The Fermi Paradox: intervista a Giovanni Amighetti


Se l’universo tace, Amighetti risponde: “il paradosso siamo noi”. The Fermi Paradox è un concept album ricco di spunti di riflessione (per chi si chiede chi siamo e da dove veniamo).
Buongiorno Giovanni e bentornato tra le pagine virtuali di Tuttorock. Dopo E-Wired Empathy ti vediamo alle prese con David Rhodes, storico chitarrista di Peter Gabriel, in un progetto dedicato al paradosso di Fermi, “The Fermi Paradox”. Ora però ci devi spiegare in parole semplici cos’è questo “paradosso”…
Buongiorno e grazie per l’accoglienza! È un piacere tornare su Tuttorock per condividere il viaggio sonoro di The Fermi Paradox.
Il paradosso di Fermi nasce da una domanda: se l’universo è così vasto e potenzialmente ricco di vita, perché non abbiamo ancora avuto contatti con civiltà extraterrestri?
Ci sono diverse risposte plausibili, quella su cui ci siamo concentrati noi é che c’é il grossissimo rischio che se nel crescere come civiltà non salvaguardiamo nel contempo il nostro pianeta innescheremo un’inesorabile involuzione e non sarà mai possibile arrivare ai viaggi interstellari. E forse é quanto é accaduto ad altre civiltà aliene distanti.
E’ una considerazione che si lega anche alla scala di Nikolaj Kardashev, non andremmo mai oltre la civiltà di tipo 1, o alla celebre frase di Einstein: “Non so con quali armi sarà combattuta la Terza guerra mondiale, ma la Quarta sarà combattuta con bastoni e pietre.”
Il primo album omonimo racconta dello spazio infinito: onde gravitazionali, buchi neri e civiltà aliene. Cosa vi ha affascinato o inquietato rispettivamente a queste tematiche?
La distanza, lo spazio che esiste tra i singoli pianeti o poi stelle e galassie con temperatura attorno ai -270 °C può essere inquietante ma allo stesso tempo pone gli esseri umani e i in genere gli inutili conflitti che li caratterizzano su un diverso piano, dovrebbe rendere lampante quanto siano in fondo sciocchi.
Per l’intensa gravità dei buchi neri resta difficile la comprensione effettiva di cosa siano, non abbiamo termini di paragone effettivi, mentre le civiltà aliene sono quasi un tornare a casa, un briciolo di calore vitale. Solo che non sappiamo se potremo mai raggiungerle e viceversa, le probabilità sono molto basse.
La dimensione dello spazio sembra palpabile. Come avete lavorato con elementi come suoni, pause e dinamiche per evocare questa sensazione di vastità e di infinito?
Siamo partiti dalle forme d’onda reali delle onde gravitazionali, che ci aveva fornito la NASA, per andare quindi a modellare sonorità tangibili su queste.
Ma é il vuoto quasi assoluto che permea lo spazio e viene quindi difficile ricostruire con elementi sonori, ci siamo quindi spostati sulla sensazione che questo vuoto immenso, quando compreso, dà agli esseri umani stessi. Soprattutto nel primo brano, Distance, che parte da una umanissima e storica ghironda per esprimere poi qualcos’altro.
Il paradosso di Fermi pone una domanda fortemente disturbante: “dove sono tutti?” [Una domanda che spesso ci si pone anche quando si va a suonare in taluni locali]. Dopo aver realizzato questo album, avete trovato una risposta?
Temo che, con una certa pigrizia, siano a sentire le tribute band [ride].
La risposta al momento é sì. Le probabilità sono altissime, solo che al contempo è molto difficile che avvenga un contatto tra noi e loro (e viceversa). Inoltre non é detto una civiltà aliena sia da noi riconoscibile come tale.
In passato sono stati lanciati nello spazio dischi come il Golden Record della NASA, con l’intento di far conoscere la musica terrestre a eventuali civiltà extraterrestri. Tu credi che la musica sia davvero un linguaggio universale? Oppure pensi che potrebbe essere qualcosa di incomprensibile per una forma di vita aliena, che magari non percepisce il suono come lo facciamo noi?
La musica viene chiamata linguaggio universale e lo é ma in ambito umano, forse parzialmente animale o vegetale terrestre.
Da un punto di vista alieno può essere non percepita come tale anche solo per motivi fisici.
Il Golden Record può risultare un tentativo un po’ egocentrico, provincialotto e legato agli anni ’70.
Forse per un tentativo del genere, aldilà delle scarse probabilità di intercettare la voyager, dovremmo ampliare il modo di riprodurre musiche suoni e immagini su spettri anche distanti dalla percezione umana.
Cosa vi ha spinto a coinvolgere un astrofisico come Michele Vallisneri del JPL?
Il contatto con Vallisneri era stato in un primo tempo nel rendere sul piano sonoro gli studi che aveva approfondito sia come co-presidente del progetto LISA sia con NANOGrav, nell’ambito della ricerca sulle onde gravitazionali, per cui avrà la medaglia NASA nel 2017.
Ampliando quindi con David lo scopo del progetto musicale ci ha fatto da consulente così che tutto il lavoro fosse basato su ricerche scientifiche reali e attuali.
Come avete integrato le competenze di un astrofisico all’interno di un’opera musicale?
Sicuramente per i testi, invece di avere cantautori che sproloquiano di quanto “non sanno”, ci siamo basati sulla reale ricerca scientifica.
Ma in generale per l’atmosfera del lavoro stesso, partire da quella che può essere considerata una realtà pur relativa ci ha molto aiutato.
Scienza e musica hanno quindi qualcosa in comune?
Si dice tipicamente così, io le vedo più come due forme che possono andare a braccetto ampliando le potenzialità del prodotto che sia una presentazione, un disco, o un live. E’ interessante andare a scoprire qualcosa in modo comunque “spettacolarizzato”.
Comunque la musica, almeno nelle costruzione degli strumenti e generazione di onde sonore, é scienza.
Mentre il discorso sulla matematica nella composizione é un po’ più complesso e in genere presentato in modo troppo semplicistico.
La collaborazione ha in qualche modo influenzato il tuo modo di raccontare attraverso i suoni?
Assolutamente sì!
Oltre al lato “scientifico” nel vostro immaginario musicale c’è spazio anche per gli archetipi della fantascienza?
Qualcosa abbiamo messo, ad esempio nel brano “Interstellar Courier” abbiamo considerato il lavoro del “corriere spaziale”, dal quale siamo al momento lontanissimi e non sappiamo se sarà mai realizzabile.
“Positive Atmosphere” si basa sulle scoperte NASA relative gli esopianeti ma dà anche la sensazione di essere su una loro superficie, “Doom” invece é solo uno dei futuri possibili.
Quali sono i film, libri o fumetti che vi hanno segnato e che magari oggi ritrovate (anche inconsciamente) all’interno di questo progetto?
Per conto mio credo sia rimasto l’aver visto al cinema 2001 di Kubrick a cinque anni grazie al fatto che mia madre mi portasse a vedere qualsiasi film volesse vedere lei, e più recentemente Interstellar di Nolan che si avvale tra l’altro della consulenza di Kip Thorne che era anche l’advisor di Vallisneri alla Caltech.
David Bowie era un precursore in questo senso. Parliamo dell’ uomo che cadde sulla terra, colui che perfettamente ha incarnato per anni la figura dell’ “alieno” venuto da un altro pianeta per osservare, comprendere e forse anche “giudicare” l’umanità. Il lavoro di David Bowie (da Ziggy Stardust a Major Tom) ha spesso usato lo spazio e la figura dell’alieno per parlare di identità, solitudine, umanità. Sentite che ci sia qualcosa in comune tra quel tipo di narrazione e il viaggio sonoro di The Fermi Paradox?
Mentre registravamo l’album la mia sensazione era più che fossimo su una versione modernizzata con qualcosa dell’universo di Gabriel, per la chitarra e voce di David, e qualcosa della world music, di Ummagumma dei Pink Floyd.
C’é anche un omaggio diretto a Careful with that Axe Eugene nascosto nella sezione finale di Distance.
Riguardo il concetto dello “sguardo alieno” lo abbiamo solo parzialmente ripreso per puntualizzare l’inutilità dei conflitti umani.
Per salire di scala e dare una possibilità, seppur al momento minima, ai viaggi interstellari dovremmo collaborare sia come umanità e sia nel salvaguardare il pianeta Terra.
Poi é anche vero che le guerre hanno spesso portato a step immediati nell’evoluzione tecnologica, ma se rendiamo il pianeta poco abitabile addio.
Se dovessi immaginare un extraterrestre, come sarebbe?
Ah questo non lo so, potrebbe anche non essere percepibile come tale
Poniamo per assurdo che, da qualche parte nell’universo, ci siano civiltà aliene con un proprio concetto di musica. Che tipo di suoni produrrebbero?
Anche a questo non abbiamo risposta, potrebbero non essere percepibili, potrebbero non essere suoni.
Sarebbe quindi qualcosa di così distante dalla nostra concezione da risultare incomprensibile?
Credo di sì
Prima di lasciarci c’è qualche appuntamento che vuoi ricordare ai nostri lettori?
Il 13 Luglio torniamo in Italia con un concerto all’Arena Rubicone in Gatteo (FC) alla foce del Rubicone in Romagna. Come ospiti avremo Trilok Gurtu, Giulio Bianco del Canzoniere e il violinista Peter Tickell.
SUSANNA ZANDONÀ
Band:
Giovanni Amighetti (tastierista e produttore)
David Rhodes (chitarrista)
Luca Nobis (chitarrista)
Valerio Combass (bassista)
Roberto Gualdi (batterista)
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Better known as Violent Lullaby or "The Wildcat" a glam rock girl* with a bad attitude. Classe 1992, part-time waifu e giornalista** per passione. Nel tempo libero amo inventarmi strambi personaggi e cosplay, sperimentare in cucina, esplorare il mondo, guardare anime giapponesi drammatici, collezionare vinili a cavallo tra i '70 e gli '80 e dilettarmi a fare le spaccate sul basso elettrico (strumento di cui sono follemente innamorata). *=woman **=ex redattrice per Truemetal