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Galapaghost: intervista sul nuovo EP Black Lemonade

Galapaghost: intervista sul nuovo EP Black Lemonade

Casey Chandler mescola introspezione e sperimentazione sonora in un EP dal sapore dolce-amaro.

Ciao Casey e bentornato tra le pagine virtuali di Tuttorock. Dopo averci raccontato il Live in Arezzo ti ritroviamo per parlare del nuovo EP, Black Lemonade, che omaggia Hugh Speier, artista e padre del tuo migliore amico, scomparso prematuramente lo scorso Novembre. Cosa rappresenta per te l’immagine di copertina e in che modo si lega al significato dell’ extended play?

Per me, quest’opera d’arte rappresenta perfettamente ciò che volevo trasmettere con questo EP. L’arte è misteriosa, cupa, ma allo stesso tempo bellissima. Ho usato l’arte di Hugh per molte copertine nel corso degli anni, perché il suo stile si adatta perfettamente alla mia musica.

Nell’ EP c’è anche un brano omonimo. Rispecchia in qualche modo la personalità di Hugh?

Beh, devo ammettere che, come svelo nella canzone, in realtà non conoscevo così bene Hugh. Anche se suo figlio Jasper è il mio migliore amico da una vita, non ho passato molto tempo con lui. Però, attraverso la sua arte, è come se lo conoscessi intimamente. Forse lui sentiva lo stesso verso di me attraverso la mia musica.
È stato Hugh a farmi avvicinare all’arte quando ero adolescente, perché prima di conoscerlo non le davo molta importanza. I suoi dipinti mi hanno aperto un mondo completamente nuovo.
Mi piace il fatto che per me rimanga ancora un mistero e che possa continuare a scoprire strati di lui attraverso i suoi lavori, anche ora che non c’è più. Questa canzone è davvero un tributo a quanto l’arte possa essere potente e preziosa.

In Black Lemonade si scorgono un’opacità emotiva e un’inquietudine palpabile. La melodia tuttavia mi ricorda qualcosa di già conosciuto…

Faccio sempre un po’ fatica a dire a chi penso di assomigliare, perché ogni album o EP che faccio è molto diverso dal precedente.
Però c’è un artista che si chiama Robert Gomez, che secondo me è davvero sottovalutato.
Mi sono innamorato del sound che riesce a creare, soprattutto nel suo album ‘Pine Sticks & Phosphorus’. È un suono così unico che non mi stanco mai di ascoltarlo.
Se gli dai un’occhiata, capirai subito perché lo amo così tanto.

Usi spesso tonalità assorte che definirei “blue”. Che ruolo ha nella tua scrittura questa malinconia dolce, quasi proustiana?

Amo trovare la bellezza nell’oscurità. Sono anche una persona molto emotiva e sento “tanto”. Voglio sentire tutto. La gioia di vivere e anche il dolore, Il bene e il male.
Probabilmente è per questo motivo che ho un pozzo creativo senza fondo.
Mi manca quella mancanza di conoscenza e consapevolezza del mondo che avevo da bambino. Credo che la dolce malinconia venga da lì.

L’EP è caratterizzato da un forte minimalismo che “spoglia” i brani. Strumenti e voce sono essenziali, senza però risultare poco curati. Dietro c’è tutta una sofisticata parte di elettronica a supportarli. Come ottieni queste sonorità eteree che tanto caratterizzano il tuo sound?

Ho capito fin da subito che non volevo far finta che ci fosse una band dietro di me se non c’era. Non volevo nemmeno sembrare un altro cantautore qualunque. Credo che il mio stile sia nato proprio da questo. Mi piaceva trovare quel punto d’equilibrio a metà tra le due cose. Così sono diventato una sorta di one-man band con un sacco di elementi in movimento. Un cantautore soft rock con mille tentacoli. Un soft ROCtopus, se vogliamo [ride]. I suoni eterei sono arrivati in modo molto naturale fin dall’inizio e hanno aiutato a riempire il suono senza farlo sembrare come se stessi aggiungendo un altro membro alla band.

Anche la chitarra però occupa una parte centrale nella tua produzione. Come è avvenuto l’incontro con questo strumento e come mai lo prediligi rispetto ad altri?

La chitarra è sempre stato lo strumento con cui scrivere viene davvero in modo naturale, ma ultimamente mi sto divertendo tanto anche con l’omnichord. Di solito però inizio con la chitarra, specialmente l’acustica, perché mi permette di catturare subito delle idee al volo.
Molte delle canzoni migliori nascono proprio in quei momenti di ispirazione improvvisa, come un lampo.
Fare il cantautore è come cercare pepite d’oro: scavi, scavi e scavi per anni, e poi, ogni tanto, colpisci qualcosa di prezioso e il cielo si apre per premiarti con una canzone meravigliosa. Bisogna solo continuare a scavare.

Come anticipavo hai uno stile molto riconoscibile e coerente. Ci sono degli album che consideri una sorta di “punto di partenza” oppure una fonte di ispirazione, da cui attingere per fare musica?

Grazie mille! Apprezzo davvero tanto le tue parole. Probabilmente gli album che più mi hanno definito, in termini di scrittura, produzione e mixaggio, quando ho iniziato il progetto Galapaghost sono stati “Courage Of Others” dei Midlake, “Queen Of Denmark” di John Grant e “The Creek Drank The Cradle” di Iron & Wine.

Oltre alla “limonata nera” nell’ Ep c’è un’altra traccia dal titolo edibile. Sto parlando chiaramente di “Pickle Juice”. Come si inserisce questo brano nel disco?

In realtà, l’EP era già finito e doveva essere composto solo da 4 tracce, ma qualche settimana dopo ho scritto e registrato Pickle Juice in 24 ore e ho capito subito che sarebbe stato l’opening perfetto per l’EP.
Penso che sia Black Lemonade che Pickle Juice abbiano una sorta di nostalgia cupa.
Lemonade e pickles sono due simboli iconici dell’infanzia americana: limonata fresca e sottaceti croccanti.
Ma Black Lemonade e Pickle Juice? Non ci sono molte le persone che da bambine bevevano quelle cose. Oscurano quel sentimento nostalgico e innocente dell’infanzia, trasformandolo in qualcosa di più sfocato e complesso.

Se questa limonata avesse un sapore, quale sarebbe?
Liquirizia

Dove potremo incontrarti a breve?
Ultimamente sto facendo davvero fatica a organizzare concerti e, purtroppo, quest’anno non sono ancora riuscito a suonare dal vivo. Spero però di riuscire presto a organizzare qualche data!

Grazie per il tuo tempo e in bocca al lupo per la promozione di Black Lemonade
Grazie a voi!!

SUSANNA ZANDONÀ