DI’AUL – Intervista alla doom/sludge band italiana


In occasione dell’uscita del nuovo album “EvAAvE” (Minotauro Records), ho avuto il piacere di intervistare i Di’Aul, band fondata nel 2010, dalle influenze musicali sfaccettate e da una predilezione per sonorità lente e pesanti, con particolare attenzione alle atmosfere e ai testi.
I Di’Aul hanno calcato numerosi palchi in Italia e in Europa, condividendo la scena con band come Crowbar, Messa, Goblin, Jex Toth, The Ossuary, Geoff Tate, Nibiru, Ahab e molte altre, confermandosi come una presenza imponente nella scena doom/sludge.
Ciao e bentornati su Tuttorock, “EvAAvE” è il vostro nuovo album, da me apprezzatissimo, quando sono nati i brani che lo compongono?
Ciao, è sempre un piacere! I brani sono nati poco dopo aver terminato la registrazione del precedente lavoro “Abracamacabra” del 2022: avevamo un sacco di materiale su cui lavorare, per lo più idee improvvisate che però avevano una direzione comune. Visto che siamo dei fanatici degli arrangiamenti, dei suoni e delle frequenze, ci siamo presi un po’ di tempo per lavorarci ed alla fine abbiamo scritto circa 12 brani di cui due sono andati a comporre EP II, uscito il 7 Giugno 2024, otto EvAAvE e i restanti due, momentaneamente “scartati”, formeranno un ultimo EP di cui però non possiamo ancora svelare nulla.
Le basse frequenze della vostra musica vanno di pari passo con le tematiche che rimandano alla parte oscura dell’esistenza umana, a dimostrazione che date molta importanza anche ai testi, oltre alla parte musicale, quanto lavoro di ricerca c’è dietro ogni brano?
Grazie per questa domanda perché tocca tutti gli argomenti a noi cari. Come accennavamo prima, diamo molta importanza alle frequenze per cercare di ottenere il sound migliore possibile per noi e ci soffermiamo tantissimo, in modo quasi maniacale, sugli arrangiamenti, quindi c’è parecchio lavoro dietro. Tutto parte dal fatto che improvvisiamo moltissimo in sala prove. Insieme seguiamo questo iter: improvvisazione, cernita delle idee migliori, costruzione dei brani, lavorazione del sound e poi lasciamo a Momo il compito di mettere la ciliegina sulla torta con testi che hanno una grande ricerca nella poesia oltre che nella vita vissuta. Di certo suonare e “vivere” insieme in questi anni ci ha portato a crescere in maniera uniforme sia umanamente sia musicalmente, e ciò si riflette nel feeling comune che abbiamo nello scrivere. Abbiamo imparato insieme ad usare la musica e le parole come strumenti capaci di fotografare una nostra condizione in un dato periodo di tempo/vita. EvAAve è figlio anche di questo: abbiamo preso maggiore coscienza di noi e della nostra fragilità e questi brani li abbiamo scritti quasi per scongiurarla.
Una registrazione in presa diretta, con strumentazione totalmente analogica, dà ancora più valore a questo vostro lavoro, è il vostro modo di omaggiare la musica del passato?
Certo, siamo assolutamente dei cultori della musica anni ’70 e siamo fermamente convinti che la presa diretta e quel tipo di strumentazione siano la strada migliore per far uscire al meglio la nostra musica e il nostro sound. Inoltre siamo incredibilmente appassionati di strumentazione vintage: quando possiamo provarne qualcuna o addirittura acquistarla, siamo come dei bambini la mattina di Natale. La scelta dell’analogico, almeno per quanto riguarda EvAAvE, è però un’arma a doppio taglio: la resa sonora non è sempre apprezzata dall’ascoltatore ma noi riteniamo che un’opera musicale, soprattutto in questi tempi, abbia bisogno anche di questo aspetto per essere valorizzata. E poi, un’umana imprecisione è più bella di una sintetica perfezione.
Come mai avete scelto il Vacuum Studio di Bologna?
Sicuramente uno dei motivi è quello sopracitato: al Vacuum Studio di Bruno Germano è possibile trovare tanta bella strumentazione vintage da suonare, dagli amplificatori alle casse, dai pedali ai microfoni. Noi per esempio abbiamo usato una cassa 4×15 Green Amp per il Basso, per la voce abbiamo utilizzato un Sennheiser MD441U, per il resto ci siamo affidati ai nostri “tesori”… Poi in regia abbiamo avuto la fortuna di avere Enrico Baraldi di cui abbiamo ascoltato un bel po’ di lavori e ci sono piaciuti molto. Enrico è uno che ci sa fare parecchio con la ripresa in diretta, in più lo studio è molto bello, per cui la formula era perfetta. Possiamo dire che siamo molto soddisfatti del risultato: è stato un bel lavoro di squadra con il plus del mastering eseguito da Esben Willems, batterista dei Monolord con cui avevamo già collaborato in occasione del EP II.
La copertina da chi è stata realizzata?
La copertina di EvAAvE è un’opera di alchimia.di.carta, al secolo Annachiara Innocenzio, una cara amica che spesso si esprime tramite la tecnica del collage. Ci sono piaciuti molto i suoi lavori e poi è stata capace di carpire al volo lo spirito del disco. Ha infatti creato un collage con la figura di una delle Madonne di Munch, artista nelle cui opere si sono sempre mischiati il sacro e il profano. La copertina di EvAAvE vuole quindi rappresentare quella idea di dualità della figura femminile che c’è anche nei testi dell’album e nelle poetesse che hanno ispirato i testi del disco, in primis Sylvia Plath e Amelia Rosselli.
Quando e come nascono i DI’AUL?
L’idea della band nasce nel 2010 grazie a Daniele “Lele” (chitarrista) che insieme a Carlo (bassista) e all’allora batterista Diego Bertoni, decidono di provare a scrivere qualcosa di originale. Momo entrerà qualche mese dopo, nei primi mesi del 2011. Come dicevamo il percorso musicale ed umano sono progrediti di pari passo: abbiamo cercato un nostro canale comune di espressione e lo abbiamo trovato in primis nelle band proto-doom come Black Sabbath, Sir Lord Baltimore, Atomic Rooster e via dicendo..Poi nel 2018 è entrato a far parte della band Andrea “Rex” (batteria), amico da tempo, con cui già condividevamo la passione per sonorità ancora più sludge, in particolare di matrice americana, come EyeHateGod, Down, Crowbar, Melvins..ecc….E con questa formazione abbiamo collaudato la nostra macchina perfetta per creare ciò che veramente ci definisce.
Dei concerti che avete fatto, ce n’è uno che vi è particolarmente rimasto impresso?
Abbiamo avuto la fortuna e l’onore di suonare su qualche palco importante di spalla a bands ed artisti storici, ma crediamo che quello che rimarrà sempre nel cuore è stata l’apertura ai Crowbar: siamo dei fan sfegatati della scena di New Orleans ( Down, COC, Crowbar, Eyehategod ) e poter conoscere e condividere il palco con un nostro idolo come Kirk Windstein è stato indimenticabile!
A proposito, avete già pianificato un tour?
Proprio un tour no, siamo troppo anziani per sopportarne uno ahahah. A parte gli scherzi, siamo volente o nolente pura espressione del DIY ed ogni cosa, compresi i live, li organizziamo da soli tramite i contatti che ci siamo fatti in questi anni. Ovvio, lavorando tutti, dobbiamo programmare date in modo tale da contemperare gli interessi e gli impegni di tutti. Per ora abbiamo già qualche live molto bello in programma ed altri altrettanto interessanti in cantiere, qualcuno anche fuori dall’Italia.
Grazie mille per il vostro tempo, vi lascio piena libertà per chiudere questa intervista come preferite.
Grazie a Te, sì proprio a te che hai letto sino alla fine questa intervista. Sappiamo che sei un appassionato come noi e che ancora credi nell’emozione che può darti un disco anche se proveniente da una band emergente, underground o comunque poco conosciuta. La verità è che solo ascoltando e leggendo di musica potremo ancora avere la speranza di salvarla. Ci si vede sotto al palco!
MARCO PRITONI
Band:
MoMo – Voce
Lele – Chitarra
Rex – Batteria
Jeremy – Basso
https://diaul.bandcamp.com
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www.instagram.com/diaul111
https://www.youtube.com/channel/UC4nyu1yYsebSDtRmsMFINoQ

Sono nato ad Imola nel 1979, la musica ha iniziato a far parte della mia vita da subito, grazie ai miei genitori che ascoltavano veramente di tutto. Appassionato anche di sport (da spettatore, non da praticante), suono il piano, il basso e la chitarra, scrivo report e recensioni e faccio interviste ad artisti italiani ed internazionali per Tuttorock per cui ho iniziato a collaborare grazie ad un incontro fortuito con Maurizio Donini durante un concerto.