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LEMURI IL VISIONARIO – Intervista a Vittorio Centrone

LEMURI IL VISIONARIO – Intervista a Vittorio Centrone

In occasione dell’uscita del suo nuovo singolo “NIENTE DA DIRE” ho intervistato LEMURI IL VISIONARIO.

Pronto Vittorio, ciao buon pomeriggio sono Leo di tutto rock, disturbo?
Aspettavo, anzi sei puntuale come uno svizzero.

Ahahaha Vittorio sai da dove ti chiamo?
Ma hai un accento pugliese.

Esatto sono di Trani.
Pensa, sai che io sono nativo di Molfetta.

Sì, sì, ho letto ecco perché te l’ho subito chiesto. Possiamo parlare in dialetto?
Beh, io lo capisco il dialetto, anche se ho un po’ perso l’accento, e il dialetto tranese e diverso dal molfettese, ma ti capisco di sicuro.

Parliamo in italiano allora, che è sicuramente più semplice. Ascolta Vittorio, come prima domanda vorrei chiederti questo: i tuoi esordi sono caratterizzati dal rock nei Futuritmo in cui suonavi con Davide Toffolo dei Tre Allegri Ragazzi Morti e Gianmaria Accusani dei futuri Prozac+ e Sick Tamburo. Come ti sei trovato dal rock a incidere uno dei brani cult disco degli anni 2000?
La mia storia con i Futuritmo si è interrotta nel ’93, dopo sono passati 10 anni prima di incidere Dragostea e in quel mentre sono vissuto a Bologna, a Londra, mi sono trasferito a Milano e sono successe tante cose. Comunque il discorso di Dragostea è stata una piacevole casualità, non una cosa cercata, tutto è nato da un discografico di Roma, proprietario della label Universo. La leggenda racconta che aveva un autista rumeno che lo portava in giro per appuntamenti, questi ascoltava la musica del suo paese mentre lo accompagnava, capita che il discografico ascoltò questa canzone da una compilation, originariamente il brano era di un gruppo rumeno che si chiama O-Zone, partendo da questa idea, il discografico decise di lanciare una cover in Italia e nel mondo. Nessuno ci credeva, pensavano fosse un pazzo, ma lui ci provò lo stesso e siccome il cantante del gruppo originale ha una caratteristica vocale simile alla mia, il passaggio maia iiiiii maia uuuu, fu interessato il produttore con cui avevo collaborato all’epoca e mi chiamarono per cantarla.

La leggenda narra questo.
Ahahaha, sì, la leggenda narra questo, poi in realtà nessuno si aspettava un risultato del genere, è stata una cosa totalmente inaspettata, ma io non sono comparso dal punto di vista dell’immagine per scelta mia. Comunque, la musica dance era lontana da quello che io facevo, quindi mi avrebbe portato in un territorio che nemmeno conoscevo molto bene. E’ vero che poi sono andato a Düsseldorf e ho cantato altri pezzi per questo progetto, anche se non sono più usciti, va beh diciamo che l’esperienza è rimasta circoscritta a quel brano.

Vittorio, adesso vivi a Budapest. In prevalenza, in Italia la musica di questo periodo è sommariamente pop e rap, in Ungheria che generi musicali prevalgono di più?
In realtà vivo un poco di qua e un poco di là, mi divido facendo tipo 15 giorni in Italia e 15 lì, non sono andato a vivere definitivamente a Budapest, è una casualità legata al fatto che mia moglie è stata trasferita per lavoro a Budapest e io, per amore, andavo ogni tanto a stare con lei. E’ un’esperienza importante perché è una città meravigliosa è mi è stata d’aiuto per il nuovo disco che ho scritto. Ha un’estetica meravigliosa, in stile ottocentesco, una magia molto forte. Mi ha influenzato dal punto di vista creativo, per un artista rompere la routine è sempre importante. Però diciamo che gli ungheresi non hanno vie di mezzo, hanno tanti conservatori, passano dalla musica classica di cui sono grandi cultori dai tempi dell’impero austroungarico, all’heavy metal.

Non ci credo, da un estremo all’altro.
Esatto, quello che sta in mezzo sono canzoni di musica leggera piuttosto brutta, tipo i nostri Ricchi e Poveri fatti male.

Oddio già sono brutti di loro, in più fatti male…
No, no, infatti la musica leggera loro è proprio brutta, sono molto minimalisti, l’heavy metal è comunque una musica tecnicistica, che va dal lato opposto della classica, ma non è così strano credere a questa dicotomia.

Ti capisco, un mio amico mi spiegò che tante scale del metal sono prese in prestito dalla musica classica, quindi mi ci ritrovo. Vittorio, il personaggio di Lemuri è un nome d’arte, come è nata la scelta di questo aka?
Lemuri è un soprannome che mi porto dietro da ragazzino, l’ho sempre avuto e deriva dal fatto che a Pordenone, nel periodo con Toffolo e Gianmaria, facevamo parte di un clan di musicisti chiamati The Great Complotto, dentro questa specie di clan ognuno aveva il suo nome di battaglia, come in tutte le tribù che si rispettano. All’epoca ero adolescente e con gli occhiali, un mio amico vide un documentario con delle scimmie che vivono in africa chiamate lemuri e queste scimmie hanno grandi occhi cerchiati, c’era qualche assonanza e in un’intervista radio disse che mi chiamavo Lemuri, da lì questa cosa mi è rimasta addosso per sempre, tuttora a Pordenone ce gente che non crede mi chiami Vittorio. Poi quello che la gente non sa, è che dietro questo nome c’è molto altro: per gli antichi romani i lemuri erano gli spiriti dei defunti e secondo una delle leggende di Atlantide, in realtà, in origine, sulla terra esisteva un continente chiamato Muria. I primi abitanti della terra sotto forma di spirito erano i lemuri. Quindi c’era moltissimo all’epoca che non sapevamo, quando poi ci trovammo a dovere scegliere un alter ego per il mio personaggio, pensai che Lemuri già mi apparteneva ed era perfetto.

Era proprio destino.
Assolutamente. Il personaggio è nato perché io, da ragazzino, ho avuto una forte passione per un certo tipo di teatro rock, i miei idoli sono stati Peter Gabriel e Bowie.

Il glam.
Penso che quando si sta sul palco il compito di un cantante è portare gli spettatori in un mondo parallelo e farli viaggiare con la fantasia, quindi è bello riuscire a dire la verità attraverso la maschera. A un certo punto mi sono chiuso in una stanza per sei mesi e ho scritto la storia di questo alter ego; da quei 6 mesi è nato un personaggio, ogni volta che da Vittorio divento Lemuri, è una trasformazione. Una cosa molto interessante sotto molti punti di vista è che un grande fumettista lesse la mia storia e decise di farne un fumetto. Tra l’altro io sono stato sempre un grande appassionato del genere, essere diventato il protagonista di un fumetto è stato come vivere un sogno. In seguito, abbiamo fatto tantissime cose, come uno spettacolo multimediale con proiezioni e disegni in cui si interagisce insieme… È uscito anche un libro e siamo andati in tournée in America, Candada e Francia. Ultimamente ho deciso di dare maggior preminenza alla musica, perché io fondamentalmente sono un musicista, avevo canzoni da far uscire, quindi abbiamo deciso di creare questo album in attesa di ripartire con lo spettacolo teatrale e pubblicare un nuovo libro. Ora presento questo nuovo cd.

Un concept?
Sì, anche se questo nuovo disco ha un aspetto più concreto, ci sono canzoni che parlano di cose che non mi riguardano strettamente, ho cominciato a guardarmi attorno.

Hai mai pensato a una trasposizione cinematografica del tuo personaggio?
Come no, è quello è il grande obbiettivo sarebbe perfetto, però è chiaro che non è facile occorre l’occasione giusta, ci sono stati alcuni approcci però bisogna arrivare con le giuste carte in regola, occorre pazienza e ancora lavoro, ma dovrebbe essere il punto d’arrivo.

Perché dici punto d’arrivo? Dopo che fine farebbe il personaggio?
No, certo, però sarebbe bello realizzare un film. Penso abbia ha un valido motivo per diventare una storia, contando su un personaggio molto interessante. Tutto un mondo di fantasia e realtà che collimano, la storia è piaciuta molto in Francia e spesso dai fumetti Francesi vengono presi soggetti per film americani. Siamo già stati vicini, ma aspettiamo l’occasione giusta.

Vittorio c’è una frase fatta “se si tornasse indietro non cambierei nulla”. Tu se potessi tornare indietro cambieresti qualcosa o lasceresti tutto così?
In realtà non lo so, forse rivivendo il momento cambierei qualcosa, a priori non saprei darti una risposta appropriata. Io ho avuto un’adolescenza abbastanza dolorosa, ho patito il fatto di essere stato spostato dalla Puglia in Friuli a 6 anni, come trapiantare un cactus dal Messico alla Norvegia, una cosa strana. Ho sofferto, anche se non me ne sono reso conto sul momento, sia a livello climatico che umano. Le regioni erano molto diverse allora, adesso le cose avvicinate certamente. Io comunque in Puglia vengo spessissimo, e quando mi trovo lì sto meglio anche fisicamente, saranno gli odori, i sapori, mi sento a casa, non è detto che in età avanzata non torni a vivere in Puglia. Questo trasferimento mi ha isolato facendomi soffrire, come sai in adolescenza le cose ti toccano profondamente, però, nel contempo, è stata una fortuna, partendo da lì ho creato un mondo artistico e onirico dove rifugiarmi quando volevo. Ho capito che la musica era un magico mezzo per travalicare queste difficoltà, ed è ancora lì che vado a pescare nel mio inconscio quando cerco emozioni da raccontare. Quindi no, sono stato molto fortunato nella vita, perché sono riuscito a trasformare una grande passione e amore, che è quella per la musica, in un mestiere che non è un mestiere, perché lo farei comunque, anche se ora vivo di questo. E una grandissima fortuna quella di potersi esprimersi e vivere di miracoli come queste interviste o girare il mondo con le mie canzoni. Sono davvero molto felice, potrei aver avuto più successo di così, ma ho scelto volutamente di non prendere scorciatoie, come mi è capitato con Dragostea Din Tei e in altre situazioni. Ho deciso che la musica deve arrivare per come sono io, non per fare soldi. Un’altra parte di me più commerciale la sfrutto per scrivere canzoni per altre cantanti. Quando scrivo per altri è artigianato, ma la parte artistica la conservo pura rimanendo quanto più coerente, e questo ti porta a fare un percorso più lungo, ma quando arrivi è fantastico. La gente capisce che lo fai non per vendere, ma perché stai raccontando una storia tua, mettendo a nudo la tua anima, tutto questo è impagabile.

E’una scelta dura, ma io la farei, l’arte per essere definita tale deve essere libera altrimenti non puoi esprimerti appieno.
Sì, ma considera che nella mia esperienza di vita ho conosciuto tanti artisti, anche famosi, con cui ho lavorato, e mi sono reso conto che ci sono alcuni che hanno successo, ma non facendo quello che davvero desiderano. Questo diventa una sofferenza, perché quando devi andare davanti al pubblico a fare qualcosa che non ti piace, è una grossa fatica, è un prezzo da pagare. Io ho scelto una strada più lunga, che mi sta dando molte soddisfazioni. Poi in questo periodo non è più con le vendite che un musicista campa, gli artisti guadagnano dai concerti e soprattutto da quello che riescono a fare costruendosi una nicchia di fan che comprano il merchandising perché ti seguono. L’uso dei social serve, un artista deve sapere usare internet e tutti i mezzi di comunicazione, diventando manager di sé stesso. Non puoi pensare di far musica stando chiuso in una stanzetta, devi saper comunicare. Io, ad esempio, non posso puntare ai ragazzini, ho un pubblico più maturo dai 35 40 anni in su, molto fiorente e buono per me. Poi ovvio che ci può essere qualche ragazzino appassionato di fumetti, un poco nerd…

Tipo io!
Ecco tipo te, però è chiaro che la gran parte di ragazzini adesso ascolta trap, rap e altre cose simili, ed è difficile che possano seguire le mie canzoni. E’ normale ci sia un salto generazionale, ma non è il mio linguaggio, è un sentiero musicale che non posso intraprendere. Posso vendere solo quello che mi piace davvero e mi esce dal cuore. Non seguo le mode. C’è qualcosa di trap fatto bene, ma non è il mio stile, la mia musica è fatta di armonie e melodie, atmosfere, non solo ritmo e parole.

A proposito del nuovo disco “Viaggio al Centro di un Cuore Blu”, come sono nati questi brani?
Molto proviene da questi ultimi 2/3 anni facendo il pendolare, viaggiare mi ha regalato tante ispirazioni. E’ stato molto stimolante, soprattutto per me che sono stato sempre affascinato da questa sorta di decadentismo tardo ‘800, un poco dandy, di Budapest. Mi sono trovato in uno scenario che mi rispecchia, come camminare in un quadro. Forse un poco stressante, ma non poi così tanto, invero altrettanto stimolante. Poi ciclicamente accade che, dopo tanti anni passati a portare avanti la prima versione di Lemuri (teatro rock), mi sia tornata la voglia di scrivere, e in realtà per scrivere bisogna vivere. Per un poco ti devi fermare: vivere esperienze raccogliere emozioni per poi raccontare. Raccontando storie nuove e punti di vista su ciò che si circonda.  Comunque, spero davvero di venire a fare concerti in Puglia.

Se passi da queste zone fammi un fischio che mi faccio trovare in prima fila.
Mah, guarda, quest’estate a prescindere dal tour un salto a Molfetta lo faccio come ogni anno, vengo a trovare parenti cugini, perché poi giugno è il mese più bello di tutti, ha i miei frutti preferiti “l’ clum” non sono come li chiamate voi a Trani i fioroni.

Ah sì, sì!
Buonissimi, poi i miei parenti hanno anche piantagioni di ulivi e fichi, vengo a comprare l’olio della mia famiglia, e ad assaporare il mio piatto preferito, fave e cicorie. Poi i panzerotti la focaccia…

Vieni a farti tondo tondo, come si dice. Anche in inverno abbiamo un sacco di piatti buoni come cappelletti con le cime che sicuramente apprezzi. Vittorio grazie del tempo e buona serata.
Ciao Leonardo, grazie altrettanto.

LEONARDO DeLARGE 

Band:
Titolo singolo: Niente da dire
Nome artista: Lemuri il Visionario
Data di uscita: 23/2/2021
Casa discografica: VREC Music Label
Autore musica e testo: Vittorio Centrone
Edizioni musicali: davvero comunicazione

Codice ISRC: ITP072100700
Sito Web: http://bit.ly/weblemuri
FB: http://bit.ly/FBLemuri
IG: http://bit.ly/IGLemuri