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IRENE GHIOTTO – Intervista alla cantautrice

IRENE GHIOTTO – Intervista alla cantautrice

Irene Ghiotto photo session 06

In occasione dell’uscita del suo secondo album dal titolo “Superfluo”, ho avuto il piacere di intervistare telefonicamente la bravissima cantautrice vicentina Irene Ghiotto. Ecco una sintesi di cosa ci siamo detti.

Ciao Irene, innanzitutto benvenuta sulle pagine di Tuttorock, è uscito il tuo secondo album, “Superfluo”, l’ho ascoltato e mi è piaciuto molto soprattutto per la sua varietà. Perchè hai scelto questo titolo che, cambiando accento, cambia significato?

Ciao, grazie, è un piacere per me! Ho scelto questo titolo proprio perchè mi sono accorta per caso che la parola “superfluo”, cambiando l’accento, può avere un doppio significato, un pò come “ancora” e “ancòra”, ma quella la conosciamo tutti. Leggendo per caso la parola divisa in due, “super-fluo”, con “super” che rappresenta qualcosa di grande e “fluo” che rappresenta colori molto vivaci, mi è piaciuto il concetto, c’è questa dicotomia tra qualcosa che può sembrare inutile e qualcosa invece che è molto colorato e potente. Siccome il disco me lo sono prodotta da sola, il titolo me lo sono scelto io.

La prima traccia è “Il giro di me stessa”, sei riuscita a completare questo giro?

Sì, il problema è che io continuo a girare, è un moto perpetuo. Ogni volta che finisco il giro riparto, è una costante ricerca di un centro, di un equilibrio che di volta in volta si sposta e come tutti devo riassestarmi in base ai colpi che mi sferra la vita. Posso comunque dire di aver fatto un giro completo e non mi è dispiaciuto guardare dietro e di lato.

Il primo singolo tratto da questo album è “Assurdità”, di cose assurde parli anche nel secondo singolo “Preghiera per tutti”, è davvero così assurda l’epoca attuale?

Questa è una domandona, mi hai colpita alla schiena con una spada! Ci sono delle cose che sono assurde, incomprensibili, sconvenienti, assolutamente idiote nel nostro modo di vivere, ti parlo da donna trentaquattrenne nel 2019 vissuta in Occidente. Viviamo in un’epoca sotto a certi aspetti assurda ma è anche un’epoca semplice, semplificativa. Assurdo e semplificativo si alternano in maniera psicopatica. Tanti mi dicono che il mio disco è strano ma io gli rispondo, “Ma vi siete guardati attorno? Siete sicuri che sia io quella strana che scrive cose assurde?”. Mi piaceva l’idea di poter far diventare questo argomento non facilissimo una canzone, mi sono messa da sola in una situazione di difficoltà ed ho usato un pò di tecniche musicali che a molti possono sembrare assurde. Alla fine comunque il mio disco è piaciuto anche ai punk e ai rocker, quindi sono felice di ciò.

Mi ha colpito molto “Sotto a chi mi tocca”, è un modo per cercare di urlare la femminilità al di fuori dei canoni della categoria in cui è stata rinchiusa?

Sì, c’è l’espediente di questo modo di dire “sotto a chi tocca” come altri che manipolo e modello all’interno del brano in funzione del voler esprimere una femmiilità dirompente senza che la sensualità debba diventare per forza erotismo. Ho posato anche per una campagna fotografica usando il corpo in maniera un pò più sfrontata ma senza eccessi, pensando che ogni donna debba avere il diritto di usare il proprio corpo come vuole senza svilire la propria anima e il proprio cervello.

Il titolo del brano “Gli ingegneri di anime umane” riporta una definizione che venne usata da Stalin a proposito degli scrittori. In questa canzone ripeti più volte “Smettila di lamentarti”, vuoi incitare le persone a rimboccarsi le maniche e anon piangersi troppo addosso?

Sì, principalmente lo volevo dire a me stessa, di solito scrivo in prima persona ma ho pensato di rivolgermi alla me stessa che sta ascoltando la canzone e, nel sentirsi presa in causa, accoglie le cose in modo più emozionale. In realtà tutto quello che dico lo dico in primis a me stessa, poi mi sono detta “Perchè non la smetti di lamentarti? Fai il tuo mestiere! Fai un pò quello che facevano gli scrittori a quei tempi”.

“Se mi dovessi accontentare di un sogno che non è più il mio: UCCIDIMI”, lo dici in “È una canzone triste”, qual è il tuo sogno più grande?

Fare musica e che essa venga ascoltata da tutti, potrebbe sembrare un sogno un pò arrogante ma penso che chiunque inizi a suonare nella propria cameretta abbia. Poi, crescendo, siamo costretti a ridimensionare i sogni anche se penso che anche le grandi rockstar abbiano bisogno di avere obiettivi sempre più grandi. Il sogno in grande, visto che non costa nulla, è di fare la musicista sui grandi palchi, tipo Wembley (ride ndr).

Tu sei autrice sia dei testi che delle musiche mostrando molta creatività in entrambi i casi, come nasce una tua canzone?

Io parto sempre dai testi, non mi ci metto proprio a scrivere prima qualcosa col piano o un giro di chitarra. Poi sulla melodia che già le parole hanno, cerco di modulare la voce e infine passo agli accordi. Mi affascina l’approccio di certe band che partono da jam fatte in sala prove ma la mia struttura è questa: testo-voce-musica.

Qual è stato il momento in cui ti sei detta “Adesso voglio fare la cantautrice”?

Mah, sinceramente non c’è mai stato. C’è stato un momento in cui, però, quando avevo circa 22-23 anni, mi sono detta “Beh, devo fare un investimento emotivo, pratico, economico per cui questa passione possa diventare eventualmente un mestiere”, anche se il mio modo di essere è uguale a quello che era quando avevo 14 anni e suonavo in cameretta quando già scrivevo cose per me. È stato una sorta di scalino necessario per arrivare a fare ascoltare le mie creazioni al pubblico.

Nel 2013 hai partecipato col brano “Baciami?” al Festival di Sanremo nella categoria Nuove Proposte ricevendo molti consensi riguardo all’arrangiamento del tuo brano, come consideri quell’esperienza?

Allora, ci sono arrivato da sola, non aveva etichetta, management, discografici, ho fatto “AreaSanremo”, sono arrivata in fondo, tutto partendo dalle audizioni davanti a persone che hanno apprezzato il brano. Successivamente, con l’arrivo a Sanremo Giovani, sono arrivati i discografici, anche se io ero sempre io. Mi fa piacere ribadire che sia ancora possibile il fatto che uno, partendo dalla sua cameretta, possa arrivare ad alti livelli costruendo tutto da solo, sono la prova vivente che ciò accade. Purtroppo però ero molto ingenua e non avevo i mezzi per affrontare una cosa simile, se oggi ripenso a quell’esperienza mi faccio tenerezza, avrei potuto essere un pò più matura e sfruttarla in maniera diversa ma non è stato così, comunque l’ho vissuta come una gita alle medie, un pò come quando esci di casa per la prima volta, me la porterò sempre nel cuore. Sono sì dovuta tornare a dov’ero prima ma più forte!

Hai già in programma qualche concerto per promuovere l’album?

Sì, ci sarà il release party il 23 novembre al Vinile di Bassano del Grappa poi ho alcune date già fissate in alcuni piccoli club, mi piace il contatto con il pubblico anche se sogno Wembley (ride ndr). Sarò il 13 dicembre a Padova, il 19 dicembre a Bologna, al Mikasa, poi ci saranno due date in Lombardia, seguitemi perchè pian piano scriverò tutti gli eventi sui social.

Per finire, grazie del tempo che mi hai dedicato, vuoi salutare e dire qualcosa ai lettori di questa intervista e a chi verrà a vederti dal vivo?

Grazie a te! Vi invito a venire a vedermi perchè ci sarà tanto groove, tanta spinta e una grande energia, ritengo che le canzoni del nuovo album siano molto adatte all’esecuzione dal vivo, ci sarà un approccio molto più punk rispetto al passato.

MARCO PRITONI