I CORVI – Intervista al batterista e membro fondatore Claudio Benassi

In vista dell’uscita prevista per sabato 23 aprile dell’edizione speciale limitata a 100 copie e numerata a mano di “Diamanti senza volto” (Bluebelldisc Music), vinile 45 giri della storica formazione beat rock italiana I Corvi, ho avuto il piacere di intervistare Claudio Benassi, membro fondatore e batterista originario della band parmigiana nata nel 1965 e coautore del libro “Ragazzi di strada… I Corvi”.

Ciao Claudio, benvenuto su Tuttorock, che emozioni stai provando nel vedere un nuovo disco dei Corvi?

Ciao Marco, le emozioni sono davvero tante ma la cosa che mi rende maggiormente felice è che l’uscita di questo EP mi conferma che la musica dei Corvi è stata ed è tuttora una parte importante della nostra storia e cultura musicale, non necessariamente migliore né peggiore ma semplicemente… “diversa”.

Com’è nata l’idea di questo vinile in edizione limitata a 100 copie?

Il progetto è nato dalla casa discografica Bluebelldisc Music e contiene 5 brani registrati dai Corvi nel ‘68 assieme ad un inedito mai pubblicato che non vediamo l’ora di farvi ascoltare!

Raccontami un po’ la storia della copertina del disco.

Per la copertina del disco ho cercato e spedito alcune delle foto ritraenti il gruppo che ritenevo maggiormente significative, andando a segnalarne una in particolare, quella che a mio modo di vedere sarebbe risultata la più rappresentativa e che potrete vedere, per l’appunto, sul vinile.

Quali erano nel 1965 i sogni di coloro che fondarono i Corvi, ovvero tu e i purtroppo scomparsi Fabrizio “Billo” Levati, di Gimmi Ferrari e di Angelo Ravasini?

Io e Angelo, mio compagno musicale già al tempo, avevamo un sogno: quello di partire per l’estero alla ricerca di nuove esperienze musicali (pensavamo soprattutto all’Inghilterra). Purtroppo, la nostra mancanza di soldi non ci ha permesso di intraprendere questo viaggio, e così decidemmo di fondare un nuovo gruppo qui a Parma di nome “I Corvi” assieme a Gimmi Ferrari e a Fabrizio Levati. Un anno dopo, nel ‘66, partecipammo al torneo Rapallo Davoli, nel quale arrivammo secondi, ed il destino volle che il direttore artistico dell’Ariston fosse presente quel giorno, e che dopo esserci esibiti si fiondò nel nostro spogliatoio esordendo con un “Corvi, vi voglio!”. Ecco, così iniziò la nostra storia.

Quando firmaste per la Bluebell Records di Antonio Casetta, l’etichetta di Fabrizio De André, quali erano le vostre aspettative?

Dopo aver interrotto i rapporti con l’Ariston decidemmo di firmare con la Bluebell Records con l’obiettivo di continuare a crescere sempre più assieme alla supervisione di un’altra casa discografica importante come questa.

“Un ragazzo di strada” è stata rivisitata da tanti artisti, qual è la versione che più ti ha colpito?

Sono state principalmente due: la prima è stata quella di Vasco Rossi, il rocker italiano per eccellenza, mentre la seconda è quella del famoso rapper Marracash; ho sempre pensato che questo brano potesse essere intramontabile e reinterpretato da diverse generazioni ma ammetto che vederlo riproposto in chiave rap, mantenendo intatto tutto il suo spirito originale, mi ha molto colpito positivamente.

Mi puoi dire come andò quando “Un uomo piange solo per amore” venne portata a Sanremo da Little Tony invece che da voi?

Il pezzo che doveva andare a Sanremo era “Bambolina” e non “Un uomo che piange solo per amore”. Il motivo per il quale non ci esibimmo fu il seguente: per la performance Angelo si sarebbe dovuto sottoporre ad un intervento odontoiatrico per essere maggiormente fotogenico davanti alle telecamere, il problema, però, era che Angelo aveva il terrore del dentista, e questo ci portò a discutere animatamente fino a cancellare del tutto la partecipazione al festival. Un vero peccato!

Quali sono i tuoi ascolti musicali oggi? C’è qualche artista o band dei che ti ha particolarmente colpito?

Nonostante rispetti tantissimo gli artisti e la musica di oggi, continuo a rimanere legato soprattutto alla musica degli anni ‘60 che ha rappresentato un decennio di grande innovazione e rinnovamento fino ad arrivare agli anni ‘70 che, con il rock, ne rappresenta il massimo dello splendore.

Vedi differenze negli occhi di chi assiste ad un vostro concerto oggi rispetto a più di 50 anni fa?

Ti sembrerà strano ma… molto poche! Il motivo penso che risieda nella nostra forte identità musicale e di gruppo che ci ha permesso di continuare ad essere amati nel tempo ed anche da diverse generazioni! Quindi nonostante il passare degli anni, quando sono davanti ad un pubblico mi sento sempre accolto allo stesso modo, mi sento a casa come una volta!

A proposito, avete qualche concerto in programma?

Il primo concerto, dopo la pandemia, sarà al teatro Magliani di Corcagnano (PR) il 21 maggio, nel frattempo stiamo continuando a predisporre il nostro calendario estivo.

Grazie mille per il tuo tempo, vuoi aggiungere qualcosa per chiudere l’intervista?

Vorrei terminare questa intervista con la chiusura del mio libro “Ragazzi di strada… I Corvi”:

Ho voluto continuare a suonare con musicisti più giovani di me perché volevo che la storia continuasse, che nessuno si dimenticasse chi erano I Corvi, che qualcuno proseguisse il nostro cammino.

Volevo dimostrare come il mio amore per la musica e per la mia batteria continuasse anche a questa età.

Volevo non essere mai solo a percorrere questa strada, iniziata tanti anni fa con tre grandi amici, questa strada che ancora non ha fine, che voglio percorrere ancora e che ha fatto di me un uomo. Anche se, in fondo, sono sempre lo stesso ragazzo di strada.

MARCO PRITONI

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