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THE ZEN CIRCUS – Intervista a Karim Qqru

THE ZEN CIRCUS – Intervista a Karim Qqru

Zen Circus ph Magliocchetti 16 1

In occasione dell’uscita del loro nuovo album “L’ULTIMA CASA ACCOGLIENTE” ho intervistato il batterista KARIM QQRU.

Il pomeriggio di mercoledì 25 novembre, ho avuto l’occasione, o meglio l’onore di intervistare telefonicamente dall’abitacolo della mia C3, parcheggiata in zona industriale (luogo zen e meditativo, lontano dal frastuono a caos della città), Karim Qqru, batterista dei The Zen Circus. Dalla chiacchierata telefonica con le mie numerose domande al confine della mandata affanculo, è emerso un ritratto a 360° di un artista autentico, sincero e professionale, paurosamente eclettico al punto da menzionare tra i suoi frequenti ascolti musicisti che spaziano da Frank Zappa, Pantera e Paolo Conte. Partendo dall’ultimo disco “L’Ultima casa Accogliente” siamo passati a parlare del rapporto coi fan, fino ai lavori solisti, ispirazioni, progetti futuri e tanto altro.

Allora anzitutto grazie del tempo che stai per dedicarmi, so che sono giorni in cui siete pieni di eventi in streaming, interviste eccetera. Come prima domanda voglio chiederti se queste 9 canzoni hanno iniziato a prendere forma dopo il tour del “Fuoco in una Stanza” o erano già in cantiere?
No guarda, i brani abbiamo iniziato a buttarli giù praticamente dopo la seconda parte finale del tour del “Fuoco in una Stanza”, quindi estate 2019, e nel mentre stava per uscire il romanzo uscito per Mondadori “Andate tutti Affanculo”, sapevamo che tutta la fine del 2019 e 2020 sarebbe stato un periodo di pausa dai concerti e che avremmo dovuto scrivere canzoni per poi andare a marzo in Texas per registrare il disco nuovo, al Sonic Range in Texas. Stavamo per partire, poi è scoppiata la pandemia globale e di conseguenza si è bloccato tutto, quindi l’abbiamo registrato in Italia, però fortunatamente avevamo già fatto tre settimane prima del lockdown di pre-produzione con 10 ore al giorno di prove. il disco era molto rodato, quindi ci siamo trovati con la produzione di 15 pezzi di cui solamente 9 sono finiti solamente nel disco.

Quindi ne avevate preparati 15 in origine?
Sì, di cui registrati 13, ma abbiamo deciso di inserirne 9, non perché gli altri fossero meno belli, ma per un discorso di attinenza per quello che è il significato de “L’Ultima casa Accogliente”. Quindi abbiamo deciso per un disco più corto ma coerente. L’unico pezzo uscito fuori durante il lockdown è “Come se provassi Amore”, secondo singolo, però insomma è un disco nato in era pre-covid.

Quindi Karim adesso devo chiederti i progetti per i restanti 9 brani, arriveranno per un prossimo album, o vorreste conservarli?
Stiamo capendo, perché comunque registriamo spesso tanti brani, scegliamo le canzone in base a se possono essere contestualizzati in un disco o meno. Non abbiamo mai fatto la roba di non avere brani per un disco e di infilarci dentro canzoni perché ne mancavano, vedremo, perché alcuni di quelli rimasti sono brani che in realtà ci piacevano tantissimo, adesso ne stiamo scrivendo già degli altri, le canzoni vengono da sé.

Lo scoop quindi ce l’ho: gli Zen Circus hanno altra musica in cantiere.
Sì, sì, questo sicuramente.

Ascolta Karim, l’ultimo brano del disco è 2050, nel 2050 quindi come t’immagini? Un rocker veterano e autentico come Fiumani e Zamboni o qualcosa di più collettivo simile a Vasco?
Intanto sempre vivo, che non è una roba da poco, guarda eh. La cosa che speriamo sia io, e parlo anche a nome di Ufo e Andrea è di continuare a fare questo bellissimo lavoro e di continuare a farlo con amore e gioia, che è una cosa che tra noi non è mai mancata anzi che sta crescendo, più va avanti il tempo e più abbiamo gioia di stare insieme e suonare. E che detta così può sembrare banale, ma non è così scontata, nel senso che possono succedere tante cose nella vita, che comunque ti portano sia ad allontanarti dalla musica, che dalle persone, noi invece ci stiamo avvicinando sempre di più. Speriamo di essere sempre in tour e di vivere la musica come ora.

Il primo aneddoto simpatico che ti viene in mente sulla realizzazione di questo album?
Praticamente le batterie le ho registrate a Bologna, lontano dagli altri per la prima volta perché era finito il lockdown, ma non ci si poteva muovere da regione a regione. Noi avevamo suonato insieme tantissimo i brani, e comunque ci sentivamo ogni giorno, abbiamo dei piccoli studi di registrazione a casa, quindi durante il lockdown suonavamo ed eravamo in contatto. Però i pezzi avevano già preso forma prima, c’era questa applicazione legata al mixer dello studio, quindi gli altri nello studio da Andrea a Livorno sentivano tutto come fossero in studio con me con una qualità audio altissima. La cosa assurda è che a un certo punto gli altri, per uno scherzo della mente, stavano per credere che fossi proprio lì con loro, è una cosa stranissima perché eravamo distanti in collegamento virtuale, ma al contempo vicini come fossimo nella stessa stanza.

Il pezzo a cui sei più legato di questo disco?
Guarda, dal punto di vista strumentale posso dire “L’ultima casa Accogliente”, il pezzo più progressivo non inteso come prog in senso specifico perché non vorrei paragonarmi a King Crismon o altri giganti del genere, ma è un brano con una struttura molto progressiva soprattutto nel finale. Non siamo sperimentatori, ma questo pezzo, come “Bestia Rara”, sono brani in cui senza scimmiottare abbiamo provato a fare un passettino avanti, fuori dal nostro campo.

Con sfumature New Wave.
Esatto! La prima parte è molto new wave post-punk, poi il finale diventa un’altra cosa, un crescendo psichedelico. E’ stato molto bello scriverlo insieme quel pezzo, costruito alla vecchia, cioè in sala prove suonando tanto, ci ha dato molte soddisfazioni fin dall’inizio.

I vostri primi album sono inglesi, avete pubblicato anche un vostro libro, e siete andati a Sanremo, quindi adesso ti domando se vi piacerebbe scrivere una colonna sonora per un film?  Anche straniero? In tal caso di che genere?
Tantissimo, io credo che come musicista dal punto di vista espressivo sia uno dei punti massimi, un qualcosa che ameremmo tantissimo fare. Ma guarda che un conto è dare musica o scrivere brani con testo, mi piacerebbe una roba come, per esempio, ha fatto che so, Neil Young per Dead Man, sonorizzazione pura, strumentale, chitarra in mano, delay e tremolo col film che passava davanti, cioè una sonorizzazione in modo diretto ed emotivo, questo sarebbe davvero bello.

Era poco, ma era tanto. Come nasce un brano negli Zen Circus?
I pezzi nascono in due modi a seconda dei brani, c’è la parte strumentale in cui molto spesso Andrea porta uno o due riff di chitarra e viene fatto un provino che si comincia a sviluppare su una canzone. Oppure per altri brani, però è una cosa più rara, abbiamo un testo di partenza che va adattato metricamente a una canzone, ed è un altro tipo di processo. Sicuramente questo disco qua è il disco più da band vecchio stile, fatto suonando tantissimo in sala prove.

I The Zen Circus hanno un bellissimo rapporto con i fan, e io sono uno di questi. Qual è il primo bel tributo dei vostri fan che ti viene in mente? Io, ad esempio, scrivo nel mio libro in pubblicazione l’anno prossimo, “Eroi e Fregature”, un racconto che prende il nome direttamente da un vostro pezzo, si intitola appunto “La Festa”. In un altro più breve, una flash fiction, descrivo in breve con fantasia e fantascienza la vostra storia, non per nulla si intitola “Zen Surcic”, qui mi sono permesso di modificare leggermente il vostro nome.
Anzitutto è bellissimo quello che mi hai detto, me li vado a cercare, guarda il rapporto coi nostri fan è bellissimo, tributi ce ne sono in continuazione tipo dopo che è uscito “Appesi sulla Luna” sono comparse tipo 30 cover fatte con passione. Tanta gente si è tatuata delle nostre frasi di canzoni, è qualcosa che ti colpisce. Poi noi stessi siamo i primi fan della musica, penso a quando da ragazzino avevo i miei idoli.

Inevitabile adesso chiederti quali sono stati i tuoi idoli o eroi musicali?
Penso a quando avevo 13 anni, il primo amore fu Kurt Cobain dei Nirvana, mi ricordo l’overdose a Roma prima e poi la sua morte, me ne innamorai con l’Unplugged a New York che uscì poco dopo la sua morte in realtà. Poi altri come gli Stooges di Iggy Pop, Nick Cave, Ramones, aggiungiamo tutto il metal Pantera, Slayer, avevo dei gusti fino a 17 anni molto punk metal e hardcore. Verso i 18 anni ho iniziato ad ascoltare anche altro come il prog il jazz, Frank Zappa… Quindi insomma capisco questa cosa qui dei tributi, io stesso ho avuto dedizione per quelle band quando ero ragazzino e ci sono artisti che tutt’ora amo in modo viscerale, capisco l’importanza del tributo, è una cosa apprezzata tanto dai musicisti.

Avevi degli idoli, adesso lo sei tu per le nuove generazioni.
Eh vabbè, quelli di cui parlavo io sono di stature ben più grossa, comunque fa piacere sapere di avere un pubblico che apprezza quello che fai, soprattutto quando ci metti passione e sangue.

Riguardo i tuoi lavori solisti, del tuo progetto “La Notte dei Lunghi Coltelli”, quali Morte a Credito e Cupio Dissolvi, hai in programma un seguito?
Quei dischi sono stati fatti quando eravamo fermi con gli Zen Circus, ma le pause con gli Zen erano passaggi già decisi. Quando sono uscito con “Morte a Credito” e Andrea con “Il Testamento”, noi avevamo già i provini per il nuovo album degli Zen, quindi non è stata quella roba di chi ha il gruppo in crisi e i musicisti fanno lavori solisti. È stata una pausa mentale. Eh non lo so, l’idea è stata soddisfare quel genere di musica con cui sono cresciuto come metal, industrial e punk, roba che quando te ne innamori non la lasci più. Sono dischi che contengono quella musica che mi ha fatto crescere.

Avete collaborato con diversi artisti italiani e stranieri, per citarne alcuni: Tre Allegri Ragazzi Morti e Pan del Diavolo, con quali altri artisti italiani vorreste collaborare?
A me sarebbe piaciuto tanto, ma purtroppo non c’è più, con Ivan Graziani, è stato un personaggio enorme insieme a Rino Gaetano, quindi ti direi Paolo Conte. Mentre Andrea è cresciuto più con Battisti, De Andrè, De Gregori, io sono cresciuto con Jannacci Paolo Conte e Lucio Dalla, quest’ultimo accumuna sia me che Andrea e Ufo.

Quindi nel tuo cuore c’è anche spazio per il jazz!
Assolutamente.

Per chiudere ti chiedo se tornereste a Sanremo?
Sì, perché è stata una roba divertentissima! Se ci vai come ci siamo andati noi, nel senso che non ci siamo andati per vincere, ma per divertici, per chi rientra in un ambito più pop andare a Sanremo è una parte imprescindibile del proprio lavoro, quindi parteciparci può essere stressante. Noi ci siamo andati con un pezzo tutt’altro che orecchiabile, scritto sei, sette mesi prima, c’è stata una parte di fan che alla notizia si è imbufalita, rabbia marginale, ma dopo aver ascoltato il brano alcuni si sono persino scusati, hanno capito il senso per cui ci siamo andati. Alla fine io penso che finchè fai quello che vuoi, puoi andare in qualsiasi contesto, ma quando tu cambi te stesso per andare in un contesto, tutto cambia. A noi non escono le cose programmate, i brani che ci piacciono li teniamo. Il pubblico guadagnato con Sanremo è strano, è gente che non ci conosceva che ci ha conosciuto con un pezzo strano e difficile. Il cast di Sanremo cerca di rappresentare l’Italia musicale del momento, che è un po’ quello che faceva Sanremo agli inizi, ciò è dimostrato con la partecipazione recente di artisti come Motta o Ghemon.

Il punk è anche questo, assoluta libertà musicale.
Guarda, ti dico questa cosa poi chiudo, anch’io quand’ero ragazzino e vedevo certe cose non le capivo, cioè determinate scelte. Ma noi come gruppo abbiamo la fortuna di avere l’ultima parola e il completo controllo sul nostro lavoro, e per questo abbiamo fatto di tutto. Non siamo una band da primo disco, da contatto capestro, tipo i Black Sabbath dell’inizio che erano obbligati a fare 150 date all’anno, ma era una cosa che capitava a tanti. Ora questa cosa non succede più, anche perché così la band la bruci. Una cosa simile può succedere in ambito talent perché sono contratti pro forma, ma quello è un altro discorso. Io non sono assolutamente contro i talent, ma non voglio che la gente pensi che l’unico modo per venir fuori è coi talent. I talent secondo me devono esistere in un contesto in cui sono una parte di quello che c’è in radio e in televisione, non si deve pensare che una persona per fare musica di lavoro deve fare un talent perché non è vero, occorre tempo e il talent accelera tutto, accelera un percorso che ha bisogno di più tempo. Poi spesso vedi che nei talent ci va gente che le ha provate tutte, con della storia alle spalle, e magari già dischi pubblicati ma che non è riuscita ad arrivare al grande pubblico e sceglie la via del talent.  Io non mi sento di condannarli ma è una scelta che non farei mai, però credo che si debba camminare nelle scarpe di qualcuno prima di parlare, quindi magari per una persona la musica è la sua vita e ci prova in tutti i modi di emergere non ci riesce e si butta là, io non lo farei ma non significa che sia un errore.

Capisco, beh Karim grazie della bellissima chiacchierata e del tempo a disposizione, sei stato gentilissimo. Buona serata.
Ma figurati, ciao!

LEONARDO DeLARGE

Band:
Appino – voce, chitarra
Ufo – basso, voce
Karim Qqru – batteria, voce

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