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GIUSEPPE CACCIOLA – Intervista al grande percussionista calabrese

GIUSEPPE CACCIOLA – Intervista al grande percussionista calabrese

In occasione dell’uscita di “Eclipse” (Videoradio Channel Edizioni Musicali) del suo progetto “Giuseppe Cacciola mediterranean sundance project” e in vista della prima del Teatro alla Scala di Milano in scena mercoledì 7 dicembre, ho avuto il piacere di intervistare il musicista Giuseppe Cacciola, percussionista stabile del Teatro e della Filarmonica dal 1985.

Ciao Giuseppe, benvenuto su Tuttorock, parliamo subito di questo tuo nuovo progetto, “Giuseppe Cacciola mediterranean sundance project”, con tanto di album, “Eclipse”, da me apprezzatissimo, che riscontri stai avendo?

Ciao Marco, stiamo avendo buonissimi riscontri, voglio ringraziare tantissimo Giuseppe Aleo di Videoradio, una persona fantastica, con il quale collaboro da tempo. Grazie a lui il mio disco sta raggiungendo molte persone e ne sono felice.

Brani dai ritmi e dalle sonorità mediterranee, anche se ti sei trasferito a Milano da tempo, potrei definirli un omaggio alla tua terra d’origine?

Sì, è davvero un omaggio alla mia Calabria, la terra che amo, dove non vivo più da tempo ma alla quale resterò legato per sempre, non bisogna mai dimenticare le proprie radici.

Puoi presentarci gli altri musicisti che hai coinvolto in questo progetto?

Li ho chiamati per amicizia e stima, devo dire un grosso grazie al chitarrista Ciro Ettorre con il quale abbiamo arrangiato i brani che trovi nell’album. Poi c’è il grande Giulio Patara al vibrafono e un mio giovane e bravissimo allievo, Francesco Macrì, alla marimba.

Quando e come ti sei avvicinato al mondo della musica?

Ho sempre ammirato i grandi percussionisti, tra tutti Tullio De Piscopo. Ho iniziato da bambino a battere il tempo con ogni oggetto poi, non mi crederai, ma il mio primo maestro di musica mi disse che non sapevo tenere il ritmo e non avrei mai potuto fare il musicista. Fortunatamente, invece, dopo tanti sacrifici di mio padre che mi diede 6 mesi di tempo per far sì che io mi rendessi indipendente lavorando nella musica eccomi qua. Mi accompagnò a Milano in un viaggio in treno interminabile, il provino alla Scala andò bene e non smetterò mai di ringraziarlo per quello che ha fatto per me.

Cos’hai provato la prima volta che hai suonato al Teatro alla Scala?

Guarda, ti posso tranquillamente dire che le emozioni che ho provato la prima volta che ho suonato in quel tempio della musica sono le stesse che provo oggi dopo più di 30 anni. Vengono davvero i brividi mentre stai suonando e pensi che lì si sono esibiti, giusto per fare qualche nome, musicisti come Giuseppe Verdi, Giacomo Puccini, Arturo Toscanini.

Fai parte di quella schiera di musicisti classici che sperimenta anche al di fuori da quell’ambiente, quant’è importante per un musicista ampliare i propri orizzonti musicali?

Per me è importantissimo non chiudersi all’interno di un genere musicale. La musica è totale, pensa ad esempio ai Beatles, hanno fatto la storia della musica con brani immortali, se poi vai ad approfondire le loro composizioni capisci che si sono ispirati ad un musicista immenso come Johann Sebastian Bach.

Purtroppo spesso ho letto di critiche da parte di musicisti classici verso artisti come ad esempio Ludovico Einaudi, Giovanni Allevi e persino al compianto Ezio Bosso, come mai ci sono ancora questi pregiudizi secondo te?

Dal mio punto di vista la musica deve trasmettere emozioni, e personalmente, quando ascolto un brano di Ludovico Einaudi o di Ezio Bosso, che era un mio grande amico, ne ricevo molte. Se vogliamo fare un discorso prettamente tecnico, ok, c’è differenza con le composizioni dei grandi musicisti del passato, ma la musica non si giudica sempre e solo per la tecnica. Prendendo spunto dalle parole del grande Maestro Riccardo Muti, la musica la senti con le orecchie o tieni il ritmo con i piedi, e nessuno di questi due modi è sbagliato.

A proposito di Riccardo Muti, tra tutti gli artisti e direttori d’orchestra con i quali hai collaborato, ce n’è uno o più di uno in particolare che ti ha colpito sia umanamente che artisticamente?

È impossibile per me sceglierne uno, sono talmente dei grandi direttori e dei grandi musicisti che ognuno di loro ti dona qualcosa sia a livello umano che artistico. Al contrario di ciò che molti pensano, il direttore d’orchestra è una figura importantissima, anzi, è la più importante di tutte.

Svolgendo anche attività didattica, qual è il primo consiglio che dai ai tuoi allievi?

Sono uno che non mette le bacchette in mano ad un bambino e dice: “dai, ora suona”. Prima di tutto devo capire il tipo di persona che ho davanti ed è per questo che, prima della loro attitudine alla musica, cerco di capire il loro carattere. L’aspetto psicologico nella musica è importantissimo, guarda cosa combinano certe multinazionali che fanno passare nel giro di poco tempo dalle stelle alle stalle ragazzi molto giovani rischiando di rovinarli per sempre. Un’altra cosa che vorrei sottolineare è che non si diventa musicisti da un giorno all’altro, non puoi svegliarti musicista, senza il lavoro, senza i sacrifici, non si raggiungono certi risultati.

Al di fuori dei tuoi impegni con la Filarmonica e con il teatro alla Scala quali sono i tuoi prossimi progetti musicali?

Sto scrivendo un metodo per batteria per approfondire i tempi che si discostano dal comune 4/4, poi ho un altro disco in uscita con Videoradio Channel, insomma, mi tengo parecchio impegnato.

Grazie mille per il tuo tempo, vuoi aggiungere qualcosa per chiudere l’intervista?

Grazie a te Marco, è stato un grande piacere, voglio di nuovo ringraziare Beppe Aleo di Videoradio, tutti i miei amici e colleghi musicisti, e voglio lanciare un appello. L’Italia è un paese con una grande storia artistica e culturale, manteniamo viva questa bellezza, solo così eviteremo le guerre, che nascono proprio per la mancanza della cultura.

MARCO PRITONI