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Manuel Zito & Davide Friello: un viaggio emozionale tra piano e handpan

Manuel Zito & Davide Friello: un viaggio emozionale tra piano e handpan

Lo scorso 26 Dicembre presso Amistad 36, nella splendida cornice di Gaeta Medioevale, si è tenuto un nuovo live della rassegna di musica sperimentale Undone Project.
Protagonista della serata è stato il pianista e compositore campano Manuel Zito, che ha fatto immergere il pubblico in un viaggio sonoro all’interno della sua produzione. Viaggio che è stato impreziosito dalla straordinaria presenza di Davide Friello, uno dei maggiori esponenti al mondo dell’handpan. Strumento di recentissima invenzione il cui fascino ha rapito tutti i presenti.
Poco prima della loro esibizione ho avuto il piacere di fare quattro chiacchiere con i due musicisti che si sarebbero nei giorni seguenti apprestati a registrare della musica insieme.
Ecco cosa ne è venuto fuori:

Come nasce questo connubio?

 D: In questi giorni sono ospite di Manuel e siccome ha un bello studio in casa, abbiamo pensato di registrare qualcosa (ride ndr.). Scherzi a parte, ci siamo conosciuti su Clubhouse, ai tempi del lockdown, una piattaforma audio che ha avuto un boom in quel periodo. 

“Jammavamo” spesso tra di noi, ma anche con gente sparsa per il pianeta. Poi siamo rimasti in contatto. Ora siamo pronti a registrare della musica per il mondo del Sync Licensing, ossia queste librerie dove poi tutto il comparto del cinema e delle serie TV pescano per delle eventuali colonne sonore. Stiamo sperimentando il suono dell’handpan con produzione elettronica e piano. E oggi siamo qui per suonare insieme dal vivo.

M: Questa collaborazione si sta rivelando una bellissima esperienza poiché l’handpan è uno strumento relativamente nuovo e per chi non lo conosceva, come me, è capace di regalarti emozioni inedite. Vedremo se oltre alle sincronizzazioni verrà fuori anche altro, magari un disco. Mi piacerebbe molto.

Davide come nasce l’idea di voler suonare un handpan?

D: Io venivo dalle percussioni a mano, in particolare da quelle dell’Africa e dell’America Latina, e rimasi folgorato dall’handpan a livello ritmico. Adesso è già più sofisticato, ma anche allora con i toni che aveva a disposizione ti dava l’opportunità di costruire una parte melodica. Per un percussionista questo vuol dire potersi esprimere anche da solo..L’innamoramento è stato rapidissimo, poiché con le mie dita potevo creare melodie.

Lo conobbi a Barcellona nel 2010, che era poco più che l’anno zero per questo strumento. Agli albori infatti c’era solo l’inventore dell’handpan, in Svizzera. Lui e la moglie li costruivano, e tramite una lettera si faceva richiesta per averne uno. Ne giravano veramente pochissimi, dunque i tempi di attesa erano indicibili. Quando mi avvicinai io era già nato un secondo costruttore, in Spagna. Anche lì tempi di attesa lunghissimi. Ero il cinquecentesimo in lista e aspettai 3 anni per averlo. Ora è diverso, non è certamente uno strumento che trovi nei negozi di musica convenzionali però ci sono molti più artigiani che li producono. Anche io stesso ne ho costruito qualcuno. Quindi ora per un amatore è più facile approcciarsi. Personalmente faccio anche dei corsi per avvicinare chi è interessato al mondo di questo meraviglioso strumento.

Visto che entrambi avete a che fare con entrambi i mondi, sapreste dirmi se c’è differenza tra la composizione di musica per un disco e la composizione di musica che fa da sottofondo a pratiche come yoga e meditazione?

M: In parte sì e in parte no. La differenza sta nel fatto che chi compone deve avere chiaro in testa che la sua musica non sarà l’attore protagonista. Deve immaginarsi che quella musica magari andrà sotto a un parlato o a qualcos’altro. Quindi si inizia a pensare ad un brano con meno melodia, con dei momenti di stasi, momenti in cui può essere anche tagliata.

Invece un brano di musica “assoluta” ti dà una maggiore libertà di espressione.

D: Abbiamo due background diversi, lui viene dalla classica io dalle percussioni, e il mio approccio con l’handpan è molto emozionale. In parte anche io ragiono come dice Manuel. Quindi immaginandomi un certo tipo di fruizione per la mia musica. Penso molto all’acqua, alla fluidità. Costruisco dei momenti lunghi, il che non vuol dire che non ci possano essere ritmi incalzanti. Semplicemente ragiono in maniera lunga, distensiva. Proprio per rilassarsi e connettersi verso la parte più profonda. Un’immersione sonora.

Con l’handpan poi personalmente inseguo una forma canzone, cosa che di solito non è mai stata fatta. Prima veniva usato quasi solo per la meditazione oppure come percussione di accompagnamento. Io invece cerco di fare delle canzoni con delle forme tipo ABAB, proprio con una dimensione compositiva. Magari abbinandolo agli archi o facendo cose con la voce. Qualcosa di strutturato insomma.

Quali artisti vi ispirano in quello che fate?

M: Vengo dal mondo della classica, quindi  parte delle mie ispirazioni provengono da lì.

I miei compositori preferiti sono Claude Debussy ed Erik Satie.

Poi c’è la scena di modern classic con Olafur Arnalds e Nils Frahm soprattutto. Ma le idee possono arrivare anche da tanto altro. Dalla musica da film, a un ritornello di Billie Eilish, passando per qualche jingle televisivo.

D: Anche io mi ispiro al modern classic, i nomi che ha fatto Manuel li condivido in pieno. Cerco di trattare l’handpan come un piano, quindi inutile dire che lo stesso Manuel mi ispiri molto. Adoro le colonne sonore di Hans Zimmer, specie quelle minimali. Non posso non citare poi Philip Glass, e Roberto Cacciapaglia. Con quest’ultimo ho anche collaborato, e proprio nel suo studio ho prodotto il mio ultimo album. Poi prendo un po’ da tutto, anche dal pop. Una buona fetta di ispirazione però mi arriva dagli elementi della natura. 

Grazie ragazzi è stato un piacere!

 M, D: Grazie a te!

Intervista di Francesco Vaccaro