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tony macalpine – intervista al chitarrista statunitense

tony macalpine – intervista al chitarrista statunitense

Tony Macalpine ha contribuito, insieme Yngwie Malmsteen e Vinnie Moore, negli anni 80, a dare una nuova svolta alla tecnica chitarristica. Il metal neoclassico destava sempre più interesse. Ma la carriera di Macalpine è andata avanti, ha rivoluzionato anche il suo modo di suonare, abbracciando anche altri stili musicali come la fusion ed il progressive. Abbiamo avuto l’occasione di parlare con il chitarrista in occasione dell’uscita di “Concrete Gardens”, nuovo ed ottimo suo ultimo lavoro. Quest’intervista è stata fatta prima della notizia delle malattia che ha colpito Tony Macalpine e la speranza è che sia un augurio di pronta guarigione e che possa tornare a creare splendidi lavori come ha fatto fino ad oggi.
 
Ciao Tony e benvenuto tra le pagine di Tuttorock. Sei tornato con un nuovo album interamente strumentale, a 4 anni di distanza dal precedente “Tony Macalpine”. Come è stato il processo compositivo dei vari brani di “Concrete Gardens”?
“Concrete Gardens” è stato scritto nell’arco di tempo di 1 anno e mezzo. Ho passato un po’ di tempo scrivendo piccole bozze ed ho sviluppato i vari bani nell’arco di quel tempo. Ho ascoltato molta musica con una mente molto obiettiva, che mi ha permesso di scegliere le melodie adatte ai vari brani . Nell’album ci sono anche molti meravigliosi ospiti come Jeff Loomis che ha suonato la chitarra in “Circe Squares” e poi c’è un bel mix di bassisti come Pete Griffin, Sean Delson e Lucky Islam. La maggior parte dei brani sono stati creati su rigorose chiavi musicali, altri sono nati con  particolari scanalature e altri sono stati avviati da riff melodici di chitarra. Nel complesso ho effettuato le registrazioni in maniera molto normale e solo a mia discrezione, come sempre. L’album è stato mixato da Adiar Dafembach a San Paolo, in Brasile e masterizzato da Seva a Nashville nel Tennessee. 
 
Penso sia difficile scrivere brani strumentali senza rischiare di ripetersi!
Sinceramente no, non trovo molte difficoltà nel farlo, perché c’è una tale molte di letteratura musicale che mi è stata esposta e che continuo a scoprire e mi serve per tenere fresche le mie idee. Fino a quando avrò qualcosa di interessante e di fresco, mi prenderò il mio tempo giusto per creare ottimi brani. La realtà e la difficoltà è più la gestione del tempo e di avere la strumentazione adatta e necessaria per essere sicuro che quello che sto creando non sia noioso. La musica è come le parole, le singole note sono come le lettere, bisogna solo fare buona lettura quando si ha qualcosa da dire! Questa è la regola fondamentale del pollice per composizione, un po’ come il pollice verde, si deve scrivere solo quando si ha qualcosa di buono da dire.
 
Ascoltandolo mi sembra un ritorno ai tuoi primi album, vero?
Ma, forse, anche se oggi ho una visione della musica completamente differente, sinceramente non saprei.
 
Quali sono le differenze tra “Concrete Gardens” e “Edge Of Insanity”?
I due lavori sono completamente differenti , dall’uso degli strumenti e per lo stile delle composizioni. “Edge Of Insanity” è stato registrato in trio e dall’altra parte “Concrete Gardens” è una raccolta di brani molto più impegnativa con più tracce multiple e strutture armoniose. Abbiamo registrato “Edge Or Insanity” come trio in una sola session, mentre in “Concrete Gardens” tutte le parti sono strate registrate separatamente. Dal punto di vista di energia direi che entrambi le sessioni sono state registrate con ,la sessa enfasi, con lo stesso fuoco… ma le somiglianze penso si fermino qui. Le parti di batteria e tutte le ritmiche si “Edge Of Insanity” sono state composte in modo che Steve Smith potesse interpretarle n el migliore dei modi, vista la sua passione per il jazz e la fusion. Non ci scordiamo che parliamo della metà degli anni 80 e molti stili di scrittura dovevano essere ancora stabiliti e ascoltando traccia per traccia si sente chiaramente che è stato registrato di getto. “Concrete Gardens”, ha secondo me brani che sono piccole opere su grandi idee in modo che le parti di batteria di Aquiles Priester possono essere sfruttate molto liberamente. E’ uno stile molto più contemporaneo di scrittura che logicamente ben si adatta ai nostri tempi più moderni.
 
Tu insieme a Yngwie Malmsteen e Vinnie Moore, circa 30 anni fa avete rivoluzionato la tecnica chtarristica, cosa ricordi del periodo dei Guitar Hero?
Non sono mai stato favorevole ad essere etichettato come un Guitar Hero. Perché la mia visione della musica ha uno spettro un po’ più ampio e questo titolo mi sembra un po’ limitato. Sono felice che la gente ha amato e possa seguire ancora quel movimento, ma spesso si rischiava di essere paragonati solo ad essere bravi, tecnici e grandi improvvisatori. Ma la mia visione del chitarrismo non è solo quella.
 
Parlami dei tuoi tanti progetti, iniziamo dai Planet X.
Certo, volentieri. I Planet X erano un gruppo metal progressive interamente strumentale con Derek Sherinian alle tastiere e con Virgil Donati alla batteria, con circa un decennio di attività alle spalle, tre album in studio ed 1 live, con musicisti ospiti. Sono molto fiero di aver fato parte di quel gruppo e penso che abbiamo dato un notevole contributo alla scena prog.
 
I CAB.
CAB è una band di jazz, fusion e funk, dove abbiamo ospitato anche grandi nomi come Brian Auger all’organo e Dennis Chambers alla batteria. Io e Bunny Brunel eravamo gli elementi principali ed abbiamo preso anche una nomina per i Grammy. Molto divertente, ma non ho mai avuto molto tempo da dedicargli. Forse un giorno faremo un tour di reunion.
 
I Ring Of Fire.
I Ring Of Fire è una band che non è più attiva (con me in ogni caso). E’ stata più che altro un’idea di Mark Boals e incorporava ottimi musicisti, ma è durata molto poco.
 

Con Portnoy, Sherinian e Billy Sheehan.
PSMS è un progetto che come hai detto tu, vedeva oltre a me alla chitarra, Derek Sherinian alle tastiere, Mike Portnoy alla batteria e Billy Sheehan al basso. E’ durata molto poco e penso che sarebbe stato più saggio scrivere del materiale nuovo e fresco, piuttosto che suonare brani nostri e già conosciuti.
 
Come crei un brano strumentale ed un assolo?
Molte ore di esercitazione, sperimentazione e miscelazione di varie idee. Questi sono gli ingredienti necessari per la scrittura musicale, indipendentemente dal fatto che sia strumentale o vocale. La composizione è un’arte che deve essere cavalcata senza regole e dopo aver pensato molto. Per assoli e improvvisazione bisogna affidarsi a diverse abilità, si deve avere una discreta conoscenza di teoria e ritmo, ma anche di tanta esperienza. Creare un assolo non si basa su un’idea specifica. È un approccio molto razionale, bisogna provare qualsiasi cosa e scoprire quel qualcosa che ti dà l’input per l’assolo. Suggerirei di usare le vostre orecchie, è anche questo un meraviglioso modo per costruire un discreto assolo e bisogna avere molta fiducia in sè stessi. Questo è stato l’inizio per me.
 
Hai suonato anche AOR con i Macalpine in “Eyes Of The World”, è un genere musicale che ami?
Fu una prova spinta dalla nostra casa discografica di allora. Fosse stato per me avrei scritto 10 brani strumentali al posto di ognuno di quelli che finì in quell’album. E’ stato divertente, quello si, ma purtroppo non sempre si può far e dire ciò che si vuole.. a volte!
 
Come è nato il tuo amore per la chitarra? Sei anche violinista e tastierista, perché hai deciso di diventare chitarrista?
Ho studiato pianoforte dall’età di 5 anni e sono stato immerso nel mondo della musica classica, suonando musica di Franz Liszt, Chopin, Beethoven, Mozart, Schumann e l’elenco potrebbe continuare all’infinito. Ma non improvvisavo, leggevo ed interpretavo la musica. Mi è piaciuto molto, ma ho fatto del tutto per cambiare, per sfidare me stesso ed ho trovato che nella chitarra potevo improvvisare e scrivere musica mia. Il violino ho provato, ma non ero molto portato, le mie mandi non si adattavano molto a quello strumento. Mio fratello Chris mi regalò una chitarra elettrica ed ho iniziato a suonarla senza fermarmi mai, per giorni e settimane. Poi mi è stato regalato anche un vecchio amplificatore Silvertone ed è stato un sogno per me! Mi sono così divertito suonando con quella chitarra e con quel vecchio amplificatore che mi convinsi che era proprio quello che volevo fare. E’ stato uno splendido periodo per me e se dovessi tornare indietro non cambierei di una virgola le mie decisioni.
 
Stai pianificando un tour? Suonerai ance in Europa ed in Italia?
Si, cercherò di coprire alcune parti del mondo. Tutte le informazioni le troverete su www.tonymacalpine.com/tours.
 
Domanda di rito, chiudi l’intervista come vuoi, per i nostri lettori ed i tuoi fans italiani.
Voglio ringraziare tutti i fans che mi hanno sostenuto in tutti questi anni e il modo migliore per ringraziarvi è di offrirvi degli ottimi shows. Ci vediamo on the road!

FABIO LOFFREDO

 
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