Intervista ai Picasso Cervéza: piccantissima band pugliese dal gusto inatteso
In occasione dell’uscita della “Picasso Paste” abbiamo intervistato i Picasso Cervéza
Buongiorno Picasso Cervéza e benvenuti tra le pagine virtuali di Tuttorock! Il nome Picasso è un riferimento chiaramente legato all’arte visiva e alla sperimentazione, mentre il termine “Cervéza” (birra in spagnolo) richiama la cultura popolare e il piacere semplice, conviviale. L’abbinamento dei due appellativi sembra suggerire una sorta di collage musicale, con elementi differenti e caotici. C’è un significato particolare dietro a questa combinazione di parole o si tratta semplicemente di un termine ‘macedonia’?
Ottima domanda [ridono]. Esistono diverse versioni di questa storia, ma la verità dice già abbastanza di noi. Abbiamo iniziato a suonare insieme a cavallo tra la fine del liceo e l’inizio dell’università. Io (Giorgio) avevo trovato un bel palco su cui esibirci in occasione di un evento importante in Puglia, e all’ epoca il nostro nome era “Gueedo e i casi umani” – decisamente poco presentabile.
La deadline per comunicare i dati era quella stessa sera, così ho chiamato Guido per cercare ispirazione. Gli ho chiesto di dirmi la prima cosa che gli veniva in mente, e lui mi ha detto che stava studiando Picasso per gli esami di stato.
Io, in quel momento, stavo bevendo una birra, spagnola, la cui etichetta recitava “Cervezas Alhambra”. Anche Picasso era spagnolo, quindi…
Nei primi anni di attività vi siete concentrati su arrangiamenti, produzione e scrittura per altri artisti nel nord barese e dintorni. Quali sono le sfide e le soddisfazioni nel lavorare dietro alle quinte per altri musicisti?
È stato un esercizio fondamentale, perché all’ inizio avevamo gusti ed esperienze musicali che sembravano davvero inconciliabili. Dovevamo trovare una direzione, e ognuno di noi proveniva da generi completamente diversi.
Lavorare con altri artisti ci ha permesso di esplorare nuovi territori e individuare un linguaggio comune che ci facesse sentire a nostro agio.
La più grande soddisfazione è rendersi conto di essere cresciuti dopo ogni progetto: oggi, a distanza di tempo, sentire qualcuno dire “questo pezzo suona proprio Picasso Cervéza” è gratificante. Ed è proprio da questa “impronta” che è nata l’idea della Picasso Paste.
Cosa vi ha spinto, a partire dalla seconda metà del 2022, a trasformare il collettivo in un progetto con una vostra identità musicale?
Il nostro obiettivo principale è sempre stato quello di fare musica: abbiamo sempre scritto tantissimo, ma spesso in modo disordinato. Paura dei Caccia affonda le sue radici nei primissimi anni dei Picasso Cervéza, e molti di quei brani derivano da un lungo flusso creativo che poi è rimasto “congelato”.
La pubblicazione era prevista per il 2020, ma la pandemia ha rallentato tutto.
Quando, a fine 2021, abbiamo visto la possibilità di ripartire (e da metà 2022 con ADA), ci siamo detti che era giunto il momento di strutturare meglio il progetto, con l’obiettivo di valorizzare al meglio le nostre canzoni e la nostra visione.
Da “Faccia a Faccia” in poi, la vostra produzione è diventata più regolare, con singoli pubblicati ogni mese: una strategia che culmina nel primo EP “Paura dei Caccia” (2023) e viene intrapresa anche per il recente “Picasso Paste”. Cosa vi ha spinto ad orientarvi su pubblicazioni più frequenti?
Come accennavamo prima, molti dei brani di Paura dei Caccia – e alcuni di Picasso Paste – erano già stati scritti anni fa. Una volta trovata la loro forma migliore, l’esigenza è diventata semplicemente quella di farli finalmente ascoltare a chi li aveva conosciuti solo live, o non li aveva mai sentiti.
Da qui le uscite più frequenti: volevamo dare continuità ai nostri ascoltatori, e allo stesso tempo valorizzare tutto il materiale che avevamo accumulato negli anni.
In che modo “Picasso Paste” riflette l’essenza del vostro progetto?
In cucina si definisce “Paste” un’emulsione o un’aggregazione semi-liquida, utilizzata nella preparazione dei cibi o consumata direttamente come crema spalmabile, che aggiunge consistenza e sapore riconoscibili a tante ricette anche senza esserne l’ingrediente principale.
Le paste sono spesso molto piccanti o aromatiche, vengono di frequente preparate con largo anticipo rispetto al momento in cui vengono effettivamente utilizzate, e sono spesso convertite in conserve per un uso futuro.
La Picasso Paste funziona nello stesso modo: è la base da cui nascono le nuove idee, la nostra “impronta” sonora che ci identifica e che, allo stesso tempo, rimane aperta a contaminazioni ed evoluzioni future.
Dentro questa paste ci siamo noi – i Picasso Cervéza – e tutti coloro che collaborano con noi: Kuoni nelle produzioni, Alex Grasso nei mix, Freakering negli artwork, Enrico Acciani (anche Al Verde) per l’immaginario e la narrazione. È l’essenza che dà sapore al nostro percorso artistico, la sostanza che sostiene e dà corpo ai brani, un preparato pronto a trasformarsi in nuove creazioni.
Come nasce l’idea di Skunk City? Cosa vi ha ispirato a costruire una città immaginaria come scenario per il vostro EP?
Tutto è nato dalla voglia di dare un vero e proprio sfondo narrativo ai brani inediti a cui stavamo lavorando. Scrivere partendo dal vissuto è stimolante, ma volevamo sperimentare qualcosa di diverso: creare un intero mondo di fantasia e attingere da lì per le nostre canzoni.
Partendo da TACO, cercavamo un protagonista per la nostra storia, come se la canzone stessa fosse la colonna sonora di un racconto ancora da scrivere. L’esperimento è iniziato coinvolgendo Freakering, che ha dato un “volto” a Skunk City (vedi le copertine dei singoli), e subito dopo ho (Giorgio) parlato con Enrico (Acciani), con cui abbiamo iniziato a delineare una vera e propria storia ambientata in questa città immaginaria. Pian piano, la storia è diventata una sceneggiatura e il progetto ha preso forma così bene che abbiamo deciso di “congelare” alcuni brani inizialmente previsti per Picasso Paste, così da concentrare tutte le nostre energie su questo nuovo universo (grafico, musicale e non solo) e presentarlo nel modo che avevamo immaginato.
Come vedete questa città che esiste nella vostra musica? È un luogo fisico, emotivo, oppure un simbolo che rappresenta qualcosa di più profondo?
La nostra Skunk City non ha nulla a che fare con l’omonimo borgo dello stato di New York. Piuttosto, immaginatela come un incrocio tra la Chicago degli anni Settanta, la Gotham City dei fumetti e la provincia del nord barese da cui proveniamo. È il punto d’incontro tra atmosfere noir, fermento culturale e voglia di rivalsa. In altre parole, Skunk City è un universo narrativo in cui personaggi, storie e sonorità possono muoversi in libertà e creare connessioni tra mondo reale e fantasia.
Qual’è il significato dell’ acronimo T.A.C.O?
Ti Amo, Che Odio.
E di Illy Noise? Sembra un omofono della città americana…
Illy Noise richiama le dipendenze di qualunque tipo, è il rumore malsano che tutti ci portiamo in testa quando abbiamo a che fare con una dipendenza. Il gioco di parole è voluto: Illinois è lo stato americano in cui abbiamo deciso di collocare la nostra Skunk City, Illy è un aggettivo colloquiale che sottintende una malattia (da “ill”), ma allo stesso tempo rimanda al caffè – un riferimento ricorrente nei brani dei Picasso. E poi c’è Noise, il “rumore” vero e proprio, quell’eco che riecheggia nella mente.
Toglietemi una curiosità: che sapore ha questa pasta? E’ molto o poco piccante?
La paste è viva! Reagisce alla musica e alle emozioni come un serpente incantato. Freakering ha fatto un lavoro straordinario con l’artwork, trasmettendo mille sfumature di ciò che volevamo comunicare. Quello che possiamo dire è che la Picasso Paste è piccante, ma non ha una piccantezza statica: vive insieme alla nostra musica, aggiungendo ogni volta spezie diverse a seconda del momento che stiamo vivendo.
Vi ringrazio per il vostro tempo e vi auguro in bocca al lupo per la promozione del vostro EP.
Grazie a voi!
SUSANNA ZANDONÀ
Better known as Violent Lullaby or "The Wildcat" a glam rock girl* with a bad attitude. Classe 1992, part-time waifu e giornalista** per passione. Nel tempo libero amo inventarmi strambi personaggi e cosplay, sperimentare in cucina, esplorare il mondo, guardare anime giapponesi drammatici, collezionare vinili a cavallo tra i '70 e gli '80 e dilettarmi a fare le spaccate sul basso elettrico (strumento di cui sono follemente innamorata). *=woman **=ex redattrice per Truemetal