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MARCO VEZZOSO E ALESSANDRO COLLINA – Vogliamo avvicinare più persone al jazz

MARCO VEZZOSO E ALESSANDRO COLLINA – Vogliamo avvicinare più persone al jazz

collina vezzoso paola sibona 1

In occasione dell’uscita del loro nuovo album “Italian Spirit” (Egea Music/Art in Live), che raccoglie 11 tra le più belle canzoni della musica italiana reinterpretate in una raffinata versione strumentale, ho avuto il piacere di fare una bella chiacchierata con due grandissimi musicisti jazz, il trombettista piemontese Marco Vezzoso e il pianista ligure Alessandro Collina che, nel 2014, hanno formato un duo che ha conquistato il Sol Levante.

Ciao Marco, ciao Alessandro, benvenuti su Tuttorock, parliamo un po’ di questo vostro album che esce oggi, “Italian Spirit”, un omaggio alla canzone d’autore italiana, 11 brani scelti in base a cosa?

Alessandro: Ciao Marco, tutto si rifà un po’ alla storia mia e di Marco Vezzoso, nel 2015 siamo andati per la prima volta in Giappone dove, grazie al primo disco di inediti di Marco, abbiamo partecipato ad un Festival molto importante, quello di Osaka. Lì ci siamo resi conto di come il pubblico orientale fosse attento, appassionato e curioso rispetto alla melodia italiana. Allora abbiamo fatto mente locale del fatto che, avendo anche trovato un editore in Giappone, potesse nascere un progetto incentrato sulla musica italiana. Abbiamo quindi fatto uscire nel 2018 “Guarda che luna…Again” ma, visto che siamo due persone piuttosto simili e preferiamo fare le cose in maniera misurata, abbiamo considerato quell’album un progetto pilota, non che non ne fossimo contenti ma, arrivando noi da esperienze jazzistiche, era qualcosa di nuovo dove siamo andati più su un filone tradizionale, ci sono infatti brani dell’antica storia della musica italiana come “’O sole mio” o canzoni di Modugno e Fred Buscaglione. Nel 2019 siamo stati invitati al primo Festival di jazz europeo in Cina, a Canton, e ci siamo detti: “osiamo”, abbiamo portato “Sally” di Vasco Rossi ed è stato un bel successo, tanto che la gente che ci seguiva ci ha detto: “registriamola subito!”. Da lì ci siamo fatti forza e abbiamo improntato il disco su brani contemporanei. Finchè non vai all’estero non ti rendi consapevole di quanto la musica italiana sia apprezzata fuori confine, la melodia associata alla tromba, come ha detto nelle note di copertina Paolo Fresu, va a chiudere un cerchio. Io, poi, ho fatto ascoltare altri brani della mia adolescenza a Marco, da “Balla balla ballerino” a “Sotto il cielo dei pesci” e “Diamante”, poi siamo andati su brani interessanti di cantautori più giovani come Samuele Bersani e Tiromancino. La ricerca è stata lunga, abbiamo voluto che tutti e due ci sentissimo a nostro agio sui brani che hanno subito modifiche dal punto di vista degli arrangiamenti e, come melodie, abbiamo conservato quelle originali perché avevano già molta bellezza.

A proposito di Cina, il video della vostra versione live di Sally illustra il vostro viaggio nel paese orientale ed è stato condiviso da Vasco Rossi sui suoi social e sul suo sito ufficiale, come avete reagito a questo?

Alessandro: Io ho chiamato il cardiologo (ride – ndr).

Marco: È stata una bella sorpresa, il video era stato pubblicato il primo venerdì di luglio, la mattina dopo ero in giro per Nizza ed ho ricevuto un messaggio che mi informava che Vasco Rossi mi aveva menzionato in una sua storia. Pensavo fosse uno scherzo, ho controllato ed invece era vero, Vasco aveva taggato anche Alessandro ma, visto che lui è un po’ più debole di me di cuore, ho aspettato ad avvisarlo. Mai ci saremmo aspettati che Vasco facesse questa cosa, poi ha condiviso il video anche sul suo sito ufficiale. Tantissime persone hanno rifatto “Sally” ma penso che noi fossimo i primi ad averla fatta in maniera più intimista. Con Alessandro ci chiediamo il perché nessuno l’abbia mai fatto, è un brano che si può trasformare benissimo in chiave jazz e a noi è sembrata una cosa normale. In questo brano ho suonato la sordina Harmon, quella che usava Miles Davis, e quello strumento da un colore più cupo che, però, allo stesso tempo ha delle armonie e accordi maggiori che creano un contrasto che il pubblico cinese in primis ha apprezzato molto. Avere un riconoscimento da chi l’ha scritta, da uno dei cantautori più importanti d’Italia, è stato per noi un’emozione grandissima.

Alessandro: I jazzisti si prendono sempre un po’ in giro e ringraziamo Vasco perché, con il numero di visualizzazioni che ci ha fatto raggiungere, siamo pronti per la pensione. È una cosa incredibile, Vasco si è dimostrato una persona davvero molto sensibile, ha capito la nostra voglia di affermarci, in quanto artisti italiani, all’estero, e poter portare là un qualcosa di cui andiamo orgogliosi in Italia è stata una scelta vincente e lui ha capito ed apprezzato questa cosa. Il suo management poi ha confermato che noi siamo stati i primi a trasportare in chiave jazzistica “Sally”.

Avete avuto riscontri da altri artisti dei quali avete fatto le vostre cover?

Alessandro: Abbiamo inviato i cd agli autori, attendiamo i verdetti.

Marco: Ci sono dei riconoscimenti importanti anche se non ancora ufficiali. Il nostro lavoro può avere un filone diverso per quello che riguarda la rivisitazione di cover, il fatto di avere un riconoscimento da chi ha scritto la canzone ci da fiducia per continuare e dire: “forse questo filone avvicina il mondo del jazz al mondo del pop e del rock, unendo anche la musica classica”. Penso che questo filone possa avvicinare più persone al jazz, più gente arriva e più siamo contenti. L’arte dev’essere universale e fruibile per tutti, questa è la nostra idea.

Quindi questo disco non è un progetto fine a sé stesso, seguiranno altri lavori?

Alessandro: Quando abbiamo iniziato a cercare brani e materiale, eravamo in periodo di lockdown e io e Marco comunicavamo spesso. Aspettavamo un riscontro, c’è stato, la musica italiana è un bagaglio infinito e quindi pensiamo di poter andare avanti. La nostra esperienza nasce al di fuori dell’Italia, abbiamo viaggiato molto e ci siamo resi conto del potenziale della musica italiana nel mondo, ed è veramente incredibile. Certo, siamo italiani e abbiamo piacere di suonare in Italia, però, il potenziale di un paese piccolo come l’Italia, accolto con grande successo da un paese immenso come la Cina, ti da un piacere unico di suonare.

Come vi siete conosciuti e quando avete deciso di dar vita ad un duo?

Marco: Ci siamo conosciuti nel 2014, io ero già a Nizza, Alessandro era venuto a suonare con il suo trio dell’epoca qui. Cercavo una ritmica per il mio nuovo disco, abbiamo iniziato a suonare un po’ insieme, abbiamo registrato il disco poi, nel 2015, siamo andati ad Osaka e, nel 2017, abbiamo fatto un tour di più di un mese in Asia. Il duo è nato nel momento in cui ci hanno detto: “guardate, noi 4 biglietti aerei non ve li paghiamo”. Allora abbiamo cominciato a suonare un po’ di più insieme, eravamo sulla stessa lunghezza d’ onda dal punto di vista musicale ed è stato un po’ un azzardo il fatto di partire per così tanto tempo con una persona che non conosci bene. È stata una scommessa che è stata vinta perché oggi siamo ancora qua, facciamo dischi, abbiamo progetti futuri insieme e questa è una cosa importante. Siamo inizialmente amici e questo aiuta molto, c’è rispetto reciproco e abbiamo un equilibrio che perdurerà.

Come fate a provare in questo periodo di restrizioni?

Alessandro: Certo, grazie alla tecnologia riusciamo a provare cose insieme ma, quando fai dei tour molto impegnativi, raggiungi un livello, soprattutto nel jazz, di intendimento molto veloce. Ti racconto questa, arrivavamo da un tour in Indonesia, abbiamo viaggiato nella notte con due scali, Singapore e Manila, non avevamo dormito un secondo, siamo arrivati alle 3 del pomeriggio in Giappone, ci sono venuti a prendere e ci hanno detto che saremmo andati subito al club per suonare. Ci siamo guardati e ci siamo detti: “E adesso dove prendiamo le energie?”, eppure è andato tutto bene, sei messo a dura prova, è un’emozione incredibile, ti da una grande adrenalina ma ti accorgi che devi trovare le forze dentro di te per far bene, per il tuo piacere di fare il musicista. Noi, poi, amiamo viaggiare e certi spunti sono nati proprio dai paesaggi incredibili che abbiamo potuto vedere. L’anno scorso, in questo periodo, eravamo a fare il bagno in un’isola sperduta nel sud della Cina, ci riteniamo fortunati perché abbiamo la possibilità di vedere cose e luoghi bellissimi. Credo che in questo “Italian Spirit” ci sia molto della nostra curiosità di italiani che viaggiano.

Faccio un nome ad Alessandro, Michel Petrucciani, cosa significa per te?

Alessandro: È un nome che mi tocca particolarmente. Cerco di essere breve, ho avuto la fortuna da piccolo di avere un fratello più grande che mi passava cose e mi colpì molto la copertina di un disco di Michel, iniziai ad ascoltarlo e, passati gli anni, grazie all’esperienza si suonare in Francia, ho avuto il piacere di conoscere i fratelli di Michel i quali, nel 2009, a 10 anni dalla sua scomparsa, mi invitarono per un tour in Italia e in Francia. Io già conoscevo Michel, ma le storie raccontate dai fratelli mi hanno fatto appassionare ancor di più a quel personaggio. Ho sempre conservato questo numero di musica jazz dove c’era Michel e l’ho regalato ai suoi fratelli, è stato un momento molto commovente perché lui ha lasciato un ricordo e un’eredità incredibili alle nuove generazioni di musicisti. È stato il primo musicista, anche se criticato, a voler avvicinare più gente al mondo del jazz, e penso che l’idea di me e Marco sia proprio quella, non vogliamo che il jazz rimanga un genere di nicchia, vogliamo avvicinare più persone e questo disco, per noi, vuole lanciare questo messaggio.

Il paese di origine di Petrucciani mi porta a fare una domanda a Marco, come mai hai deciso di vivere in Francia e, più precisamente, a Nizza?

Marco: Da buon piemontese, fin da piccolo, facevo prima ad andare al mare a Nizza piuttosto che in Liguria. Pian pianino ho iniziato ad avere qualche legame professionale e, nel 2001/2002, venni qui a fare alcuni concerti. Poi venivo in maniera regolare perché ogni anno facevo uno stage su un’isola davanti a Cannes con altri colleghi e, ad un certo punto, uno dei miei amici mi disse che si era liberato un posto al conservatorio a Nizza, c’era molta concorrenza, feci il concorso e lo vinsi. Le condizioni lavorative qui sono molto migliori, la Francia è un paese di mecenati e mette a disposizione una serie di strumenti grazie ai quali mi sono realizzato come artista. Mi duole dirlo ma in Italia forse ce l’avrei fatta ugualmente ma, sicuramente, più tardi, oppure mai. Qui c’è una grande riconoscenza del lavoro di artista.

Voi che avete fatto numerosi concerti in paesi come la Cambogia, la Cina, il Giappone, la Malesia, che differenza avete notato nella percezione della musica tra la cultura orientale e quella occidentale?

Alessandro: Sono molto più curiosi rispetto al nuovo. Noi europei spesso siamo troppo schizzinosi e ci lasciamo influenzare magari da un articolo e facciamo un po’ troppe separazioni tra generi e sottogeneri.  La disponibilità a lasciarsi coinvolgere è immediata in Oriente, poi, è logico, sta all’artista procedere. Quello che noi due abbiamo subito riscontrato da italiani è stato il forte apprezzamento della melodia italiana e l’Italia si contraddistingue proprio per le sue storiche bellissime melodie.

Domanda d’obbligo, quali progetti futuri avete?

Marco: Ne abbiamo in serbo uno molto importante sul quale non possiamo darti molte anticipazioni, sarà di inediti e racconterà un po’ la nostra storia di viaggi. Situazione sanitaria permettendo uscirà nella primavera/estate del 2021.

Grazie mille per il vostro tempo, volete salutare coloro che hanno letto l’intervista fin qui e invogliarli ad ascoltare il vostro album?

Marco: Il fatto di ascoltare cantautori che tutti amiamo e tutti conosciamo, in una maniera diversa, strumentale, permette di cantare le loro canzoni molto più facilmente. Nelle nostre versioni non c’è il timbro di Vasco, di Bersani, di Venditti, ognuno può cantarle e fischiettarle sotto la doccia come vuole. Anche se non vi piace la musica strumentale cercate di vederla in questa maniera.

Alessandro: Concordo con quello che ha detto Marco, non si sente il testo ma abbiamo pensato al testo. Ti faccio un esempio, con “Pensiero stupendo” abbiamo cercato di ricreare le atmosfere del testo di Ivano Fossati e questo aiuterà tanti, soprattutto quelli delle generazioni meno giovani, a ricordare un’epoca incredibile della musica italiana.

MARCO PRITONI

Band:
Tromba, flicorno: Marco Vezzoso
Pianoforte: Alessandro Collina

www.marcovezzoso.com

www.alessandrocollina.it

www.artinlive.org

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