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SAAM – Intervista al frontman Stefano Giacomazzi

SAAM – Intervista al frontman Stefano Giacomazzi

SAAM

In occasione dell’uscita del nuovo singolo, “Pesca”, ho avuto la possibilità di intervistare Stefano Giacomazzi, voce della band SAAM.

 

SAAM è  un giovane gruppo emocore genovese da poco rientrato da un mini-tour in Francia. Ecco che cosa ci ha raccontato nell’intervista a cura di Giovanna Vittoria Ghiglione.

Ciao ragazzi e benvenuti sulle pagine di Tuttorock! Raccontateci un po’ la vostra storia.

“I SAAM sono nati dalle ceneri di un gruppo dove io (Stefano Giacomazzi) e Delo (Federico De Lorenzi) suonavamo tutt’altro. Una volta ci siamo detti “facciamo un gruppo dove suoniamo quello che ci piace senza pensieri”. In quel periodo poi abbiamo conosciuto Ale (Alessandro Giacomel) che è stato coinvolto nel progetto.

Abbiamo avuto con noi due o tre persone che hanno suonato come quarto membro e che ci sentiamo di ringraziare molto per tutto ciò hanno fatto, non escludendo però che, alla fine, il gruppo in sé siamo sempre stati noi tre.

Da poco Delo ha deciso di prendere un’altra strada, dopo due anni che abbiamo suonato in giro e portato a spasso il lavoro tirato fuori in quel marzo del 2018.

Io e Ale però ora siamo più carichi che mai.”

 

Vi descrivete come “violenti e malinconici”: cioè? Parlatemi del vostro genere.

“Personalmente la prima parola non credo di averla mai utilizzata per descrivere ciò che facciamo. Per me, Stefano, un urlo non rappresenta la brutalità del gesto di cantare a squarciagola qualche parola, anzi. Viene utilizzato per estraniare un po’ da un tipo di ascolto usuale dove è sempre facile comprendere tutto. Felicità, tristezza malinconia ecc. se espresse in un determinato modo dove non ti soffermi solo su ciò che viene detto ma anche il come viene espresso, penso possa essere la definizione di ciò che facciamo.”

 

Se dovessimo definirlo con un nome?

“Emo-pop/poet punk (quest’ultima per la definizione di un volantino sbagliato di tempo fa).”

 

Quali sono i vostri mostri sacri della musica?

“I nostri mostri sacri sicuramente Francesco Conelli e Indo.”

 

Nel 2018 è uscito “è facile consumarsi le unghie”: me ne parlate un po’?

È facile consumarsi le unghie è il primo lavoro da noi pubblicato. Lo abbiamo scritto in quattro: io, ale, delo e Indo.

È stato come un figlio che ora è cresciuto e un pò sa camminare anche da solo.

Non ci saremmo mai aspettati mai che 5 brani potessero arrivare a delle persone nel modo in cui lo hanno recepito, ogni tanto ci vien da chiederli se hanno qualche problema in testa o ci domandiamo se quegli ascolti su spotify son creati dai padroni che ci piazzano in cucina per non far sentire da soli i propri cani mentre vanno a far la spesa. Poi la gente torna ai nostri concerti e capisci che per loro non c’è più speranza.”

 

Qualche giorno fa avete lanciato il nuovo brano “Pesca”: che cosa è cambiato in questi due anni?

“In questi due anni è cambiata un pò la consapevolezza di cosa si può fare con le proprie forze. Abbiamo avuto la fortuna di conoscere un sacco di persone a cui adesso siamo molto legati e “Pesca” infatti, è uscita anche per loro.

È uscita anche una cassettina per Non Ti Seguo Records super bella, e niente, la potrete trovare ai prossimi shows.”

 

Il rock è davvero morto? Specialmente in Italia…

“Il rock non è mai morto finché prendi e stai bene con quel che suoni e/o ascolti, fregandotene di ciò che pensano gli altri, essendo libero di fare ciò senti.

Un discorso un po’ hippie, ma per me il rock è questo.

Se dobbiamo parlare di genere allora è ciò che fa Domenico Bini.”

 

Quali sono i vostri progetti futuri?

“Abbiamo realizzato alcune date in Francia con i fratelli WASA: era la prima volta che portavamo il nostro progetto fuori dall’Italia ed è stato emozionante.

Adesso ci aspettano un paio di date in posti bellissimi (a Cremona e Cormons) con tanta gente bellissima. Non potevamo desiderare situazione migliore per farci ri-sentire.

A livello compositivo silenzio stampa, ma se qualche volta qualcuno volesse venire in saletta a trovarci sarà il benvenuto.”

 

 

Intervista a cura di Giovanna Ghiglione
Credit Foto: Lorenzo Paul Santagada