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EST-EGÒ – Intervista alla band torinese

EST-EGÒ – Intervista alla band torinese

est egò 1

In occasione dell’uscita del singolo “I Film Sui Samurai”, ho intervistato gli Est-Egò, band alternative/psichedelica nata a Torino nel 2015.

Ciao ragazzi, benvenuti sulle pagine di Tuttorock, innanzitutto come state?

Non ci possiamo lamentare, grazie!

Parliamo di questo singolo, “I Film Sui Samurai”, uscito lo scorso 2 di ottobre, quando e da cosa è stato ispirato il brano?

È un messaggio di solidarietà per tutte quelle povere fidanzate che non amano Star Wars, Indiana Jones e i film di Sergio Leone, e come se non bastasse devono sorbirsi dei vecchi film di Kurosawa col doppiaggio bruttissimo. Ci dispiace tanto!

Scherzi a parte. Il brano è stato ispirato da una calda estate di un paio di anni fa: la voglia di scappare dalla calca della movida, dal traffico, dallo smog, dalle zanzare, dalla propaganda leghista. “Restiamo a guardare un film” negando il mondo esterno e rifugiandoci nella comfort zone di una relazione logora e stagnante. Dov’è che si sta meglio allora?

La cosa assurda è che due anni dopo il testo poteva essere riletto completamente in chiave “Covid”. Per quello abbiamo deciso di lanciare IFSS come primo singolo dopo tanto tempo.

Parlatemi un po’ della copertina, so che è stata realizzata da Davide Bart Salvemini, un nome molto noto dell’illustrazione in Italia, come siete arrivati a lui?

Aveva realizzato un videoclip per un progetto musicale che conosciamo. Ricordavamo di averlo visto molto tempo fa e che ci aveva colpito. Abbiamo contattato Davide, la canzone gli è piaciuta e pochi giorni dopo si è messo al lavoro sullo storyboard e poi sul videoclip. Ci ha letto nel pensiero.

La copertina non è altro che una conseguenza del video. Abbiamo chiesto a Davide di concepirla come se fosse la classica locandina di un film di fantascienza anni ’80: il cattivo dietro, i vari personaggi davanti e alcune delle ambientazioni caratteristiche della storia.

Pubblicherete altri singoli o è in previsione un nuovo EP?

Probabilmente pubblicheremo altri singoli cercando di restituire ogni volta un immaginario ben preciso. IFSS ha una sua autonomia. Vorremo che la stessa cosa avvenisse anche coi prossimi brani.

Nel videoclip di “Dortmund”, brano contenuto nel vostro primo EP del 2016, i colori sembrano seguire perfettamente le vostre note, posso definire la vostra musica come “musica visiva” o la definireste diversamente?

Non ci avevamo mai pensato. Effettivamente ci piace come definizione. Ogni canzone porta con sé qualcosa di simile a un film, a volte astratto e immaginifico, a volte con una trama. Secondo questa logica tutta la musica è visiva, ma forse certa musica è più visiva di altre. Forse certi intrecci di suono e armonia hanno la capacità di stimolare più profondamente l’immaginazione. O forse son solo immagini diverse. Quello che vediamo ascoltando i Pink Floyd è sicuramente diverso da quello che vediamo ascoltando i Pantera. Ci piacerebbe che tutti ascoltassero i nostri brani ad occhi chiusi e ci dicessero cosa vedono. Sarebbe un bel regalo se le persone ci descrivessero la loro esperienza. Davvero. Anzi, se volete scriverci per raccontarcela sarebbe bello.

A proposito di quell’EP, siete soddisfatti di com’è stato accolto da pubblico e critica?

Certa musica è come un vecchio film in bianco e nero. Bisogna avere la pazienza di entrarci per poi rendersi conto che in fondo ci piace e non è noioso.

Abbiamo l’impressione che il rapporto con la nostra musica sia un po’ questo. L’Ep è stato apprezzato da chi si poteva riconoscere in quella vibrazione. È difficile, è lontana. Ce ne rendiamo conto. Bisogna avere la curiosità di scoprirla. Alcuni l’hanno avuta. Siam felici di questo.

Come vi siete conosciuti e perché vi chiamate Est-Egò?

Qualsiasi altro nome in italiano per una band che decide di cantare in italiano ci sembrava stupidissimo. Alla fine abbiamo optato per un puro gioco sonoro che potesse significare tutto e niente, in grado di rimandare a un paesaggio esotico, come a una Parigi anni ’20.

Prima la nostra era una band garage. Ci spaccavamo i timpani. Poi un giorno la bassista andò via ed arrivò Nicolò, portando un equilibrio diverso. Eravamo vicini di casa da vent’anni ma ci conoscemmo solo pochi giorni prima delle prove. Facemmo ancora un concerto coi vecchi pezzi, prima di renderci conto che quel mondo non ci apparteneva. Rinunciammo alle distorsioni per abbracciare i riverberi. Iniziammo a scrivere in italiano.

Mi fate qualche nome degli artisti del passato e del presente che più ammirate?

Sul passato meglio di no, abbiamo troppi scheletri nell’armadio. Se restringiamo il campo all’attuale panorama italiano apprezziamo in particolar modo i Verdena, Giovanni Truppi, Iosonouncane, Laszlo De Simone. Ci sembra tutta musica che non è mai scesa a condizioni, e per questo è molto potente. È vera.

Qual è il vostro concerto che ricordate più volentieri e quale invece quello che vorreste dimenticare in fretta?

Questa è una bella domanda. È bello ripensarci. Vogliamo ricordarli tutti. Anche quelli nelle situazioni più assurde. Alla fine li riviviamo sempre col sorriso. A volte è capitato di suonare in contesti così fuori luogo da scoppiare in attacchi di ridarola così prepotenti da non riuscire ad iniziare a cantare.

A Modena il gestore di un locale voleva quasi picchiarci. Era un armadio. Quella volta non ha riso nessuno. Gli avevamo chiesto di bagnarci la voce con un po’ di riverbero e lui in tutta risposta disse “Adesso chiamo Sasha Grey”. Una dichiarazione di guerra per un gruppo che fa psichedelia. Con le voci asciutte facciamo schifo. Fu un continuo di frecciate e battibecchi durante tutto il concerto. Ma alla fine facemmo la pace e andò tutto bene.

Un bellissimo concerto è stato quello sul molo di Marina di Camerota, in piena notte. O quello di Latina con Le Cose Importanti. Avevamo bevuto un po’ e finimmo per sabotare il dj set della nottata riattaccando gli strumenti. La gente salì sul palco a fare casino con noi. Ci spaccarono un po’ di cose ma fu veramente bello. Al Sottoscala accadono sempre cose magiche.

A proposito di concerti, il periodo per la musica live è molto buio, avete in programma qualche esibizione o meglio attendere tempi migliori?

Non sapendo con certezza quando arriveranno tempi migliori cerchiamo di fare quello che possiamo valutando giorno dopo giorno le possibilità che ci si presentano. Quella del live è la dimensione più appagante, quando fila tutto liscio. È la vera ricarica e il vero compenso per tutto il lavoro svolto. Per il momento non c’è niente di programmato perché è difficile fare programmi. Ma in qualche modo faremo.

Grazie mille per il tempo che mi avete dedicato, volete dire qualcosa di più e salutare i lettori di questa intervista?

Grazie a te per aver rievocato bei ricordi. Speriamo abbiano fatto sorridere un po’ anche voi. Un abbraccio a tutti.

MARCO PRITONI

Band:

Chitarra e voce: Davide Mitrione
Basso e voce: Nicolò Capece
Chitarra: Fabrizio Dell’Aiera
Tastiere: Luca De Maria
Batteria: Alessio Sanfilippo

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