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JESUS WAS HOMELESS – Intervista al frontman Tiziano Rizzuti

JESUS WAS HOMELESS – Intervista al frontman Tiziano Rizzuti

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Una realtà italiana, una band interessante, ne abbiamo parlato con il frontman Tiziano Rizzuti.

Ciao ragazzi e benvenuti su Tuttorock. Presentatevi ai nostri lettori, come nascono i Jesus Was Homeless?
I Jesus Was Homeless nascono da un viaggio in California dove le atmosfere esistenzialiste e anche spirituali della west coast ci hanno portato a trascorrere del tempo insieme ad un Guru che vive sulle spiagge di Venice Beach a Los Angeles. Quest’uomo dall’età indefinita vive in un caravan parcheggito a ridosso della spiaggia stessa. Una delle scritte sul caravan è Jesus Was Homeless.

E’ un nome molto particolare, perché avete scelti di usarlo come nome della band?
Perché viviamo in un contesto dove avere ha più valore di essere. Questo accadeva nel 2007, una previsione che vede nel presente una conclamata realtà.

Siete stati lanciati in Giappone, raccontateci meglio come è successo.
Era un periodo di transizione tra la discografia fondata sulla vendita dei CD e quella che sarebbe poi diventata totalmente digitale come oggi. Fondamentalmente ai tempi etichette discografiche nei diversi paesi del mondo pubblicavano in modo indipendente lo stesso prodotto. Il nostro primo album “The Landing” fu pubblicato inizialmente in Giappone da Halftonic in esclusiva per un anno, e poi nel resto del mondo.

Sieste stati anche ospiti della prima edizione dell’ Hit Week di Los Angeles. Cosa ci raccontate di questa esperienza?
Un’esperienza surreale che ci ha visto suonare sul palco dell’ El Rey Theatre insieme ad altri artisti italiani di rilievo. In quel periodo abbiamo girato sempre in California il video di “Self Control” con il regista Adam Mason.

“So Slow” è una rivisitazione di un brano dei Sophia, perché questa scelta?
Perché è una band che personalmente amo molto e perché è una ballad che esprime in modo molto semplice quel sentire “la perdita” di un qualcosa o di un qualcuno. La produzione di Marco Del Bene, producer dal suono molto cinematico che ho scelto per questa avventura, ne ha esaltato questi aspetti intimi ed onirici.

Nel comunicato stampa della vostra presentazione si dice “è un brano dedicato all’ineluttabile processo di morte continua. Una morte che genera vita, un respiro che si chiude e che ne riapre uno nuovo, la nascita, un nuovo inizio un nuovo respiro”. Puoi spiegarmi meglio?
E’ esattamente il momento del reset, quando tutto sembra finito invece si sta rigenerando. Non avremmo mai immaginato i fatti recenti del coronavirus e del lockdown, ma da questo punto di vista possiamo dire che esprime esattamente quello che sta succedendo. Le riflessioni in proposito, a prescindere dal dramma sanitario ed economico, sono moltissime e di valore.

Non avete nessun album uscito, avete già pronte delle canzoni per un album?
Abbiamo molte canzoni in cantiere e che pubblicheremo nell’imminente futuro. Al momento siamo in stand by vista la situaizone internazionale, ma ci sono molti progetti in cantiere per Jesus Was Homeless.

Come definite il vostro sound?
Jesus Was Homeless nasce come band dalla mia volontà e mantiene questa forma nell’espressione live. Ma nell’ultima pausa ormai durata quattro anni ho realizzato che Jesus Was Homeless sarà più un progetto musicale che una band con uno specifico sound definitivo. E’ arrivato il momento di mettere in gioco tutti gli aspetti musicali che possiamo proporre. Senza riserve.

Quali sono le vostre influenze musicali?
Questa è una domanda che può generare una risposta ampia nel dettaglio. Ma la mia cultura musicale nasce in casa da genitori musicisti, continua in tour con mio padre all’età di 5 anni, per poi arrivare all’adolecienza con tutto quello che gli anni 90 ha avuto di buono da offrire. La musica quando è buona è tutta interessante. Come band i nostri riferimenti sono stati al momento quelli del Rock Alternative con molte influenza dell’elettronica.

Siete una band giovane, anche se avete anni di esperienze alle spalle, giovane nel senso di visibilità, quanto sono importanti oggi i social e i talent per poter emergere?
Una band giovane non direi…abbiamo già un buon curriculum alle spalle sia individuale che di band. Credo che i social network siano fondamentali al giorno di oggi per un’artista. Purtroppo.

Quanto è importante invece suonare dal vivo?
Dipende da cosa hai realmente da dire. Il live è quando comunichi con l’interlocutore dal vivo appunto. Per me fondamentale.

Chiudi l’intervista come vuoi, un invito a entrare nel vostro mondo musicale.
Se avete voglia di ascoltare musica scritta e concepita con l’anima potete dare una possibilità ai Jesus Was Homeless.

FABIO LOFFREDO

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