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SOS Save Our Souls – Intervista su MACTE ANIMO! a Marco ‘Bruco’ Ferri

SOS Save Our Souls – Intervista su MACTE ANIMO! a Marco ‘Bruco’ Ferri

MACTE ANIMO!” (SA Project / Believe), il nuovo disco della band che ha trasformato la musica in uno strumento per sensibilizzare sulla sicurezza sul lavoro SOS – SAVE OUR SOULS (https://bfan.link/macte-animo-1)

Ciao Marco, complimenti per il nuovo album, intanto io l’ho ascoltato già un paio di volte. Disco straordinario, un grande rock. Adesso magari le parole a volte si sprecano, però veramente tanto rock, tante chitarre, tanto ritmo che magari non siamo più abituati a sentire. Queste sonorità, in questo mondo dominata rap dalla Trap, è un piacere.
Esatto, noi siamo proprio così! Siamo proprio quello che siamo, perché è chiaro che siamo nati un poco di anni fa e quindi la sonorità rock è quella che ci contraddistingue. Le chitarre distorte sono quelle che ci piacciono e gli assoli sono quelli che ci piacciono; le canzoni che magari testi prima dal vivo e poi vai in studio. Insomma, diciamo che non abbiamo cambiato in base alle mode del momento. La nostra linea è questa, anzi, soprattutto per l’ultimo brano, magari ci abbiamo messo anche quel riferimento a quelle passioni musicali che abbiamo. 

Ah sì, perché comunque voi dal 93, ormai dagli anni 90 che siete in giro, quindi diciamo che le radici sono lì.
Assolutamente sì. Noi abbiamo avuto la fortuna di vivere il periodo probabilmente migliore, per il rock italiano, che sono stati gli anni 90 fino ad arrivare a cavallo con i 2000. Poi è cambiato un poco tutto. Quindi un periodo ricco di confronti, di possibilità, dove l’attenzione per la musica, l’attenzione per i testi, l’attenzione per la musica, soprattutto suonata, era molto alta e quindi chiaramente, noi abbiamo cercato di portare avanti negli anni quel tipo di percorso e di modalità di fare di fare musica. 

Ma ascolta, voi come vi siete trovati? Facendo un passo indietro, come è nata la band?
Allora tutto arriva, partendo dal contrario, nel senso che io e il primo batterista, Milly facevamo parte di una comune cover band in cui abbiamo fatto esperienza per un paio d’anni. Dopodiché il mio desiderio di scrivere canzoni e il desiderio di proporre qualcosa di originale, di non andare avanti in un percorso di cover, ha portato a fondare appunto gli SOS. E quindi ho deciso io, poi ho portato con me quello che era Milly, appunto il batterista di questa cover band e dopodiché alcune persone che io stimavo molto le ho coinvolte all’interno del progetto. C’è stato Marco Marai che arrivava da Treviglio, una zona di Crema, quindi da un’altra provincia; poi Simone Trevisan che arrivava da Bergamo città e l’ho coinvolto. E da lì siamo partiti, siamo andati a registrare subito dopo pochi mesi il primo album, “De sang Froid”, che in realtà non è mai uscito in CD, ma ai tempi era uscito in cassetta. Anche lì, con un investimento in studio eccetera eccetera, e poi, fortunatamente, sono arrivate le serate, sono arrivate le prime soddisfazioni anche per quanto riguarda i riconoscimenti, arrivata la vittoria della Targata Italia eccetera eccetera. Ed è partito un poco tutto. Diciamo che nel giro di sei mesi ha avuto uno slancio davvero incredibile. Quindi, ci siamo conosciuti così, frequentando i locali dove facevano musica dal vivo, frequentando le scuole di musica, in questa in questa maniera, che oggi sicuramente è un poco diverso, ora sono i social che portano la gente a trovarsi di meno dal vivo e anche i musicisti ne risentono. Magari preferiscono fare il video su Facebook piuttosto che magari andare a sentire quei musicisti con cui magari potresti collaborare. Direi che è tutto diverso, è cambiato. 

Sì, ascolta, ma i tuoi primi ascolti? Quali sono stati i gruppi rock che ti hanno indirizzato?
Guarda, io sono un grande amante del suono metal, fondamentalmente sono un metallaro, il mio grande amore sono i Metallica e tutta la scena del thrash metal. Poi, a livello di rock, chiaramente Springsteen, sono molto, molto legato anche al suo impegno come artista, Poi chiaramente i Beatles, più Beatles che Rolling Stones. Per quanto riguarda l’Italia, chiaramente sono affezionato molto alla mia band preferita, almeno di un determinato periodo, che sono i New trolls con Concerto Grosso, che credo sia un capolavoro assoluto. Poi chiaramente la PFM, poi negli anni, avendo avuto la fortuna di condividere il palco con tanti artisti, sicuramente ci sono i Timoria, che sono anche vicini di casa, loro a Brescia e noi di base a Bergamo. Amo tantissimo i primi Litfiba, ma tutta quella scena fiorentina, non solo i Litfiba, i Moda e i Diaframma, è stata veramente una scena incredibile. Sono un grande fan dei CCCP, perché, secondo me, sono una cosa super geniale e quindi tutti questi. Poi se devo dire come band musicale la mia preferita in assoluto, allora i Faith No More; il gruppo con cui durante i viaggi in furgone ci metteva d’accordo tutti quanti, se mettevamo un album dei Faith No More, nessuno diceva niente, perché piaceva a tutti e piacerebbe. 

Ma sì, comunque poi avete diviso il palco con Negrita e i Modena City Ramblers, con Finardi, tante belle cose.
Con i Negrita abbiamo avuto la fortuna di condividere il palco con loro all’Idroscalo, quando loro proprio all’inizio e all’apice del loro successo, si vedeva già che avevano una marcia in più. Avevano quel qualcosa di speciale. 

Però, bisogna dire che hai un’apertura musicale vasta, dal rock al pop e al prog. Secondo me, questo è anche un bene, no? Essere aperti a tutte le influenze, contaminazioni che ci possono essere nella musica.
Sì, sì, fortunatamente rimaniamo curiosi e ti dico che ascoltiamo anche le cose che passano in radio. Attualmente, molte non si ascoltano, lo ammetto, non mi piacciono, non capisco questo utilizzo dei testi che sembrano dei temini scolastici fatti a scuola. A noi piace sentire suonare, voglio sentire la gente che suona. 

Eh, ascoltare per radio, poi adesso sono sempre quelle dieci canzoni che passano in loop, negli spazi comprati dalle major.
Diciamo che la musica suonata è impegnata, è quella che non va tanto di moda e però a maggior ragione noi, con coraggio, portiamo avanti questo aspetto, anche perché è quello che sappiamo fare. 

Il vostro disco attacca subito con dei pezzi che sono, musicalmente una bomba, mi sembra molto interessante. Parlavamo dei testi, ecco che anche qui un potremmo aprire dei pianti greci sui testi di questi anni, però per fortuna c’è ancora qualcuno come voi che mette dei testi e che abbiano un senso. Che si ascoltino, ma validi anche a livello di parole, di composizione. Tra l’altro, voi avete puntato molto su un tema che è fortissimo in questo periodo, in questi ultimi anni, la sicurezza sul lavoro, visto centinaia di morti all’anno. Anche il nome della band, SOS Save Our Souls, è legato a questo?
Sì, è legato a un impegno, è un poco il mio motto, salveremo le vostre anime, o salveremo le vostre anime rock, ma il senso è quello che cerchiamo, cioè l’impegno nelle nostre canzoni. Bene o male c’è sempre stato. La prima canzone che ho scritto, “No war”, perché in quel momento c’era la guerra nei Balcani. Ascoltata oggi, purtroppo risulta ancora attuale. Il nome è stato scelto proprio perché rappresenta questo nostro impegno e volontà di cercare di non girare lo sguardo dall’altra parte, il che non vuol dire che non cantiamo canzoni più allegre, anche più spensierate, però è chiaro che cerchiamo di non girarci dall’altra parte. La stessa cosa vale per la salute e la sicurezza sul lavoro. Abbiamo avuto questo inizio nel 2018 tramite un nostro fan che mi ha stimolato a scrivere la prima canzone sul tema, “Ancora vivere”, sul tema dell’utilizzo del cellulare in auto, corredato da un bellissimo video fatto da Murdaca, che lavora con i trapper, ma in quel caso ha lavorato con. Da lì ho avuto questa fortuna di scoprire un mondo di persone fantastiche e di aziende illuminate che, un poco nel silenzio, tutti i giorni lavorano per sensibilizzare su questa tematica che ha ancora dei numeri impressionanti. Sono circa mille ancora i morti lo scorso anno, è quasi una guerra. E quindi, grazie a queste persone, abbiamo avuto la possibilità di girare e di portare le canzoni che abbiamo scritto, utilizzando la musica, magari all’interno delle scuole, all’interno delle aziende, all’interno delle piazze. È maturata questa convinzione che la musica, insieme ad altre forme d’arte, perché ci sono spettacoli teatrali, ci sono anche altre forme d’arte che vengono utilizzate come strumento. Ma noi scriviamo canzoni, facciamo musica, eccetera eccetera, questo ci ha convinto ancora di più che sia fondamentale proseguire su questo percorso, fino ad arrivare poi all’ultimo disco, a questo album e soprattutto all’ultima canzone. 

Dicevo dei testi perché sui temi come la guerra e così via, ce ne sono per fortuna tante, sul tema della sicurezza sul lavoro, forse, è la prima volta che mi capita di trovarlo in testi di canzoni. Ecco qui la scelta di approfondire questo tema, prenderlo come tema portante del disco.
Andando per concerti, conoscendo persone, avevi confronti, più facevi date e più trovavi tematiche che potevano essere sensibilizzate, faccio per ipotesi, se tu pensi il brano “La bestia”, che è quel qualcosa che esce e fa dì che esca quando sottovaluti tutti quanti i rischi che ci possono essere, dando per scontato che determinate abitudini siano quelle giuste da portare avanti; ad esempio, non mettendo i dispositivi di protezione individuale, tenendo magari un protocollo che resta solo sulla carta e poi non viene condiviso o, banalmente, andando in auto e magari sei al sedile posteriore e non metti la cintura, perché noi abbiamo questa cultura. In altri paesi europei è automatico mettere la cintura di sicurezza, in Italia la mettiamo davanti perché abbiamo imparato in questi anni. Ma il sedile posteriore? Non ci pensiamo e in quel caso facciamo uscire la bestia. Se poi ci rendiamo conto, se ci ragioniamo bene, alla fine poi la bestia siamo noi con il nostro comportamento. Fatto nella maniera giusta, può diventare un esempio per gli altri e quindi può creare a cascata un comportamento virtuoso. 

Avete partecipato all’evento al progetto Looks that Kill col Safety Expo a Bergamo? E poi la Faraone Academy, sempre sulla sicurezza del lavoro, tante attività sempre su questo tema?
Sì, sì, noi allora. Questo album, e in particolare l’ultima canzone “Con gli occhi aperti”, è proprio nata da una collaborazione con Faraone Academy, in particolare con Laura Volpe, che appunto fa parte di Faraone Academy, oltre che essere una carissima amica, e mi ha stimolato a scrivere una canzone che avesse un risvolto positivo. Nel caso preso ad esempio dello spettacolo di cui abbiamo fatto parte per diversi anni, legato a una graphic novel. Ho conosciuto questa persona che scrive la graphic novel e gli ho proposto di scrivere delle canzoni dedicate a questa graphic novel. Lui è chiaramente rimasto e da lì è nata l’idea di fare uno spettacolo legato alla graphic novel. 

“Macte Animo!” vuole dire coraggio, che significato hai inteso dargli tu?
Proprio perché oggi bisogna secondo noi, bisogna aver coraggio sia nel portare avanti un percorso musicale calato nella realtà e quindi meno social e più tipo, ci incontriamo e ci conosciamo, e il coraggio inteso anche a portare avanti determinati modi di fare le canzoni, di scrivere le canzoni, di suonarle. E dall’altro lato ci vuole coraggio per affrontare un momento così particolare come quello che stiamo vivendo, dove sembra quasi che è tutto bello, siamo tutti felici, stiamo bene, andiamo fuori a cena, andiamo in vacanza, ma poi la realtà è che non è così. Quindi bisogna aver coraggio anche di affrontare quello che è un mondo reale, che ha le sue, le sue difficoltà, ma soprattutto il coraggio di magari appunto cambiare i nostri comportamenti laddove sono sbagliati, per cercare di migliorare quello che è il mondo in cui viviamo. 

Ascolta il disco, è uscito adesso, quindi lo porterete in giro dal vivo? Avete già in programma delle date in tour?
Stiamo pianificando una serie di date, sicuramente a partire da marzo, non ho ancora i dettagli, però stiamo chiudendo in queste settimane, quello che posso dirti è che partiremo a marzo da Milano. In realtà, l’idea è quella di girare il più possibile, però stiamo cercando di trovare anche le situazioni giuste che possano permetterci di fare le cose nella maniera migliore possibile. 

Ascolta di tutti i premi che avete vinto e collaborazioni pacchi condivisi. C’è un ricordo particolare da raccontare, un aneddoto?
Beh, allora sono stati tutti importanti, ho un poco il rammarico di avere vinto Sanremo Rock non con gli SOS, perché con gli SOD siamo arrivati in finale, ma con un altro progetto, lo Z80, qualche anno dopo che, probabilmente, era più adatto. Chiaramente l’esperienza di Sanremo e di Sanremo Rock è stata importante, un’esperienza che è stata davvero bella in tutte e due le partecipazioni. La questione è che, in determinati momenti, ci sono stati dei contest che davvero cambiavano la vita e ti davano delle possibilità di crescita, sia a livello personale che a livello lavorativo. Ricordo quando abbiamo vinto a Ritmi Globali Europei, in cui mi avevano detto: “ma no, è inutile, non partecipare, tanto vincono soltanto quelli della di quella regione lì o comunque della zona”. Ma siccome mi piacciono le sfide, ho detto: “vabbè, noi andiamo lo stesso, poi quello che succede, succede”. Tanto è vero, che, quando sono usciti i nomi dei vincitori noi eravamo al bar a festeggiare, perché era stata una bellissima esperienza e quindi sono venuti a cercarci gli organizzatori. 

Adesso cosa ti piace ascoltare? Senti qualcosa in giro di musica che ritieni interessante?
Allora devo dire che mi sono appassionato, negli ultimi anni, ai Ghost, questa band straordinaria. All’inizio mi sembravano un poco così, ma ci trovavo tante cose che creavano nell’orecchio, poi ho capito che sono veramente geniali. Un altro genere musicale che mi piace molto, il jazz, lo swing; quindi, ogni tanto vado anche al Blue Note, ad ascoltare un poco di concerti, perché è sempre piacevole, come Lee Ritenour. Aggiungiamo i The Struts, i Tears For Fears, i The Cure, il cui ultimo album è fantastico. 

Perfetto, vuoi aggiungere qualcosa d’altro?
Veramente sì, allora volevo semplicemente sul brano quello che è il primo, “Con gli occhi aperti”, volevo appunto, che è proprio un brano un poco diverso da quello che abbiamo scritto sulla salute e sicurezza. Perché proprio grazie a questo input dato da Laura Volpe, abbiamo cercato di scrivere qualcosa che fosse positivo, raccontare parlando di proattività, in questo caso c’è una caduta; la persona cade, ma alla fine aveva il casco e quindi tutto quanto finisce bene. Quindi è un incidente, qualcosa non ha funzionato, perché la persona cade, però si salva. Abbiamo cercato, attraverso questo brano, di dare un qualcosa di più leggero come testo per la musica, che invece rimane bella pesante.

Ok, bene. E vi direi che siamo a posto, abbiamo fatto detto tantissime cose e aspetto di vedervi dal vivo.
Ti ringrazio tanto per l’occasione e lo spazio, e ci vediamo ai live. 

MAURIZIO DONINI

Band:
Bruco – voce
Michele Coratella – chitarre
Mauro Guidi – basso

Gianfranco Zibetti – tastiere
Stefano Guidi – batteria 

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