Now Reading
FRANCESCO SACCO – Intervista al cantautore milanese

FRANCESCO SACCO – Intervista al cantautore milanese

In occasione dell’uscita del singolo “Morte che cammina” (Believe), featuring “Le Corse Più Pazze Del Mondo”, che anticipa l’EP “B – Vita, Morte, Miracoli”, ho avuto il piacere di fare una nuova chiacchierata con il cantautore, compositore e producer milanese Francesco Sacco.

Ciao Francesco, rieccoci qua dopo circa un anno dall’uscita del tuo EP “A – Solitudine, Edonismo, Consumo”, che riscontri hai avuto da quel lavoro?

Ciao Marco! Sicuramente sono felicissimo perché dopo un lungo periodo abbiamo ricominciato con un tour di una trentina di date, cosa che ha fatto godere me e i miei musicisti. Per noi la dimensione live è molto importante e, riuscire ad avere un feedback reale, tornare ad un rituale collettivo legato alla musica, è stato per noi davvero molto importante, è come se questa cosa di riuscire a tornare al live di colpo avesse accelerato quel processo di feedback che puoi ricevere solo dal vivo, quando hai davanti un pubblico che balla o non balla, che fa o non fa delle facce, che batte le mani o no, che ti dice: “a me piace molto questo disco”, oppure “a me piaceva più quello prima”. A livello di ascolti e riscontri generali del lavoro mi sento di dire che l’EP abbia anche superato le mie aspettative, ovviamente mettendo l’asterisco sul modo di fruizione della musica che, come sai, è legato alle piattaforme di streaming, dove ci sono delle realtà con le quali non possiamo competere. Insomma, sono contento e sorpreso dell’accoglienza sia a livello di riscontri di pubblico e stampa che per quanto riguarda l’attività live.

Tempo di un nuovo EP, “B – Vita, Morte, Miracoli”, quando uscirà?

Uscirà il 19 maggio!

Parliamo di questo primo singolo “Morte che cammina”, che vede la partecipazione di Luca Pasquino e Pit Coccato del progetto “Le Corse Più Pazze Del Mondo”, com’è nata questa collaborazione?

Con Luca siamo amici da 15 anni, ho avuto con lui la mia prima band rilevante della quale non ti svelo il nome perché c’è ancora qualche traccia online di cui Luca un po’ si vergogna. Abbiamo fatto insieme le prime esperienze musicali professionali, parallelamente è nata una grande amicizia. Pit mi è stato presentato da Luca 3 anni fa, oltre al progetto “Le Corse Più Pazze Del Mondo” ha a sua volta un progetto cantautorale in inglese molto valido, immediatamente abbiamo deciso di collaborare, anzi, quasi arriva tardi il featuring rispetto a quello che si poteva prevedere perché io e loro due suoniamo insieme da 3 anni. Io mando loro le demo e viceversa e questa è la prima volta che ufficializziamo questa cosa. Quando ci siamo resi conto che la canzone stava venendo fuori, ci siamo detti: “ok, è il momento giusto”.

Un brano che prosegue il percorso elettronico dalle venature techno che hai intrapreso con il primo EP, anche gli altri brani di questo nuovo EP procedono verso la stessa direzione?

Guarda, questo lato B è il lato dei feat, oltre a quello già citato ce n’è uno puramente techno con Cult of Magic che è il progetto parallelo di performance art di cui faccio parte insieme a Luca, Giada Vailati e Samira Cogliandro. Poi c’è un altro brano con il quale mi spingo in un territorio nuovo, l’hip-hop, con il rapper Tito Sherpa. Per me è stato un ascolto folgorante, è un genere che non ascolto, ho pochissima cultura a riguardo e la prima cosa che ho detto a Tito è stata: “perdonami se pesterò molte merde se mi nominerai dei dischi storici ma non so niente dell’hip-hop”. Ho trovato in lui una grande penna molto cantautorale, pur essendo un genere lontano dalle mie corde risuonano molte cose di generi che per me sono di casa, c’è la cultura dell’improvvisazione su una base fissa, cosa che viene dal blues e ci sono moltissimi elementi cantautorali. Il lato B comunque, in generale, porta avanti questa sperimentazione in chiave techno nata con Luca la scorsa estate nel corso di un tour che prevedeva, al termine, anche un dj set. Questa cosa è stata lucidata e si è tradotta con una collaborazione continuativa con il Plastic di Milano, un club che ha portato in Italia molti generi musicali legati al mondo alternativo degli anni ’80. Nicola Guiducci, il fondatore di quel locale, alla fine degli anni ’70 andava a Londra e portava in Italia i dischi dei Bauhaus, importava cose che non si erano mai sentite qua e ha fondato questo club che ha sempre avuto un’attenzione molto notevole verso la ricerca musicale. Molto naturalmente io e Luca abbiamo contaminato le cose, abbiamo portato nel mondo della techno e dei club il lato più strumentale, noi non veniamo da quel mondo e abbiamo delle dinamiche molto da band. Al di là dell’elettronica la techno è un genere molto legato al loop, alla ripetizione, che, pensandoci, è forse una delle più antiche forme di espressione musicale, pensiamo a quando i primi uomini battevano un bastone sulla terra ad esempio. Trovo molto affascinante e drammaturgica la direzione della musica techno, quindi abbiamo buttato dentro tutte le nostre sperimentazioni.

Com’è nata “Morte che cammina”?

Ti passo Luca che è colui che ha scritto quella frase.

Luca Pasquino: Ciao Marco, tutto il ritornello si sviluppa sull’inciso “Tutto questo è morte che cammina” per fare un elenco di cose che dovrebbero far parte di questa morte incombente oppure, al contrario, che non ti fanno avvicinare alla morte, si vanno ad elencare “gli abiti di lusso”, “techno berlinese”, “le discoteche nelle chiese”, cose che, per quanto ci riguarda, possono essere una visione distopica del futuro molto bella. Morte che cammina sarebbe un po’ tutta quella parte di quello che vivi e di cui si può fare a meno, che rimane lì in giacenza e che ti fa vivere delle situazioni di routine, niente di speciale, quello è il senso. Mi sono accorto che il senso però potrebbe essere completamente ribaltato e questo è interessante, questa vita di sfarzo potrebbe essere sia la morte o la salvezza, dipende da come uno se la sente. Poi abbiamo fatto dei ragionamenti sul bene e il male, ci siamo molto affezionati agli scritti e alle immagini di Nietzsche che era molto bravo a rendere molto visuali dei concetti complicati, infatti questo brano è pieno di fotografie e di situazioni che riportano al messaggio semantico. Rispetto ai pezzi di Francesco, che sono di una matrice più critica, con discorsi molto logici, il mio modo di scrivere è più frammentario, slegato, in cui il concetto si intuisce nell’atmosfera e nelle immagini ma non viene mai espresso con una forma discorsiva.

Francesco Sacco: C’è un tentativo da parte di entrambi di mettersi in contatto con la modalità di scrittura dell’altro, Luca lavora moltissimo sulle frasi fatte, sui proverbi, ed è una cosa che adoro, le prende e le riempie di un significato suo a seconda di quello che vuol dire in quel momento. Abbiamo chiuso il ritornello insieme, abbiamo messo la canzone nel cassetto per un po’ ed è risaltata fuori a fine estate in un momento di calma dopo la tempesta, dentro ci sono molte cose che abbiamo vissuto nel tour in cui ci siamo anche imbattuti in una chiesa di Pavia che veniva venduta ad un prezzo bassissimo e che avremmo voluto acquistare, poi abbiamo capito il perché di quel prezzo, in pratica stava cadendo a pezzi (ride – ndr).  Morte che cammina può anche essere associata alla vita che si fa in tour, ti senti un po’ dentro ad una macchina, non sei padrone del tuo tempo, è tutto molto bello ma è tutto molto diverso dalla vita che svolgi normalmente, le strofe sono nate da quell’esperienza, per l’esattezza in un momento molto romantico in Liguria, in stile Goethe.

Luca Pasquino: Ci siamo nascosti io dietro ad uno scoglio e lui dietro ad un altro e abbiamo scritto due strofe separate per poi metterle insieme.

Francesco Sacco: Lavoriamo molto di squadra, questa è stata una cosa fatta nella modalità 50 e 50 e non poteva non finire in un featuring, ci riconosciamo molto nelle cose che abbiamo scritto, amiamo intrecciare le nostre scritture.

Il tuo, infatti, è un genere abbastanza indefinibile, cosa molto affascinante.

Sicuramente ho sempre fatto fatica ad identificarmi in qualcosa anche a livello personale, anche da ragazzino c’era il metallaro, il punk, è stata una cosa che ho sempre vissuto come una forzatura. Mi piace pensare di trovare ogni volta l’alfabeto migliore per esprimere quell’idea che in qualche modo vede la luce, star lì e vedere che forma prende, è una cosa che si crea anche da sola. C’è anche la controparte, io sono molto affezionato a tanti generi che magari funzionano meno commercialmente in questo momento ma quando traduci in modo sbagliato una canzone, quando le dai un vestito sbagliato, te ne rendi immediatamente conto. Mi sento di dire che per come lavoriamo io e Luca, abbiamo abbastanza le mani legate rispetto alla scelta di genere, la sperimentazione è una conseguenza del voler vestire bene una canzone e non fermarsi finché non lo si è fatto. Per quanto mi possa piacere l’indie rock, per quanto io possa riarrangiare un brano in stile The Strokes, se non è il suo vestito adatto non lo è e si procede in un’altra direzione.

Per questo singolo prevedete anche un video?

Un video vero e proprio no, abbiamo però girato delle immagini al Plastic in serata durante un nostro set. Il videoclip ha un linguaggio a sé che mi sento di scomodare solo quando abbiamo un’idea valida. Non avendo collaborazioni fisse con dei videomaker, essendo noi già in tanti e molto legati tra noi, collaboriamo sempre con le stesse persone, il video sarebbe uno sforzo ulteriore. In questo caso penso vada bene una traduzione visuale di quello che è il brano. Poi c’è il fatto che gli smartphone hanno cambiato molto il linguaggio dei videoclip rendendoli sempre più inutili, ci sono storici della musica o persone più competenti di me per dirlo ma sicuramente il videoclip ha perso molta importanza da quando la musica si ascolta soprattutto da un telefono e anche per quello ne facciamo sempre più a meno.

Farai un tour estivo o aspetterai l’autunno?

Faremo sicuramente un tour estivo, in realtà partiremo prima perché questo venerdì 21 aprile, data ufficiale di uscita del singolo, lanceremo il brano al Plastic, poi io e Luca andremo sui palchi in duo, abbiamo snellito la formazione per necessità di economie sui voli. Saremo in Sicilia per 3 o forse 4 date, poi ci sarà un grosso lancio dell’EP alla Triennale di Milano il 31 maggio, quello sarà una sorta di circo Francesco Sacco, coinvolgerò tutte le persone che hanno fatto parte della gestazione dell’album. Sarà una data molto divertente per la quale quale ho grandissime aspettative.

Essendo impegnato anche in campo teatrale, come vedi quell’ambiente dopo la pandemia?

Il primo anno dopo la pandemia è stato un po’ un caos, c’erano tanti contenuti che aspettavano di essere riprogrammati ed è stata un po’ una giungla. Quest’anno il mercato si è un attimo riassettato, mi sento di dire che sta andando bene anche quel discorso. Noi siamo stati sempre molto corsari nell’approccio, nel senso che facciamo anche spettacoli teatrali che vanno nei club, nei musei, negli spazi non convenzionali. Sta funzionando tutto molto meglio rispetto al 2021, senza quell’ansia del “fare fare fare”. Trovo che si sia recuperata l’attenzione al far bene le cose anche in questo campo.

Grazie per il tuo tempo e grazie anche a Luca, se volete aggiungere qualcosa per chiudere l’intervista vi lascio piena libertà di farlo.

Speriamo di vederci in tour, grazie a te Marco!

MARCO PRITONI

Photo Credits: Giovanni Battista Righetti