtone ed è decollato come un jet. Si è scritto da solo. I licks di tipo flamenco assiri a cui ti riferisci sono venuti come un’estensione naturale dell’immagine di Ashtoreth.

C’è qualcosa che accomuna questa “triade”: “Breaking the Ice”,“Monday Christina” e “Tomboy”?
La lotta come ingrediente essenziale e universale. Per quanto grande o superabile, è la chiave di volta dell’esistenza. Il trionfo come risultato desiderato. La condizione dell’uomo. E’ il modo in cui arriviamo dall’altra parte definisce ognuno di noi.

Grazie per il vostro tempo. Vi auguro buona fortuna per la promozione del vostro album, “Triad”.
Grazie Susanna. Piacere nostro, auguro tutto il meglio a te e ai nostri ascoltatori là fuori. Grazie mille…

SUSANNA ZANDONÀ

Band:
Voce: Eric Ganz
Basso: Chris Colovas
Chitarra: Nick DiBacco
Chitarra: Vincent Cacciotti
Batteria: EDB

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** ENGLISH VERSION **

Almost forty years have passed since you started playing, and today production and mastering techniques have totally changed, as have market dynamics. Is there nostalgia for the old days?

As far as recording is concerned there are rooms still in existence, both infamous and otherwise, in which to record within a band setting and partake in that organic, fraternal ritual of live recording. From Electric Lady in NY to Paramount in LA, these places are still rocking. Paramount is an awesome space. To this day some of our best sounds have come out of there.
As part of the modern process, or for particular projects, maybe a more scaled down, digital, remote event takes place but for the most part you can still load in as a band and lay down your tracks with that group vibe.
On the other hand one of the main differences we see now is in the gear and the editing process. Instead of splicing up 2-inch analog tape and piecing it together it’s all about click n’ drag. What is important is that bands and musicians continue to trust their ears and musical prowess first and foremost.

Marketing wise, no. No nostalgia at all here. We enjoy the opportunity to be able to get the word out quickly. Releasing singles before an album has a less distinct feel than before. Meaning it’s no longer automatic to release an A/B single weeks before an album. It feels like more of a free-for-all when it comes to that, more like a post-anticipation. You release the single then the audience goes ‘OK that rocks! What else you got?’

You have played in major American clubs like Whisky-a-Go-Go, The Roxy and Fm Station along with bands the size of Warrant, Racer X, XYZ and Vixen. A golden age of music. What are your fondest memories of this era?

The Whisky was always a favorite, an iconic rock n’ roll atmosphere. Down n’ dirty. One of our preferred venues to headline. We were in with the Monday night jams there which was a great chance to see the metal machine in action, all your friends, rivals and industry gathered together at once. It was major league show-and-tell and you had to bring your double-A-game.

Racer X was a cool situation because we rehearsed down the hall from each other at Vernon, an industrial studio complex across from the slaughterhouse on the fringes of downtown LA. Guitarist Paul Gilbert was already making a name for himself and vocalist Jeff Martin was dialed in, very Halford-ish. We knew they were the big boys in the building at the time so when we got booked on a show with them it was an honor and a welcomed chance to shine alongside some of the best. That was The Country Club up in Reseda, CA. It was a great venue that hosted a lot of names in its time. One of my own personal favorites was playing with Hall and Oates at the China Club. Just the two acts on the bill. It was a surprisingly intimate setting and we somehow translated well even for the toned down atmosphere.

Despite the passing years you have maintained your hard’n’heavy identity remaining true to your unique and distinctive sound. Certainly it is quite difficult to continue to be genuine, how have you found a balance?

The simple answer that comes to mind is that we do what we genuinely like to do as musicians and individuals. We have to feel it like it hurts before we pass it on. Draw from the natural influences and inspirations that drive the sound. It shouldn’t be a problem. In the age of Spotify and the perpetual song list today’s listener is generally open to many styles of music anyhow. Regardless, we concentrate on the message of the music, the language of the varying frequencies. ‘What are we saying with this?’ we ask. Sometimes it is hard and heavy other times it is a dark whisper. Any unique quality thereafter comes from the ability to open the flood gates to thine own souls, transcend any expectations and let it rip.

What is like being a ‘Charlotte’ band member? What is your typical musical day?

In the beginning and for years after it was rock all night sleep all day. Shows were always at night of course unless it was a big daytime event. We would prefer to record at night rather than during the sunny California afternoons. It made more physiological sense. Responsibilities have changed over the years and I’m quite sure we are getting up a little earlier on average. The work ethic is always there.

Vin and I have done a decent amount of work composing for film, TV and media. This is something that is usually done on a remote basis, not as demanding in the physical sense.

But let’s turn now to your latest EP. Three is the number defined as “perfect” representing the mediation between opposites. In its geometric representation, three becomes a triangle by bringing together two points, an example of the return from a multiple to a unity. Three a strong symbol both in the religious sphere as a trinity (father, son and holy spirit) but also esoteric by embodying consciousness. For your latest EP you have chosen to include three tracks a “Triad”. How did it come about?

The number of songs – in this case 3 – was the initial factor in coming up with the potential title. The signifigance naturally expanded from there, realizing the unifying aspect of the number 3 and how it pertained to the work. You gave part of the answer in your question which is that 3 is the number of reconciliation. The reconciliation of opposites and the first number that represents a complete set. 1 is single, 2 is a pair, then there’s 3. Musically speaking the Triad is the first set, or chord which again becomes a singular thing. Anything before that is a note or a fragment. Tripod and yes, Triangle were also considered. Two more examples of reconciliations that lend use and unity. 3 is the final number in the Riddle of the Sphinx, where in the twilight of his life, man must return to the number 3 by adding a cane to remain upright and functional. Offspring are the result of two points coming together and connecting, furthering life, flesh and blood. The Holy Trinity. Mind, Body, Spirit. ‘3rd time is a charm’. ‘3 strikes you’re out’. ‘Death always comes in 3s’. It is ever present within our being, our culture.

Each song on this EP is about a struggle or obstacle endured by one or more subjects and the reconciliation or finality as the desired end. The second song, Monday Christina, an instrumental, was inspired by a painting introduced to us by a dear friend in which the subject, a girl without the use of her legs, is contemplating the trek back home, which she sees from afar. The music takes us on her trip from exploration and realization to the angst, rage and triumphs experienced along the way.

Even the symbol on the album cover “Triad” seems to evoke a mystical reference, sort of a Led Zeppelin-like Zoso, can you tell me about that?

It came to me in a dream. The ominous and sensual serpentine images in an atypical, unnatural synchronicity suggest a controlled urgency. Keys with which to either lock or unlock. The interlocking aspect of the three figures shows the intimate and biological force between nature and the plight of man. Again, a reconciliation in the making.

More mystical references return in “Breaking the Ice” and “Tomboy”  covering the image of Ashtoreth (עשתרת) a goddess of sexual love and war, worshipped in the Middle East from the Egyptians to the Hittites. Peculiar choice considering that this is a romantic ballad focusing particularly on the role of the guitar…

Ashtoreth appears in ‘Tomboy’ as the ultimate persona of female warrior and object of desire. The strong and beautiful siren that can take you to ecstatic heights while shredding you down to pieces. An uber-tomboy if you will.

‘Breaking the Ice’ is that final phase of the battle, be it an inner struggle or a resistant outer force. The breaking through of or between two or more individuals drowning in fear and uncertainty looking for a way out.

“Monday Christina,” on the other hand, has a very complex and different sonic evolution compared as the first track. It opens in an almost distressing way, foreshadowing a gloomy atmosphere and then becomes charged with pathos expressing a growing inner torment thanks to this pressing rhythm and the predominant role of the electric guitar, followed like a shadow by the haunting sound of the bass creating tension. Instruments do it all, no vocals. 

Can you explain how you worked to accomplish this result?

As mentioned earlier this is a story of incredible conflict and utmost resiliency, having to negotiate what most take for granted. Staying away from any conventional musical arrangement here was key in order to translate into song the spiritual and emotional turmoil and the physical exasperation of one working to overcome the highest of odds in slaying the proverbial dragon. Letting go was a big part of the writing process here.

Where comes the choice to include a totally instrumental track?

Something we’ve always wanted to do. A meditative, cerebral mind fuck. Open canvas. As a vocalist it feels good to reflect on the absence of expressed word and let the music drive the language. I play a shitload of guitar on this and it is refreshing. There is so much expression in music alone that maybe sometimes words get in the way. There should be more of this to come.

Let us now turn to “Tomboy” the name speaks for itself. Do you like this type of woman?

Well, the song came from one place or another that’s for sure. The tomboy is and always has been an engaging, enigmatic and curiously attractive encounter. A charming combination of beauty and power. Thrill of a woman, camaraderie of a man. A best friend and a lover. The pings of excitement and subtle confusion strike at once and before you know it you become enchanted. The visage of the tomboy has deep cultural roots, appearing in film, tv, music, stage, novels, poetry, sport. Growing up I remember in school the reception was either indifference and hesitancy or adoration and respect depending on the characters. Maybe it’s concerning to some who fear she just might have bigger balls than you and yet others who envy her beauty and charm. We might consider how the term has evolved up to the present day along with all of the emerging dynamics. The lines continue to blur.

“Tomboy” has a 90s flavor with the vocals coming in as a kind of echo in the distance. It sounds more brooding with some somewhat flamenco-like insertions on the guitar while retaining an incredibly rock attitude…

This one just came out of nowhere. It began with the overtone riff and just took off like a jet. It really wrote itself. The flamenco or Assyrian type licks you refer to came as a natural extension of the Ashtoreth image.

Is there something that brings together this “Triad”: “Breaking the Ice”,“Monday Christina” and “Tomboy”?

The struggle as the essential, universal ingredient. No matter how great or surmountable, it is the keystone of existence. Triumph the desired outcome. Man’s plight. And how we arrive on the other side ultimately defines each and every one of us.

Thank you for your time. I wish you the best of luck in promoting your album!

Thank you Susanna. Our pleasure and all the best to you and to our listeners out there. Much obliged..

SUSANNA ZANDONÀ