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Tommaso Imperiali, intervista sul nuovo singolo “Le lune di Giove”

Tommaso Imperiali, intervista sul nuovo singolo “Le lune di Giove”

In occasione dell’uscita del singolo “Le lune di Giove” abbiamo intervistato Tommaso Imperiali

Ciao Tommaso e benvenuto tra le pagine virtuali di Tuttorock! Le tue radici sono insite nel folk e leggo con piacere che sei anche un grande fan di The Boss! Me ne vuoi parlare?

Assolutamente, io e i ragazzi della band siamo tutti cresciuti ascoltando Springsteen. Quando l’abbiamo visto per la prima volta a Milano nel 2016 c’è stato l’innamoramento definitivo e adesso lo seguiamo in gruppo in giro per l’Europa per un po’ di concerti ogni anno.
Per quanto riguarda la nostra musica, un’esperienza stupenda legata a Bruce è stata sicuramente Cover Me, il contest di Noi&Spiringsteen che, al di là della vittoria, mi ha fatto conoscere delle persone stupende che mi hanno aperto tante opportunità in questi anni.

Debutti con i Five Quarters, band proveniente dall’indimenticabile “ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno”. Nonostante la bellezza naturalistica dei paesaggi che circondano la città, il panorama musicale comasco non è proprio notissimo per la sua effervescenza. Ritieni che le istituzioni locali supportino a sufficienza la musica dal vivo attraverso iniziative o eventi locali dove le band possano esibirsi?

Quando abbiamo iniziato, ai tempi del liceo c’erano molti locali dove la musica dal vivo era centrale e in alcuni casi di una qualità altissima. Penso a posti storici come All’1e35circa di Carlo Prandini, dove abbiamo avuto la fortuna di crescere musicalmente in mezzo a dei giganti, o ad altre realtà più piccole che però davano tanto spazio alle giovani band. Dopo il Covid molti di questi locali sono stati costretti a chiudere e questo vuoto – complici anche i pochi eventi organizzati dalle istituzioni locali – si fa sentire pesantemente.

Questa dimensione provinciale ha influenzato in un qualche modo la vostra carriera, offrendo vantaggi o svantaggi rispetto a metropoli più grandi, come ad esempio Milano?

Il vantaggio più grande è stato quello di poter costruire una comunità di amici-fan vera: ci sono persone che hanno visto più 50 nostri concerti, che è una cosa fuori da ogni logica. L’obiettivo è riuscire a ricreare piano piano quello che abbiamo fatto a Como in altre città, magari più grandi, a partire proprio da Milano e Bologna.

Nel 2023 esci con il primo album “Meccanismi di Difesa” in cui suoni voce e chitarra da solista. Un lavoro che risente pesantemente dell’influenza di un cantautorato italiano tipo Bennato, Guccini, Fossati e Brunori SAS. Secondo te come mai sempre più giovani stanno riscoprendo questo genere?

Penso che all’estero – in Inghilterra e negli USA soprattutto – ci sia un ritorno evidente del “singer-songwriter” di ispirazione folk-rock. Penso a miei quasi-coetanei come Sam Fender o Zach Bryan, ma anche a grandi nomi del pop (da Lana del Rey a Shawn Mendes) che stanno contribuendo a riportare in voga questo sound.
Sarebbe stupendo se anche in Italia il “cantautorato” – in qualunque accezione lo si voglia intendere – tornasse in testa alle classifiche.

Il titolo porta una riflessione su come la musica abbia il potere straordinario di suscitare emozioni e creare stati d’animo, influenzando il modo in cui affrontiamo le nostre esperienze e le nostre difese inconsce. Qual è la tua visione in merito?

Credo veramente che la musica possa salvare le vite. E penso che uno dei compiti di chi fa il cantautore sia proprio ricordarlo: è un tema che effettivamente torna anche in molte canzoni dell’album, da Ragazzini Viziati a Tom Waits.

Nel fare musica ti è mai successo di incappare in barriere, forse anche psicologiche, che ti hanno ostacolato? Come le hai affrontate?

Ovviamente sono capitate situazioni complicate, come in ogni percorso, ma potrei mettere la band tra quei Meccanismi di difesa che mi hanno sempre consentito di superarle. Suonare con loro trasforma ogni concerto, ogni prova, ogni sessione in studio in una festa tra amici. Ci siamo conosciuti ai primi anni di liceo e quindi siamo letteralmente cresciuti insieme, non solo musicalmente: il fatto di essere sempre noi ci dà una quantità di certezze – musicali e umane – che penso siano fondamentali per fare questo mestiere.
Al tempo stesso, la scelta di lavorare da solo per la parte discografica è legata anche a questo, per uscire in un certo senso da quei “meccanismi di difesa” che una dinamica di band ti garantisce. Dal vivo invece è fondamentale averne il più possibile.

A Gennaio sei uscito con “Le Lune di Giove” che per inciso ne ha una gran quantità, ben 79 conosciute fino ad oggi! Un altro titolo degno di attenta osservazione. Come mai questa scelta?

L’idea viene da un articolo in cui mi sono imbattuto per caso su Instagram che titolava “Le lune di Giove bruciano per scaldarsi a vicenda”.
Mi sono immaginato queste due lune, nel buio dell’universo, che bruciano per tenersi reciprocamente al riparo dal freddo e dalla paura e l’ho trovata un’immagine tenerissima.
Ovviamente ho scoperto solo dopo averla scritta che queste lune fossero molte più di due. Potrebbe essere l’occasione per una lettura del pezzo in un’ottica più collettiva…

La componente umana è sempre molto importante nei tuoi testi. La ballad esplora poeticamente la fragilità di un legame che cerca di sopravvivere alle avversità del fato. Hai trovato una risposta alla domanda che ti poni nello special: ne è valsa la pena?

Sicuramente sì. Un’altra canzone dell’album dice proprio “portami dove chi ha il cuore a pezzi / dice agli altri / cosa vi siete persi”. Penso valga sempre la pena metterci il cuore per le persone che ci fanno stare bene, anche a costo di rischiare di restare scottati o feriti.

Nei titoli di coda spunta il nome di un batterista molto noto a livello internazionale, parlo chiaramente di Elio Rivagli, com’è nata la collaborazione?

Il merito è stato di Lorenzo Cazzaniga che lavora spesso con Rivagli, soprattutto nei tour con Claudio Baglioni.
Registrare con lui è stato fantastico. Oltre ad essere un batterista allucinante, mi ha stupito prima di tutto il suo approccio verso la canzone: vedere un musicista di questa fama e di questa esperienza che si mette completamente al servizio di un tuo pezzo è qualcosa che non capita tutti i giorni. Lo ringrazio di cuore per questo regalo e spero ci siano altre occasioni di lavorare ancora insieme.

Come facevi giustamente notare dietro al singolo  c’è lo zampino del tuo produttore storico, Lorenzo Cazzaniga, che si è occupato anche degli arrangiamenti, sei contento del risultato?

Molto. Non è stato un lavoro facile perché si trattava di un pezzo dove, ancora più che negli altri brani, era importante tenere insieme l’approccio da cantautore e il sound da rock band. Per fortuna c’è Lorenzo che in queste cose è il numero uno.

Parliamo del tour. Hai già qualche data in cantiere?

L’obiettivo è portarlo live il più possibile. Ci saranno concerti full band e date acustiche da solo o insieme a Daketo.
Abbiamo annunciato le prime date a Milano e Bologna, ma se ne aggiungeranno a breve delle altre. Poi a fine aprile saremo su Born To Cruise, la crociera organizzata proprio da Alberto Lanfranchi e Noi&Springsteen, che sarà un vero e proprio festival itinerante con grandi nomi del cantautorato rock, italiani e internazionali.

Ti ringrazio per il tuo tempo e ti auguro in bocca al lupo per la promozione di “Le Lune di Giove”

Grazie a voi, alla prossima!

SUSANNA ZANDONÁ