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LA GABBIA – Intervista sul tour

LA GABBIA – Intervista sul tour

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In occasione della fine del loro tour con la data programmata al Covo Club di Bologna, ho intervistato la band dei LA GABBIA.

Ciao ragazzi, ci ritroviamo con piacere, visto che ero in giuria al CSA quando lo avete vinto, cosa è successo dopo la vittoria?

Ciao Maurizio, un piacere essere intervistati da te che eri presente al nostro primo concerto in assoluto… Pazzesco. Speriamo tu possa venire il 2 novembre a sentire e vedere cosa ci è successo in questi tre anni. Di sicuro, dopo quella vittoria al CSA, ha preso lentamente piede in noi un’idea di progettualità che prima non c’era. Considera che la band nacque ad hoc a gennaio del 2016 cogliendo la palla al balzo lanciata dal CSA. Insomma un vero e proprio esperimento tra amici che semplicemente si stimano musicalmente. Solo poi abbiamo capito che insieme potevamo davvero dire qualcosa di importante e abbiamo suonato tantissimo da quel momento in poi, senza fermarci mai e sempre più spesso: avevamo bisogno di fare gruppo e suonare tanto insieme perché una band secondo noi ha prima di tutto questa necessità.

Come gli Aabu con cui siete in tour anche la vostra musica parla di rabbia, è il momento sociale che attraversiamo in questi anni a portare questo sentimento?

Assolutamente sì, ma non è solo il momento. Nel nostro primo disco “Madre Nostra”, che presenteremo il 2 novembre, si respira forte l’aria tossica che c’è nel nostro paese e alcune canzoni in particolare ne sono profondamente contaminate. Il concept del disco è la natura umana in tutta la sua complessità e le sue intime contraddizioni; i brani infatti sono spesso molto diversi tra loro e ci piace pensare che insieme compongano il quadro distorto, spaventoso e dettagliatissimo di questa immensa “Madre Nostra”, che poi non è altro che l’umanità.

Quanta importanza ha la dimensione live per voi? Se non sbaglio questo è stato il vostro primo tour ad alto livello, cosa avete imparato nel girare tanti palchi e posti diversi?

Per noi il live è davvero molto importante. La nostra musica ha bisogno di essere suonata dal vivo per essere viva, perdona il gioco di parole. Recentemente siamo stati a suonare al Reset Festival a Torino e durante un incontro abbiamo fatto ascoltare i nostri nuovi singoli a Federico Dragogna dei Ministri, il quale ci ha detto che la prima suggestione che arriva dai pezzi è la voglia di venire a sentirci dal vivo. Per noi significa che stiamo lavorando bene, davvero. Non crediamo di poter parlare ancora di tour ad alto livello ma siamo davvero felicissimi di come stanno maturando le cose. L’albero cresce e noi con lui. Spostandosi molto per suonare si imparano un milione di cose. Abbiamo incontrato sul palco artisti incredibili quindi la prima cosa che ci hanno insegnato è senza dubbio che bisogna essere umili ma avere sempre fame. Fame di musica, fame di cultura, fame di emozioni.

La parte creativa come è organizzata nella band? Avete ruoli ben precisi?

La fase creativa nella band ha molte sfumature e non esiste una regola ben precisa, infatti fino ad ora molte canzoni hanno avuto storie assai diverse fra loro. La parte testuale è quasi totalmente curata da Michele, il frontman, che scrive anche la melodia delle canzoni e ovviamente canta. L’arrangiamento e la struttura dei brani sono sempre curati da tutto il gruppo in maniera congiunta, ma le idee di partenza dalle quali il brano poi si sviluppa possono venire da tutti. A volte si parte da un riff di Francesco o di Andrea, a volte si parte da un groove di Filippo, a volte Michele arriva alle prove con un pezzo piano e voce già quasi finito che poi viene arrangiato da tutti… Insomma può andare in vari modi. Alla base di tutto ciò ci sta una profonda stima che abbiamo l’uno per l’altro a livello di gusto musicale e composizione.

Partecipare a festival importanti quali il MEI, e trovarsi sul palco con artisti come Baraldi, BSOD, Willie Peyote, quali ricordi, esperienze, aneddoti, ci potete raccontare?

L’aneddoto migliore è senza dubbio recente. La caduta in grande stile di Michele sul palco del Meeting del Mare il 2 giugno prima di Motta. Era il palco più grande su cui avevamo mai messo piede e ce lo porteremo sempre nel cuore grazie a Filippo che si ferisce alla mano con una bottiglia di birra e Michele che vola sopra la cassa spia sul finale di “Violenza” (uno dei nostri nuovi brani). Il rock è anche questo, no?

Presentarsi al Covo Club per la prima volta per il release party del vostro nuovo album, una location storica nel panorama della musica live e di Bologna, che cosa vi aspettate? Cosa promettete a chi verrà a vedervi?

Siamo davvero grati per la possibilità che ci hanno dato di presentare il nostro primo disco sul palco del Covo. Un regalo inaspettato che ancora non abbiamo realizzato fino in fondo. Cosa ci aspettiamo? Una grande festa in famiglia. La splendida famiglia allargata che abbiamo costruito in questi 3 anni con tutti i nostri amici vecchi e nuovi e con gli aabu, che sono ormai a tutti gli effetti i nostri fratelloni adottivi: ci hanno preso sotto la loro ala protettiva senza fare troppe domande e ci stanno aiutando moltissimo. A chi verrà il 2 novembre promettiamo un live energico ma allo stesso tempo molto emozionante. Promettiamo rabbia, sudore, lacrime e parole che descrivono il caos che abbiamo dentro. Suoneremo forte questo disco che per noi segna l’inizio di un percorso di ricerca che forse non finirà mai e vorremmo ci foste tutti, davvero tutti. Ci si vede là.

Avete sentito qualche cosa di interessante ultimamente a livello musicale?

La scena rock da cui veniamo e in cui nuotiamo anche ora è piena di rivoluzione. Basta guardarsi intorno. In Italia ci sta moltissima musica interessante e Bologna è in continuo fermento: se si è attenti non è possibile non vederlo. Sentiamo tante cose che non ci piacciono ma altrettante di cui ci innamoriamo. Abbiamo influenze prevalentemente anni ’90 che vanno dall’alternative rock al crossover, passando per il cantautorato italiano fino ad arrivare al nu metal… In realtà siamo molto contaminati a tutto campo. Ascoltiamo di tutto e ci mettiamo sempre in gioco quindi è inevitabile. L’unica legge nella musica per noi è la comunicazione. Se passi il guscio di apatia che come un velo è calato su questa generazione in qualche modo stai salvando il mondo anche tu. Non importa come lo fai.

MAURIZIO DONINI

Members:
Michele Menichetti – Voce e Tastiere
Francesco Stefanini – Chitarra
Andrea Manni – Basso
Filippo Lambertucci – Batteria

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