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Intervista alla band metal-stoner Hot Cherry

Intervista alla band metal-stoner Hot Cherry

In occasione dell’uscita dell’album “Burnout” abbiamo intervistato la band Hot Cherry.

Ciao ragazzi e benvenuti sulle pagine di Tuttorock! Come state?

Siamo carichi e non vediamo l’ora di poter di nuovo suonare su un palco quando sará di nuovo possibile!

 

Hot Cherry: un nome sicuramente particolare, di chi è stata l’idea?

 

Il nome glielo diede il vecchio batterista della band perché “suonava bene”. Alla fine, questo nome da “sexy shop di provincia” come venne definito da un recensore, piacque e rimase tale. Sí, non è molto poetico ma è andata così.

Siete al vostro secondo album intitolato “Burnout” e pubblicato il primo marzo, parlateci della sua genesi: com’è nato? Chi di voi ha scritto testi e musica? Oppure è un lavoro di “team”?

E’ stato un lavoro principalmente di squadra. Nicola, Kenny e Stefano si sono occupati della parte musicale. Ci siamo rinchiusi in studio due giorni nei quali abbiamo raccolto idee e scritto cinque brani, altri tre, invece, sono arrivati direttamente dalle menti di Kenny e Stefano, ma nonostante ciò ognuno è stato libero di esprimersi e di dire la sua per migliorare i pezzi. Una volta pronta la musica, Jacopo ha scritto e composto testi e melodia. È stata una fase compositiva con un bel confronto e circolo di idee, dove ognuno prendeva spunto dall’altro, questo clima è stato creato anche grazie al fatto che “giocavamo in casa”. Il lavoro si è svolto tutto nello studio “RedWall” del nostro chitarrista Nik (che ha dato anche il sound giusto al disco), dove eravamo tranquilli a nostro agio; poi Nik è un ottimo cuoco e non attaccavamo a suonare prima delle 16 da quanto mangiavamo, più coccolati di così!!!

 “Burnout” rivela una “doppia anima” (o forse anche più), questa parola, titolo dell’album ha un doppio significato, questa scelta a cosa è dovuta? Il bornout è un tema per voi attuale?

“Burnout” rappresenta il punto di vista della band riguardo alla realtá che ci circonda, descrivendola con il nostro personale humor nero che ci ha sempre accompagnato negli anni. In ambito automobilistico rappresenta una manovra atta a scaldare le gomme ad inizio gara per avere più aderenza sul terreno durante la corsa, in ambito psicologico rappresenta invece quella patologia derivata da un forte stress dovuto in particolar modo ad un aumento delle richieste lavorative eccessive, creando in questo modo un calo di interesse ed impegno (ma anche di salute mentale e fisica).
Da qui abbiamo reinterpretato questi due significati per creare il filo conduttore che attraversa tutto l’album dall’inizio alla fine, ovvero Correre fino ad esaurirsi, in una gara spesso senza regole, contro tutto e tutti dove il traguardo viene ripetutamente spostato rendendo la competizione spietata ed infinita. È quindi un tema attuale? Sì, ora piú che mai.
“Burnout” comunque non è solo sterile critica: è un album che cerca nonostante tutto di invogliare l’ascoltatore a ballare, a sorridere, a riflettere con leggerezza. “Burnout” si rivolge a chi vuole costruire qualcosa di positivo sopra le ceneri di ciò che è crollato, cercando di creare qualcosa di migliore.

Nello specifico ci troviamo ad ascoltare otto brani prodotti e realizzati con cura, con una base stoner che spazia nel rock e nel metal, mi hanno colpito in maniera particolare i brani “This song” e “Underground”. E per voi quali sono i brani più rappresentativi di questo lavoro?

 

“Fool’s gold”, “Enemy” e “From zero to one” possiamo dire che sono i brani che più ci rendono fieri di questo album, ma anche tutti gli altri non sono da meno. Ogni canzone dell’album porta con sè significati diversi sia musicalmente che dal punto di vista del testo. Ci piace dire che ogni brano rappresenta un pezzetto di Burnout, scegliamo i tre titoli sopracitati perché sono quelli che ci piacciono e gasano di più, sia nell’ascolto che nel suonarli.

 Troviamo anche la cover di “Ground on Down” (bellissima!) di Ben Harper, come siete arrivati a questa scelta?

Intanto grazie mille per il complimento! Coverizzare questa canzone è stata un’idea del nostro bassista Kenny. Volevamo inserire una cover nella tracklist, però era nostra intenzione fare qualcosa di poco scontato, qualcosa che non fosse del nostro genere, lontano da noi e rifarlo nel nostro stile. Kenny ci ha proposto le sue idee di arrangiamento di “Ground on down” e ci sono piaciute subito, così decidere di inserirla nell’album è stato un attimo.

A proposito della parola Underground: seguite la scena underground italiana?

Sì, cerchiamo sempre nuove band e artisti da ascoltare e supportare, anche straniere. Ci sono tantissimi gruppi, anche della nostra zona, che fanno musica di qualità e innovativa, oppure sono giovani che provano a dire la loro ed emergere. Con alcune band siamo anche in contatto (grazie ad amicizie, serate condivise e altre avventure). Diamo il nostro contributo, per come possiamo, sia singolarmente che come band.

Chi ha realizzato l’artwork e cosa rappresenta?

L’artwork è stato realizzato dall’illustratore Gianni Spadoni con cui abbiamo giá collaborato in passato. Confrontandoci insieme a lui, siamo riusciti a creare un idea che potesse rappresentare al meglio il contenuto del disco, ovvero una confezione di fiammiferi usurata e quasi esaurita. Il teschio di ariete è ricollegato alla maschera che avrebbe dovuto indossare il nostro cantante durante i live che stavamo organizzando per promuovere il disco. Ma sfortunatamente è arrivata la pandemia ed il lockdown…

Stiamo attraversando un periodo non facile e la musica ne risente in maniera forte, come state organizzando la promozione dell’album?

Abbiamo deciso in primis di non fare copie fisiche dell’album, visto l’impossibilità di  vendere merchandiser ai concerti. Abbiamo puntato tutto sui social (Facebook e Instagram sui quali vi invitiamo a seguirci), sulla distribuzione digitale dell’album in tutte le piattaforme (Spotify, Amazon music, Bandcamp, YouTube music ecc ecc) e affidandoci ad un ufficio stampa (Rock my Life) per diffondere ancora di più la notizia in maniera capillare. Allo staff di Rock my life, infatti, dobbiamo dire un grande grazie, ci segue in tutto e ci da consigli preziosi anche sulla gestione dei social. Li conosciamo e siamo amici da tempo, quindi lavorare con loro è un piacere.

 

Questo spazio è per voi! Se volete aggiungere altre curiosità e per salutare i lettori di Tuttorock.

Vogliamo ringraziare tutte le persone che continuano a seguirci da anni anche in questo momento difficile, la redazione ed i lettori di TuttoRock. Non vediamo l’ora di poter di nuovo suonare, scatenarsi insieme alle persone sopra e sotto il palco ma soprattutto non vediamo l’ora divertici per mettersi alle spalle questi anni letteralmente da dimenticare.

 

Grazie ragazzi e buona musica sempre!

Grazie a te!

A cura di Monica Atzei

 

 

 

 

 

Band:
Voce: Jacopo Mascagni
Basso: Kenny Carbonetto
Chitarre: Nik Capitini
Batteria: Stefano Morandini