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SILVIO CAPECCIA – Intervista al tastierista dei Decibel

SILVIO CAPECCIA – Intervista al tastierista dei Decibel

silvio capeccia simona giovara 1

Ho fatto una bella chiacchierata con il musicista milanese Silvio Capeccia, tastierista e co-fondatore dei Champagne Molotov prima e dei Decibel poi, band che hanno avuto il merito di portare in Italia il rock decadente la prima, il punk e in seguito la new wave la seconda. Silvio ha da poco pubblicato il nuovo album “Silvio Capeccia plays Decibel – Piano Solo”, una raccolta delle canzoni più rappresentative della band pioniera del punk rock italiano, reinterpretate in un’inedita versione al pianoforte.

Ciao Silvio, benvenuto su Tuttorock, per me è un grandissimo piacere poterti fare qualche domanda perché i Decibel sono tra i principali responsabili della mia passione per la musica.

Ciao Marco, beh, è una grande responsabilità e una grande soddisfazione, quale miglior inizio di questa chiacchierata!

Parliamo di questo album “Silvio Capeccia plays Decibel – Piano Solo”, quando ti è venuta l’idea di portare i brani dei Decibel sul pianoforte?

I Decibel non avevano una grande produzione per pianoforte, essendo nati come formazione punk e new wave, l’unico brano nato per due pianoforti era “Contessa”. In realtà molti pezzi dei Decibel li ho realizzati al pianoforte, poi sono stati stravolti suonandoli nella band, per cui, a parte casi sporadici come la già citata “Contessa” o “Vivo da re”, per realizzare questo lavoro ho dovuto prendere i brani e spogliarli di quella che è l’orchestrazione di una rock band, niente chitarre e sintetizzatori, un ritorno alle origini del brano stesso, alla sua armonia e melodia. Devo dire che, pur essendo i Decibel una band nata con il punk, non siamo mai stati un gruppo da due o tre accordi per canzone, ho riscoperto che i brani hanno tutti una certa complessità armonica e questo rende l’adattamento al pianoforte più adatto a quello che è lo strumento. Poi, durante il lockdown, non potendo suonare insieme ai miei colleghi, mi sono concentrato molto di più sul pianoforte che ho a casa ed è nata questa idea di realizzare un album intero con il repertorio dei Decibel. Ho iniziato a postare quasi per gioco sulla mia pagina Facebook “Vivo da re” e “My Acid Queen”, poi, il vantaggio dei social è che hai subito un responso, negativo o positivo, nel mio caso è stato positivo e, con Enrico (Ruggeri – ndr) abbiamo avuto l’idea di realizzare l’album intero in questa versione. Io stesso mi sono sorpreso positivamente a riascoltare la registrazione per solo pianoforte di “Tanti auguri”, un pezzo in origine molto spigoloso.

Riascoltandoti, qual è il brano che ti soddisfa di più in questa inedita versione? Personalmente adoro “L’ultima donna” e “Triste storia di un cantante”.

“Triste storia di un cantante” è stato un divertimento, è un brano quasi cabarettistico, da operetta, molto in stile Sparks. Restando a casa hai più modo di ascoltare musica e vedere video e mi è capitato di vederne uno di Jerry Lee Lewis, mi sono ispirato quindi a lui per questo brano. “L’ultima donna” invece è un brano molto alla Elvis Costello, una ballata che al pianoforte rende molto. Tutti i pezzi sono figli nostri quindi è difficile fare una graduatoria, però, alla fine dell’album c’è una ghost track, “L’Anticristo”, che mi ha soddisfatto molto. È un brano nato per essere suonato da una band molto dura e ruvida, al pianoforte però ha una buona resa. Il pianoforte è uno strumento che può anche dare emozioni non romantiche ma assolutamente contemporanee.

Tu non sei un pianista classico ma vieni dall’ambiente post punk, punk e new wave, hai ascoltato qualche pianista classico in particolare prima di metterti alla prova con questo album strumentale?

Lo specifico anche sul booklet, non sono un pianista di estrazione classica. Nel momento in cui, negli anni 70, sarei dovuto entrare in conservatorio sostenendo l’esame di ammissione, ho conosciuto Enrico e con lui abbiamo formato subito la prima band, i Champagne Molotov, quindi il mio percorso musicale ha preso ovviamente un’altra strada. La musica classica però, per chi si occupa di tastiere, resta un punto fermo e anch’io ho fatto i miei studi privatamente. Mi piace molto il crossover, secondo me Enrico Einaudi diventerà, o lo è già, lo Chopin del nuovo millennio, mi piace chi, partendo dalla musica classica, sviluppa un suo percorso personale. A livello di musica classica mi piace moltissimo Erik Satie perché, pur essendo considerato giustamente un grande pianista classico, è un personaggio e un autore che ha saputo svincolarsi da certi canoni, può essere considerato un punk ante litteram perché ha sviluppato un discorso completamente diverso da quello che era il classicismo ai suoi tempi.

Com’è stato accolto il disco da Enrico e Fulvio?

Enrico è il co-produttore dell’album, l’idea di fare un disco in questa versione è stata mia e soprattutto sua, con Fulvio ci vediamo settimanalmente, abbiamo aperto un discorso di musicoterapia nell’ambito della musica ambient. Visto che con i Decibel siamo fermi per ovvie ragioni, io con il piano solo e Fulvio con la musicoterapia ci diamo comunque da fare.

Con i Champagne Molotov prima e con i Decibel poi hai vissuto gli anni d’oro prima del rock decadente alla Lou Reed, poi del punk. Dal 2016 ad oggi siete tornati ad esibirvi riproponendo i vostri cavalli di battaglia e dando alla luce due bellissimi nuovi album, che differenza vedi negli occhi e nei gesti di chi viene ai vostri concerti tra allora ed oggi?

All’inizio degli anni 80 avevamo 20 anni, è accaduto tutto molto in fretta, avevamo anni di esperienze di concerti nelle scuole in situazioni difficili. Alla fine degli anni 70 erano tempi duri, complicati dal punto di vista sociale, c’era l’estrema sinistra, l’estrema destra e siamo riusciti a suonare nelle scuole e crearci un certo bagaglio. Quando è arrivato il successo con Sanremo e i primi tour ci sembrava tutto dovuto, c’era un po’ la supponenza del ventenne. Ai concerti degli ultimi anni, dal 2017 ad oggi, abbiamo un po’ la saggezza degli anni e abbiamo potuto cogliere negli occhi di chi ci veniva ad ascoltare le lacrime dei fan della prima ora quando riascoltavano “Vivo da re” o “Contessa”. Ci ha fatto molto piacere vedere molti ragazzi di una generazione che è nata quando noi eravamo già conosciuti, persone che non ci hanno conosciuti all’origine ma hanno scoperto come suoniamo, in una maniera diversa da ciò che si ascolta oggi. Non usiamo basi preregistrate o computer, ci piace suonare veramente, anch’io, quando registro le mie tracce, non ricorro ai midi, registro più volte fino a che non trovo la versione che mi piace di più. I ragazzi apprezzano moltissimo questo e a fine concerto ci chiedono: “Come fate a creare questi suoni così forti?”, noi rispondiamo: “Ragazzo mio, basta suonare e infilare un jack nell’amplificatore e il suono esce così”. Dal vivo non devi ascoltare un cd ma una band che suona live e la più grossa soddisfazione di questi anni è stata far riscoprire ai ragazzi cosa deve essere un concerto rock. Ogni tanto puoi sentire un fischio ma è la realtà di quello che è questa musica, che non può essere perfetta e pulitissima ma è pur sempre rock suonato con chitarre elettriche e sintetizzatori.

Che emozioni hai provato quando nel 2016 vi siete ritrovati al liceo classico Giovanni Berchet per annunciare la vostra reunion e che emozioni hai provato a ripresentarti sul palco con Enrico e Fulvio dopo tanti anni nella primavera del 2017?

Al Berchet studiavano Enrico e Fulvio, io venivo dal liceo Einstein poco distante da lì, loro erano al classico e io allo scientifico, le scuole sono stato un pretesto per conoscerci, era prassi creare band tra ragazzi di scuole diverse appassionati di musica. Mi ricordo un mio compagno di classe che mi disse: “Perché non formiamo una band? Conosco un bassista cantante del Berchet”, quel bassista cantante era Enrico Ruggeri. Ci si incontrava nelle sale prova e si suonavano cover di altri artisti e lì veniva fuori la voglia di andare controcorrente che c’era in tutti noi. Erano anni in cui imperava ancora la canzone all’italiana, noi sbirciavamo a cosa succedeva in Inghilterra, i vari David Bowie, Lou Reed, Talking Heads, non esisteva Internet e, se volevi i loro dischi, dovevi quasi andar là a recuperarli.

Quali sono i tuoi ascolti musicali di questi tempi? C’è qualche band o qualche artista di oggi che apprezzi particolarmente?

I generi che vanno di moda adesso sono un po’ lontani dai miei gusti ma non voglio dire che rap e trap siano da evitare, anzi, si dice ora di questi generi musicali quello che si diceva del punk ai nostri tempi. Cerco di vedere quali sono le novità e le proposte di questi nuovi generi. Prima di questo triste lockdown sono riuscito a vedere i Chemical Brothers, Liam Gallagher, mi piace essere al corrente di tutto quello che succede a prescindere da quelli che sono i miei gusti personali che ovviamente si rifanno ai miei idoli della gioventù, quindi Ultravox, King Crimson e altri. Mi piace comunque spaziare, ho visto i concerti di Florence and the Machine, dei Massive Attack, appena possibile ero dalla parte del pubblico e non del palco, purtroppo adesso non si può essere da nessuna delle due parti, siamo solo ascoltatori casalinghi.

Infatti vengo alla domanda inevitabile. Siamo in un periodo di incertezza globale ed il nuovo decreto ha cancellato anche quelle poche date previste da alcuni artisti nei teatri o nei club ovviamente nel rispetto dei protocolli di sicurezza, tu pensi che sia giusto sacrificare per la salvaguardia della salute dei cittadini un settore definito dal ministro Franceschini “superfluo” oppure, visto che i locali si erano adeguati e non sono stati fonte di focolai, si poteva continuare sempre nel rispetto dei protocolli?

Nella domanda c’è già la risposta, non esistono casi scientifici se non in numeri ridotti ad un palmo di una mano per cui si possa dire che nei teatri o nelle sale da concerto c’è stata diffusione di contagio. Purtroppo lo vediamo dove sono gli assembramenti di persone, lavoratori e lavoratrici si trovano al mattino su mezzi sovraccarichi e il problema è lì, non nelle 40 persone che vengono ad un concerto distanziate di un metro e mezzo con la maschera sul viso. Io stesso sono riuscito a fare un solo concerto per presentare il mio album, nella Basilica di San Celso di Milano, è stato molto suggestivo ma non ho potuto nemmeno spargere la voce, sono arrivate 40 persone, abbiamo fatto il nostro concerto e nessuno ha avuto problemi di contagio successivi a questo, così come dopo tanti altri eventi. Qualche giorno fa mi sono trovato all’aperto ad un mercato e c’era un affollamento da far paura, altro che movida, proviamo ad andare ad una fermata di una metro o di un autobus al mattino alle 7 e 30 o al venerdì mattina al mercato di qualsiasi paesino, tutti abbiamo bisogno di lavorare ma non si possono fare graduatorie senza fondamento scientifico per cui si dice i teatri no e i mercati e le chiese sì. Speriamo si ponga rimedio a questo perché sono abbastanza scettico su come sia stata affrontata la situazione.

Con i Decibel ci regalerai qualche nuova uscita?

Il fatto di lavorare a casa significa che tutti noi stiamo tenendo sulla scrivania o vicino alle tastiere una serie di brani nuovi che abbiamo sviluppato. Purtroppo, uscire con un disco in questo periodo è un po’ complicato, una volta si usciva col disco e si facevano le serate per promuoverlo. Adesso, come tutti sappiamo, i dischi non vendono, per cui si realizza il lavoro discografico per fare serate e, nel momento in cui ci viene impedito di fare serate non ha nemmeno senso uscire con un album nuovo. Io sono uscito con un lavoro atipico, in teoria potrei riuscire ad avere eventi con poche persone però non si può pensare di muovere il camion dei Decibel con 20 persone al seguito per andare in un teatro dove ci sono 30 persone. Il discorso Decibel, per ora, è in stand by in attesa che la situazione cambi.

Grazie del tempo che mi hai dedicato, vuoi aggiungere qualcosa o salutare chi ha letto fin qui l’intervista e i fan dei Decibel?

Saluto i fan dei Decibel, saluto te, è stato un piacere ed è stata una bellissima chiacchierata, saluto tutti i followers di Tuttorock, ho guardato il vostro sito ed è un’ottima strada che avete intrapreso.

 

MARCO PRITONI

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